Dossier

‘Teatro e Scuola’, belle intenzioni ma tante contraddizioni delle politiche culturali

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Apprezzabile l’impegno della Sottosegretaria leghista Borgonzoni a favore del cinema e dell’audiovisivo nelle scuole, ma che fine ha fatto la promozione del teatro (e della musica e della danza)? Che fine ha fatto il 3 % del Fondo Unico per lo Spettacolo destinato al teatro nelle scuole?

Per ora, preferiamo stendere un velo di penoso e pietoso silenzio sugli annunci roboanti di repressione normativa annunciati dalla stessa Presidente del Consiglio Giorgia Meloni per ridurre lo scandalo del libero accesso alla pornografia sul web da parte di bambini e adolescenti: tanto tuonò che (non) piovve! Si rimanda al commento di Luigi Garofalo su “Key4biz” dell’8 settembre 2023, “Parental control, il governo fa “copia e incolla” della norma esistente. Meloni: “Su blocco siti porno per minori e verifica età online intervenga Parlamento”, ed al nostro precedente intervento del 5 settembre 2023, “Pornografia sul web: la tardiva scoperta del Governo e l’esigenza di un intervento radicale”. Insomma, una bolla di sapone, un nulla di fatto: la Premier ha concluso sostenendo che “la materia è complessa” (veramente?!?), e rimandato la querelle al Parlamento… Bye bye baby!

Qui vogliamo porre all’attenzione del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e dei suoi 3 Sottosegretari (Lucia Borgonzoni, Gianmarco Mazzi, Vittorio Sgarbi), alcune questioni critiche, alle quali pare nessuno voglia prestare attenzione: esiste una norma di legge ignorata, trascurata, rimossa, che prevede che un 3 % del Fondo Unico per lo Spettacolo (il famigerato “Fus” istituito con la cosiddetta “legge madre” sullo spettacolo, la n. 163 del 1985, fortemente voluta dal compianto ministro socialista Lelio Lagorio), divenuto dal 2023 “Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal Vivo” (alias “Fnsv”) venga destinato alla promozione del teatro nelle scuole.

Si tratta di una norma “parallela” ed omologa a quella prevista nella “Legge Cinema e Audiovisivo” del 2016, che destina giustappunto un 3 % del Fondo Cinema e Audiovisivo (scorporato dal 2017 dal Fus) alla promozione del cinema e dell’audiovisivo nelle scuole: su questo versante, l’impegno dell’ex Ministro “dem” Dario Franceschini e della Sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni hanno prodotto apprezzabili risultati concreti.

Sul fronte del “teatro”, invece, tutto si è impantanato

La ricostruzione “storica” dell’intera vicenda è complessa ed impegnativa, e finanche faticosa, dovendosi esplorare i meandri di processi normativi non proprio lineari, tra norme, deleghe al Governo, decreti legislativi e decreti ministeriali… In alcune fasi di redazione di questo dossier IsICult per Key4biz, ci è sembrato di muoverci in una sorta di “gioco dell’oca”.

Si legge nello stenografico dell’assemblea della Camera dei Deputati del 13 luglio 2022 un intervento di Rosa Maria Di Giorgi (già Vice Presidente del Senato), allora esponente del Partito Democratico (non è stata ricandidata alle elezioni politiche del settembre 2022 ed ha poi aderito ad Italia Viva): “c’è un ultimo aspetto che voglio raccontare qui all’Assemblea, perché non viene mai citato. È la percentuale del 3 per cento del Fus messa a disposizione delle scuole. È un tema importantissimo che già funziona per il cinema. Nella scorsa legislatura facemmo la legge sul cinema e in questi giorni, in questi mesi, si stanno distribuendo quelle risorse, che prevedevano, anche in quel caso, il 3 per cento di risorse destinate al cinema per le scuole, tramite una convenzione tra Ministero della Cultura e il Ministero dell’Istruzione. Per il cinema ci sono 42 milioni – abbiamo fatto un’interrogazione recentemente e il Ministro lo sa bene – messi a disposizione della scuola. La stessa cosa, naturalmente in percentuale, verrà fatta con il 3 per cento delle risorse sullo spettacolo”.

In effetti, questo “aspetto non viene mai citato”, e quell’auspicio (“la stessa cosa, naturalmente, in percentuale, verrà fatta con il 3 per cento delle risorse dello spettacolo”) è rimasto tale.

