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Su Spotify sta spopolando una psych-rock band totalmente fatta con l’AI

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Alcuni studi recenti ipotizzano che, entro il 2028, i creatori potrebbero subire perdite fino al 24% delle entrate a causa della crescente presenza di artisti artificiali.

La psych-rock band The Velvet Sundown, apparentemente generata interamente tramite AI, ha registrato oltre 500mila ascoltatori mensili su Spotify in sole due settimane di esistenza.

La band ha pubblicato due album completi in 15 giorni: Floating on Echoes e Dust and Silence. Un terzo disco, Paper Sun Rebellion, è previsto per metà luglio.

I membri indicati — Gabe Farrow, Lennie West, Milo Rains, Orion “Rio” Del Mar — non risultano presenti in alcun archivio o registrazione di attività musicale reale. Le immagini promozionali sono state generate in maniera molto evidente con software di intelligenza artificiale. Le piattaforme di streaming (Spotify, Apple Music, Deezer) riportano in alcuni casi l’avviso che i brani potrebbero essere stati creati con AI.

La rapidità di pubblicazione, l’assenza di riscontri esterni e i contenuti visuali artificiali indicano che si tratta di una produzione interamente artificiale.

Implicazioni per l’industria musicale

La facilità con cui contenuti generati artificialmente possono penetrare le principali piattaforme e raggiungere il pubblico mette in discussione la trasparenza, l’autenticità artistica e i diritti economici dei musicisti umani. Oggi chiunque abbia accesso a strumenti di generazione audio e visiva può creare un progetto musicale completo — dalle canzoni alle copertine — e distribuirlo a livello globale in poche ore, senza dover passare per etichette, studi di registrazione o circuiti di promozione tradizionali.

Questa dinamica rende sempre più difficile per l’ascoltatore medio distinguere tra un’opera creata da un autore reale e un prodotto algoritmico. Le piattaforme di streaming, nella maggior parte dei casi, non offrono informazioni chiare sull’origine delle tracce, alimentando un clima di incertezza.

Entro il 2028 i musicisti potrebbero subire perdite fino al 24% delle proprie entrate a causa della concorrenza AI

Alcuni studi recenti ipotizzano che, entro il 2028, i musicisti potrebbero subire perdite fino al 24% delle proprie entrate a causa della concorrenza di cataloghi musicali generati automaticamente. Non si tratta solo di una questione economica: la diffusione di progetti come The Velvet Sundown mette in crisi l’idea stessa di riconoscimento e tutela del lavoro creativo. Senza regole precise sulla tracciabilità e sull’etichettatura delle produzioni AI, la musica rischia di trasformarsi in un flusso indistinto di contenuti anonimi, in cui la componente umana diventa residuale o invisibile.

La vicenda di The Velvet Sundown potrebbe rappresentare solo l’inizio di una trasformazione profonda dell’industria musicale. Il caso dimostra che la tecnologia è già in grado di generare artisti credibili dal punto di vista sonoro e visivo, raggiungere un pubblico di centinaia di migliaia di ascoltatori e monetizzare in tempi rapidissimi. Se queste pratiche si diffonderanno senza un quadro normativo chiaro, le conseguenze per gli autori, i produttori e gli operatori del settore potrebbero essere molto più radicali di quanto si immagina oggi.

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