C’era una delega al Governo Draghi – divenuta legge dello Stato nell’agosto 2022 – che l’Esecutivo guidato da Meloni, entrato in carica nell’ottobre 2022, ha ereditato.

E che non ha esercitato, per quanto riguarda i decreti legislativi, entro i 9 mesi previsti (dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale)… D’altronde, dopo le elezioni del 25 settembre 2022, lo scenario politico italiano è radicalmente cambiato, ed a distanza di poche settimane si è insediato il Governo guidato da Fratelli d’Italia, con Giorgia Meloni a Palazzo Chigi il 22 ottobre 2022… Ma – come vedremo nel tortuoso percorso nel quale ci avventuriamo, il termine temporale per l’esercizio della delega è stato prorogato all’agosto 2024. E quindi, volendo, il Governo attuale può intervenire e rendere finalmente operativo il 3 % del Fus destinato al teatro nelle scuole.

La promozione del “teatro nelle scuole” scomparsa dai radar

A distanza di quasi un anno da allora (delega al Governo), il “teatro nelle scuole” è scomparso dai radar: perché?!

La domanda che sorge naturale è: perché lo Stato italiano – nel caso in ispecie ci riferiamo anzitutto al Ministro “pro tempore” Dario Franceschini – ha dedicato tanta attenzione al “cinema nelle scuole”, ed il teatro è stato invece accantonato, anzi rimosso?!

Con le previsioni contenute nella legge 13 luglio 2015, n. 107, la cosiddetta “Buona Scuola” tanto cara a Matteo Renzi, per la prima volta nel panorama della legislazione scolastica italiana il legislatore ha introdotto una norma di rango primario afferente le attività didattiche connesse al teatro.

In particolare, il comma 180 ribadiva il ruolo del Ministero dell’Istruzione nel fornire alle scuole indicazioni per introdurre il “Teatro a Scuola”.

Il successivo comma 181 introduceva “la promozione, la diffusione, la valorizzazione della produzione teatrale attraverso l’accesso, nelle varie espressioni amatoriali e professionali, alla formazione artistica, consistente nell’acquisizione di conoscenze e nel contestuale esercizio di pratiche connesse alle forme teatrali”.

Ciò deve (dovrebbe) avvenire “mediante il potenziamento della formazione nel settore delle arti nel curricolo delle scuole di ogni ordine e grado, compresa la prima infanzia, nonché la realizzazione di un sistema formativo della professionalità degli educatori e dei docenti in possesso di specifiche abilitazioni”.

Il 13 aprile 2017 vedeva la luce il Decreto Legislativo n. 60, intitolato “Norme sulla promozione della cultura umanistica, sulla valorizzazione del patrimonio e delle produzioni culturali e sul sostegno della creatività, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera g), della legge 13 luglio 2015, n. 107” (sono i succitati commi 180 e 181 dell’art. 1 della “Buona Scuola”, appunto).

Un anno prima erano state illustrate le “indicazioni strategiche per l’utilizzo didattico delle attività teatrali a scuola” nell’anno scolastico 2016-2017, presentate a Roma il 16 marzo 2016, in relazione alla Legge 13 luglio 2015 ovvero la succitata cosiddetta “Buona Scuola” (ci si riferisce al documento Miur, “Indicazioni strategiche per l’utilizzo didattico delle attività teatrali. A.s. 2016-2017” e specificamente alla “Parte prima. Paragrafo 4: Valore pedagogico e didattico del teatro”).

Secondo alcuni osservatori, quelle “Linee strategiche” per l’anno scolastico 2016/2017 sono ancora valide…

Quel che è certo è che, dal 2016 ad oggi… nessuno ha rimesso mano alle “indicazioni strategiche per l’utilizzo didattico delle attività teatrali”

E nessuno ha dato operatività alla previsione (nota bene una previsione di legge, introdotta nel 2017 e confermata nel 2022, con due leggi delega al Governo…) di un budget del 3 % del Fondo Unico per lo Spettacolo per la promozione del teatro nelle scuole.

Questa vicenda è sintomatica del modo – confuso – con il quale si governa la “res publica” culturale: erraticamente…

Al di là delle risorse – incredibilmente non assegnate – uno degli ostacoli a rendere concreta la previsione di legge è il riconoscimento delle specificità professionali: basti pensare che i dirigenti scolastici – nel quadro dei “Piani Operativi Nazionali” (“Pon”) – sono costretti a selezionare le figure esperte prioritariamente fra i docenti interni, anche se il Miur ha siglato nel 2018 un “Protocollo di intesa” con la Fita (Federazione Italiana Teatro Amatoriale). “In questo quadro fragile e confuso, dove manca il riconoscimento della professionalità specifica, quando le scuole accolgono progetti e professionisti esterni, le modalità di collaborazione e i compensi risultano estremamente vari. Sarebbe necessario individuare e adottare linee di condotta unitarie”, si leggeva nel documento conclusivo delle “Buone Pratiche” 2019, promosso dalla sempre vigile associazione Ateatro

Il “teatro ragazzi” dovrebbe essere peraltro un terreno privilegiato di concertazione fra Stato e Regioni, anche per la definizione dei livelli essenziali di prestazione.

La “Buona Scuola”, la legge renziana del 2015: un’occasione storica per rilanciare l’educazione teatrale nelle scuole

Quanto introdotto dalla Legge “Buona Scuola” del 2016 e le “Linee Guida” per l’anno scolastico 2016-2017 sono state interpretate come un’occasione storica per ri-pensare all’educazione teatrale in Italia e al suo rapporto con la scuola di ogni ordine e grado. La prima grande novità era rappresentata appunto dalle indicazioni strategiche nelle quali il legislatore ha posto l’accento sul rapporto tra l’attività didattica e quella teatrale.

Sembrava essere giunto a compimento un processo sviluppatosi nell’arco di anni.

Le origini dell’iniziativa possono essere rintracciate nel “Protocollo d’Intesa Teatro e Cinema per la Scuola”, siglato dal Miur e dal Mibact il 4 febbraio 2016, rispettivamente dagli allora ministri Stefania Giannini e Dario Franceschini, finalizzato alla valorizzazione e promozione del linguaggio teatrale e cinematografico nei contesti educativi.

La concreta applicazione c’è stata però soltanto con la cosiddetta “Legge Franceschini” del 2016: in attuazione dell’articolo 27 della Legge Cinema e Audiovisivo del 14 novembre 2016, n. 220 (la cosiddetta Legge Franceschini” appunto): attraverso la definizione delPiano Nazionale Cinema e Immagini per la Scuola” sono stati destinati, ogni anno, almeno 12 milioni di euro, pari al 3 per cento della dotazione del “Fondo per il cinema e l’audiovisivo (allora definito in 400 milioni di euro, e giunto fino a quasi 800 milioni di euro nel 2023), alle scuole di ogni ordine e grado ed agli operatori del settore per il potenziamento delle competenze nel cinema, nelle tecniche e nei media di produzione e di diffusione delle immagini e dei suoni, nonché per l’alfabetizzazione all’arte, alle tecniche e ai media di produzione e diffusione delle immagini.

Piede sull’acceleratore della Sottosegretaria Borgonzoni su cinema e audiovisivo nelle scuole, ed invece continua frenata (ovvero distrazione e rimozione) per il teatro

Ed il teatro, invece?!

È stato abbandonato a sé stesso: dimenticato, anzi rimosso.

In occasione della serata di premiazione del David di Donatello, il 13 maggio 2021, Pierfrancesco Favino ha rivolto un appello al Governo: “Vorrei chiedere una cosa, se fosse possibile: che si insegnasse il cinema e il teatro nelle scuole italiane. Vorrei chiedere ai ministri, quelli che siano, che ai nostri ragazzi si insegnasse a tenere in mano una cinepresa, che in questo momento in cui c’è bisogno di stare insieme si insegnassero le tecniche teatrali, perché dal cinema e dal teatro si impara tanta vita. E per favore, non il pomeriggio ma durante le lezioni”.

Il 18 maggio 2021, la Sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni – che ha poi acquisito specifica delega in materia di rapporto tra cinema/audiovisivo e scuola, assegnatale dal Ministro Dario Franceschini (vedi “Key4biz” del 14 giugno 2021, “Mic, deleghe più circoscritte alla Sottosegretaria Borgonzoni”) – rispondendo in Commissione Cultura della Camera ad un’interrogazione giustappunto sul “Piano Nazionale Cinema e Immagini per la Scuola”, ha sostenuto: “ho letto le dichiarazioni di Favino su audiovisivo e cinema insegnati come materia all’interno delle scuole. Lo condivido in pieno. Se volete presentare un disegno di legge, lo appoggio totalmente”. Borgonzoni ricordava in quell’occasione che “con i decreti ministeriali di riparto del Fondo per lo Sviluppo degli Investimenti del Cinema e dell’Audiovisivo per il 2020-2021 sono destinati circa 34 milioni di euro al Piano Nazionale Cinema e Immagini per la Scuola. Si prevede la pubblicazione dei bandi entro luglio 2021”. La previsione era quindi “entro luglio 2021”, ma gli avvisi sono stati alla fin fine pubblicati soltanto il 14 marzo 2022. Si rimanda al nostro intervento su “Key4biz” del 2 agosto 2021, bando “Cinema e Immagini per la Scuola”, Borgonzoni annuncia un budget di 30 milioni di euro” e successivamente del 4 marzo 2022, “‘Cinema e immagini per la scuola’ (Cips): dal 14 marzo i bandi, budget di ben 54 milioni

L’impegno della Sottosegretaria è stato concreto e le va dato atto di essersi impegnata assai attivamente, come abbiamo sempre segnalato anche su queste colonne: da ultimo, con l’annuncio, il 31 agosto 2023, in quel del Festival di Venezia, dei nuovi bandi “Cips” ovvero “Cinema e Immagini per la Scuola” per l’anno scolastico 2023-2024: la notizia è stata data in anteprima da “Key4biz” il 29 agosto 2023, “Nuovi bandi “Cips”: 22 milioni di euro per l’edizione 2023 dei progetti per stimolare cinema e audiovisivo nelle scuole”.

Ma Borgonzoni si è appassionata di cinema nelle scuole… Non di teatro.

E peraltro, nel Governo Meloni, il Ministro per la Cultura Gennaro Sangiuliano le ha affidato la delega per cinema e audiovisivo e industrie culturali e creative, mentre per lo spettacolo la delega è stata assegnata a Gianmarco Mazzi (“in quota” Fratelli d’Italia).

Il 3 % del Fus al teatro nelle scuole, previsto dalla legge delega del novembre 2017 e confermato dalla delega al Governo del luglio 2022

Si ricordi che la legge 22 novembre 2017, n. 175, intitolata “Disposizioni in materia di spettacolo e deleghe al Governo per il riordino della materia”, prevedeva che le azioni riguardanti i settori del teatro (e della musica e della danza) fossero realizzate grazie a “risorse aggiuntive” pari ad almeno il 3 % della dotazione del Fondo Unico per lo Spettacolo (Fus). E si leggeva nel “Piano Triennale delle Arti”, che le azioni specifiche riguardanti i settori del teatro, della musica e della danza finalizzate all’avvicinamento dei giovani alle attività di spettacolo e alla realizzazione di percorsi educativi, previste nei decreti legislativi attuativi dei principi di delega di cui all’art. 2, commi 1 e 4, della succitata legge 22 novembre 2017, n. 175, fossero siano realizzate giustappunto con le risorse aggiuntive pari ad almeno il 3 % della dotazione del Fondo Unico per lo Spettacolo.

Verso il termine della scorsa legislatura (la XVIII), è stata approvata definitivamente ed è entrata in vigore la legge 15 luglio 2022, n. 106, recante “Delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo”. Questa legge n. 106/2022, composta di 12 articoli, contiene disposizioni volte sia a ridefinire la “governance” complessiva del settore, sia a disciplinare i profili di più stretta attinenza lavoristica, previdenziale e assistenziale. La nuova legge interviene specificamente sull’art. 1 della legge 22 novembre 2017, n. 175, ovvero la precedente delega al Governo (“Disposizioni in materia di spettacolo e deleghe al Governo per il riordino della materia”).

ll provvedimento  prevedeva tra l’altro che il  Governo  emanasse entro 9 mesi dalla sua pubblicazione (avvenuta sulla Gazzetta Ufficiale del 3 agosto 2023), quindi teoricamente entro il maggio  2023, i decreti legislativi necessari  alla creazione di un “Nuovo Codice dello Spettacolo, per il coordinamento e il riordino delle disposizioni vigenti  in materia di attività, organizzazione e gestione delle fondazioni lirico-sinfoniche e degli enti lirici, del teatro, della musica, della danza, degli spettacoli viaggianti, delle attività circensi, dei carnevali storici e delle rievocazioni storiche

Il Governo Meloni non ha esercitato la delega e non ha emanato i decreti legislativi che avrebbe potuto emanare… ma il Decreto “Milleproroghe” ha aumentato il lasso temporale: da 9 mesi a 24, e quindi l’Esecutivo ha tempo per operare fino all’agosto del 2024 (approfondiamo la questione infra).

Il Sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi ha promosso una “call pubblica” per la redazione del nuovo “Codice dello Spettacolo”: si penserà anche al teatro nelle scuole?

E va segnalato che qualche settimana fa, il Sottosegretario di Stato Gianmarco Mazzi, ha promosso una “call pubblica”, indirizzata alle associazioni rappresentative di interessi nel settore e alle organizzazioni sindacali “al fine di acquisire proposte per definire ed accelerare il percorso di redazione del “Codice dello Spettacolo”. Veniva richiesto di sintetizzare in massimo 2 pagine le proposte, da trasmettere al Mic (la Direzione Generale Spettacolo è guidata da Antonio Parente) entro l’11 settembre 2023. Sono trascorsi dieci giorni da allora, e sarebbe auspicabile che il Ministero rendesse pubbliche tutte le proposte…

Sarà interessante verificare se qualcuno ha posto la questione rimossa del “teatro nelle scuole”…

Per un’analisi approfondita di quanto sollecitato dal Sottosegretario Gianmarco Mazzi, si rimanda al documento pubblicato l’11 settembre scorso sul sito di “Ateatro” (che si autodefinisce “webzine di cultura teatrale”), ovvero “Le proposte di Ateatro per il Codice dello Spettacolo” ovvero “Di cosa discuterà il teatro italiano nei prossimi mesi”. Si legge: “il Governo ha dunque ribadito l’intenzione di scrivere e approvare dopo decenni di tentativi abortiti una norma primaria dedicata allo spettacolo dal vivo, invocata da oltre settant’anni e mai approvata dal Parlamento. Per tutto questo periodo, il settore è stato finanziato (senza però esagerare, sia chiaro) con il denaro pubblico, ma senza una norma che determinasse i confini del settore, le competenze dei vari livelli dell’amministrazione, gli obiettivi e i criteri di assegnazione del finanziamento. Decine di progetti di legge si sono impantanati, uno dopo l’altro, a causa del sostanziale disinteresse della politica per un settore fragile e diviso, e dunque considerato marginale e rissoso, ma anche per la diffidenza di fondo del settore (o dello stallo dovuto agli interessi di lobby contrapposte) e per una certa consuetudine con il sottogoverno e i suoi meccanismi”.

Va segnalato che in passato le migliori intenzioni di Governi e Parlamenti hanno sempre imboccato il binario morto della fine della legislatura: decine di proposte sono rimaste tali, senza mai diventare legge.

Gli appassionati della materia possono perdere ore a disquisire con passione dei meriti di una proposta avanzata qualche decennio fa, in un contesto irrimediabilmente diverso, e ormai dimenticata da tutti…

Continua Ateatro: “quella che si presenta in questi giorni è dunque un’occasione storica per dare un assetto a un settore che ha proceduto finora per stratificazioni e aggiustamenti, governato prima con una serie di decreti a scadenza annuale e dal 2015 sulla base di progetti triennali, dopo la discussa riforma del Fus (istituito nel 1985)”.

Che il 3 % del Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal Vivo venga finalmente assegnato al teatro nelle scuole

Si ha ragione di ritenere che il 3 % del Fus debba finalmente essere assegnato al teatro, con modalità simili a quelle previste dai bandi “Cips – Cinema e Immagini per la Scuola”, attraverso avvisi in co-gestione tra Ministero della Cultura e Ministero dell’Istruzione e del Merito.

E va segnalato che questa dotazione (che corrisponderebbe a circa 12 milioni di euro l’anno), peraltro, è appena sufficiente per avviare una seria politica di promozione del teatro nelle scuole.

In effetti, si legge nella memoria che la stessa associazione Ateatro ha depositato in occasione dell’audizione del 27 ottobre 2020, di fronte alle Commissioni VII e VIII della Camera (nell’economia della “Indagine conoscitiva in materia di lavoro e previdenza nel settore dello spettacolo”): “vale però la pena ricordare alcuni dati: il 3 % del Fus vale circa 10 milioni di euro. Nelle scuole pubbliche italiane ci sono 8 milioni di studenti, ovvero in media circa 1,25 euro pro capite. Ci sono 8.520 scuole, e questo corrisponderebbe a 1.173 euro a scuola (ma le scuole sono distribuite su 41.400 sedi, e a ciascuna sede toccherebbero in media 241 euro). Ci sono 700.071 docenti, e dunque sarebbero 16 euro pro capite. Le scuole dell’infanzia incidono per il 32,5 %, la primaria per il 36,9 %, la secondaria (le medie) per il 17,5 % e le superiori per il 13 %. E ci sono 800.000 studenti con cittadinanza non italiana (si parla di cultura e di spettacolo come valido strumento di integrazione). Dove e come utilizzare queste risorse, spendendole o investendole? Se si vuole investire, i temi sono due: selezione della collocazione delle risorse (tramite progetti, bandi, progetti condivisi o strumenti ex Fus tipo ‘Migrarti’ e selezione dei prestatori (parliamo di imprese o persone? È necessario creare degli albi?). Gli esperti vanno qualificati e bisogna trovare un sano approccio alle scuole…” (intervento di Mario Ferrari, esponente di Pandemonium Teatro di Bergamo).

“Protocolli d’intesa”: parole parole parole… che vanno quasi sempre a finire su binari morti

Da ricordare anche che, in occasione della riapertura delle scuole nell’anno scolastico 2021-2022, è stato stipulato un “protocollo di intesa” tra alcune associazioni attive nell’ambito del teatro, con particolare attenzione alla scuola: in primis, Agita (senza dubbio la più attiva associazione per la promozione del teatro nella scuola e nel sociale, guidata da Loredana Perissinotto), e poi Ancrit, Agis, Anct, Antac-Assitej Italia, Astra, C.Re.S.Co., tutti soggetti che hanno la scuola tra le principali missioni del loro operare. “Siamo convinti – si legge nella nota diramata il 13 settembre 2021 – della funzione fondamentale dei linguaggi artistici nel processo di crescita individuale e collettiva delle persone. Per questo abbiamo siglato un protocollo di intesa, prima azione mirata ad un confronto tra arte, teatro e scuola che mai come ora ci sembra così urgente”.

Non risulta che, a distanza di due anni, l’iniziativa abbia sortito effetti…

Peraltro, chi redige queste noterelle potrebbe ricordare che è andato a finire, su un (altro) binario morto, un “protocollo” simile, stipulato ormai dieci anni fa (per l’esattezza il 3 dicembre 2012, protocollo formalizzato con il Decreto Ministeriale Miur n. 11/F del 27 febbraio 2013), per il triennio 2012-2015, addirittura controfirmato da due ministeri, Cultura e Istruzione ovvero gli allora Mibac e Miur (oggi Mic e Mim), e firmato da Agiscuola, Agita, Fita, Uilt, IsICult, “Per la realizzazione di iniziative volte alla promozione e valorizzazione del linguaggio teatrale nelle scuola e per la realizzazione della Giornata Mondiale del Teatro”. Nonostante l’impegno dell’allora Sottosegretario Marco Rossi Doria (uno dei pochi sensibili al tema “teatro nella scuola”, impegnato nel Governo Monti, dal novembre 2011 all’aprile 2013, e nel successivo esecutivo a guida Letta, dal maggio 2013 al febbraio 2014) e della sua consigliere Francesca Delle Vergini, il protocollo è rimasto scritto sulla sabbia, ovvero è finito in soffitta, perché di quella iniziativa è rimasto, a distanza di un decennio, soltanto la non granché utile “Giornata Mondiale del Teatro”.

IsICult (Istituto italiano per l’Industria Culturale), nei mesi successivi alla stipula del protocollo, si lamentò della limitata operatività del Comitato di Coordinamento (denominato Gruppo di Lavoro “TeatroèScuola”) con i dirigenti del Miur e del Mibac co-firmatari del “protocollo d’intesa” (allora Giuseppe Pierro e Salvatore Nastasi) e propose più volte di avviare – per dare concretezza all’iniziativa – una indagine conoscitiva su quali scuole in Italia avessero già sperimentato esperienze teatrali, a fronte dell’assenza di un database e di una mappatura da parte dei due dicasteri coinvolti (deficit di conoscenza che è rimasto immutato a distanza di un decennio). Non se ne fece nulla, ed anche quel “protocollo” è rimasto, di fatto, lettera morta… Un tentativo di rinnovo del protocollo, nel 2015, si è impantato… Si veda, in argomento, anche il nostro intervento del 4 febbraio 2016 su “Key4biz”: “ilprincipenudo. Buona scuola. Cinema e teatro a scuola, intesa Mibact-Miur. Bella idea ma confusa”…

Sono trascorsi dieci anni, rispetto a quel “protocollo” del 2012, e la situazione è rimasta immutata: “no data” (ancora una volta), e previsione del 3 % del Fus per il teatro nelle scuole dimenticata dai più…

Va ricordato che l’articolo 12 del Decreto ministeriale del 16 giugno 2016 ha previsto l’allocazione di 2 milioni di euro per la “promozione del teatro in classe”: si segnala che parteciparono a quell’avviso circa 2mila scuole di tutta Italia (1 su 4 dell’insieme delle scuole italiche!), a riprova che esiste una precisa “domanda” anche da parte dello stesso sistema scolastico…

Si segnala che un “Fondo per la promozione della cultura umanistica, del patrimonio artistico, della pratica artistica e musicale e della creatività” con una dotazione annua di 2 (due) milioni di euro per gli esercizi a partire dal 2020 fino al 2022 (soltanto una parte destinata al teatro) è stato previsto nell’economia del “Piano Triennale delle Arti” di cui al decreto interministeriale Mic-Mim del 12 maggio 2021. Al teatro, briciole veramente…

Leggi vigenti. Ancora inattuate. Governo erratico delle politiche culturali

È forse opportuno rinfrescare la memoria a chi ci governa: questo recita l’articolo 2, comma i) della Legge 22 novembre 2017, n. 175:

i) introduzione di norme, nonché revisione di  quelle  vigenti in materia, volte all’avvicinamento dei  giovani  alle  attività di spettacolo e finalizzate a creare un efficace percorso di  educazione delle nuove generazioni, con riserva di un importo complessivo  pari ad almeno il 3 per cento della  dotazione  del  Fondo  Unico  per  lo Spettacolo per la promozione di programmi di educazione  nei  settori dello spettacolo nelle scuole di ogni ordine e grado in coerenza  con l’articolo 1, comma 7, lettere c) e f), della legge 13  luglio  2015, n. 107, e con l’articolo 5 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 60;”

La norma esiste, ma il Governo avrebbe dovuto allora esercitare la delega entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge, e quindi entro il novembre 2018… Quindi non è stata attuata.

La norma è stata infruttuosamente fatta scadere: perché?!

Il 15 luglio 2022 è divenuta Legge dello Stato la ulteriore ovvero rinnovata delega: la “Delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo” ovvero la Legge n. 106/22, pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 3 agosto 2022: questa norma modifica alcune delle previsioni della precedente delega (la Legge 175 del 2017), ma lascia intonso il succitato paragrafo (il comma “i” dell’articolo 2).

Dopo l’approvazione in prima lettura al Senato il 18 maggio 2022, la legge è stata approvata anche alla Camera, il 13 luglio 2023, a larghissima la maggioranza: 348 voti a favore, nessun contrario e 38 astenuti, ovvero i deputati di Fratelli d’Italia che hanno votato a favore di tutti gli articoli ma si sono dichiarati contrari ad una legge delega…

Ha commentato Annalisa Guadani sulla rivista “Aedon” (fascicolo 1, gennaio-aprile 2022) edita da Il Mulino, durante l’iter, che la norma “recepisce i principi, i criteri direttivi, il procedimento e “le condizioni per l’adozione dei decreti legislativi e delle eventuali disposizioni correttive e integrative” contenuti nella precedente legge n. 175/2017, caduta nell’oblio per scadenza della delega in essa contenuta”.

Il 13 luglio 2022, appena approvata la norma ovvero la nuova delega al Governo, il deputato del Partito Democratico (già M5s) Paolo Lattanzio (non rieletto nella attuale legislatura) commentava, in una dichiarazione all’agenzia stampa specializzata AgCult: “fra i tanti aspetti che sono compresi in questa legge che finalmente abbiamo approvato, merita particolare attenzione lo stanziamento del 3 per cento dei fondi Fus per attività formative legate alle scuole. Questo è importante sia nell’ottica dell’inclusione scolastica sia per la formazione del pubblico, che è l’altro grande aspetto che ci darà la possibilità di avere anche in futuro un pubblico adeguatamente sensibile. Rimettere insieme cultura e istruzione credo sia uno dei tratti salienti di questa legge”.

La delega prevedeva l’emanazione di decreti legislativi di attuazione entro 9 mesi – come abbiamo già segnalato – e quindi entro il maggio del 2023…

Quindi, la legge c’era. Ed è rimasta inattuata…

È importante segnalare però – come abbiamo già anticipato – che, col cosiddetto “Milleproroghe”, è stata decisa una proroga del termine di attuazione delle deleghe in materia di spettacolo (di cui all’art. 2 della Legge 15 luglio 2022 n. 106): in particolare, grazie a un emendamento presentato dal Governo il termine di adozione dei decreti delegati che sarebbe scaduto a maggio scorso è stato prorogato di 15 mesi. con termine di adozione quindi fissato ad agosto 2024.

Più esattamente, il termine slitta dal 18 maggio 2023 al 18 agosto 2024… Più esattamente, la Legge n. 24 febbraio 2023 n. 14 (“Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge  29 dicembre 2022, n. 198, recante disposizioni  urgenti  in  materia  di termini legislativi. Proroga di termini per l’esercizio di deleghe legislative”) ha sostituito il termine originario di 9 mesi (di cui all’art. 2 della Legge 15 luglio 2022, n. 106) in 24 mesi… La proroga quindi è di 15 mesi.

Il “gioco dell’oca” continua…

Serve ricordare che in alcuni Paesi europei più evoluti del nostro, come la Francia, da oltre 20 anni, e sin dalle scuole elementari, è impartita l’educazione all’immagine, al cinema, all’audiovisivo, così come al teatro come materia scolastica?!

Si ricordi che il decreto ministeriale a firma Gennaro Sangiuliano in data 14 aprile 2023 ha ripartito tra i vari settori dello spettacolo il fondo per lo spettacolo: 420 milioni di euro per l’anno 2023.

Fondo che ha cambiato denominazione (attraverso un comma della Legge di Bilancio 2023), ed ora non si chiama più “Fondo Unico per lo Spettacolo” cioè “Fus” bensì “Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal Vivo” ovvero “Fnsv” (anche perché effettivamente esiste un altro fondo, giustappunto qual è quello “Cinema e Audiovisivo”, e quindi non può essere più denominato come “unico”). Sono stati ripartiti 420,3 milioni di euro, di cui un 47 % alle fondazioni lirico-musicali, il 22 % al teatro, il 19 % alla musica, il 4 % alla danza, eccetera.

Il 3 % sul totale di 420,3 milioni di euro sarebbero 12,6 milioni di euro

Il teatro nelle scuole attende. Le scuole attendono…

Conclusivamente… Il Ministro, se vuole, ha la strumentazione per intervenire. Volendo, le risorse (13 milioni di euro l’anno, per iniziare? ma si ricordi che la legge recita “almeno il 3 % del Fus”, e quindi…) potrebbe anche trasferirle dal Fondo per il Cinema e l’Audiovisivo, che veleggia ormai su 800 milioni di euro l’anno (il doppio rispetto al Fnsv!), correggendo un po’ la rotta del decantato (dai beneficiari) ma controverso (oggettivamente) “tax credit”…

Memento: nel 2023, le risorse del Fondo per lo Sviluppo degli Investimenti nel Cinema e Audiovisivo ammontano a 746 milioni di euro (come stabilito dal Decreto Ministeriale n. 112 del 14 marzo 2023), di cui ben 541 vanno al “tax credit” (il 73 %!)… E forse una riflessione (profonda) di politica culturale andrebbe sviluppata, anche rispetto al rapporto budgetario dell’intervento della mano dello Stato in Italia, tra “cinema e audiovisivo” e “spettacolo dal vivo”: il primo assorbe ormai quasi 800 milioni di euro l’anno di sostegno pubblico, il secondo soltanto 400 milioni di euro…

[ Nota: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]

(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.