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Spesa Ict nella Pa, 2 milioni l’anno ‘al vento’ per i servizi premium su mobile

smartphone e stress

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Sarà capitato anche a voi di attivare, inavvertitamente, giochi, suonerie e contenuti per solo adulti. Questi servizi ‘premium’ sono presenti anche sui tanti telefonini utilizzati dai dipendenti della pubblica amministrazione per i quali lo Stato paga, ogni anno, circa 2 milioni di euro. Lo spreco è stato scoperto dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul livello di digitalizzazione della PA e della spesa ICT, che nella relazione finale dei lavori durati un anno, scrive:

“Un esempio lampante di spreco dovuto al mancato controllo della spesa è emerso dai dati della telefonia mobile in convenzione Consip. Da una rapida analisi risultano, ogni anno, circa 2 milioni di costi in servizi ‘a valore aggiunto’, in gran parte ingiustificabili perché relativi a servizi interattivi di intrattenimento o per adulti. Per quanto riguarda il fenomeno sia legato ai meccanismi di attivazione di questi servizi che spesso sfuggono al controllo dell’utente, il mancato controllo delle fatture ha permesso uno spreco che altrimenti sarebbe stato bloccato sin dalla prima fattura emessa”.

Dunque la Commissione, presieduta da Paolo Coppola (PD), nella sua relazione finale, redatta da Enza Bruno Bossio (PD), punta l’indice su Consip, la società per azioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ha il compito di svolgere l’attività di assistenza e supporto negli acquisti delle amministrazioni pubbliche. In un anno di lavoro, più di 60 audizioni e circa un terabyte di documentazione raccolta, la Commissione parlamentare d’inchiesta sul livello di digitalizzazione della PA e della spesa ICT si è resa conto che “è apparsa evidente l’impossibilità di una ricognizione esatta della spesa dal momento che tutt’ora gran parte della spesa Ict non passa attraverso la centrale di acquisto Consip (solo il 24%) e anche a causa del fatto che la classificazione è difficile soprattutto quando la spesa Ict è parte di progetti di innovazione che prevedono acquisti di beni e servizi diversi”.

Durante tutto il corso dell’indagine la Commissione parlamentare ha tentato un approccio nell’analisi dei dati della spesa con un duplice obiettivo: informativo, rispetto alla distribuzione della spesa e del tipo di appalti Ict, e dimostrativo, per evidenziare le opportunità che gli open data, opportunatamente resi accessibili, potrebbero fornire. Purtroppo l’analisi dei dati della Banca Dati dei Contratti Pubblici non ha permesso di ottenere risultati soddisfacenti dal punto di vista informativo. Infatti nella relazione sull’attività svolta, è scritto: “La Commissione ha tentato anche un approccio di analisi che partisse dai dati della Banca Dati Contratti Pubblici, ma una serie di difficoltà tecniche, prima fra tutte l’inadeguata qualità dei dati presenti, ha impedito di ottenere risultati soddisfacenti e le analisi vanno intese soprattutto come dimostrazione delle potenzialità del patrimonio informativo a disposizione della PA, se solo si decidesse di sfruttarlo con le moderne tecniche di analisi e visualizzazione dei dati in ottica di contrasto alla corruzione e di controllo della spesa pubblica”.

Nelle 163 pagine della relazione finale della Commissione si legge che: “Per ammissione dei tecnici ANAC, migliaia di record sono stati scartati perché contenenti dati palesemente errati, come date di aggiudicazione antecedenti a quelle di pubblicazione del bando o cifre di aggiudicazione differenti di svariati ordini di grandezza, sia in eccesso sia in difetto, rispetto alla base d’asta. Allo stato attuale non è possibile avere un grado di fiducia sufficiente sul contenuto della BDCP e questo mostra un approccio alla trasparenza puramente burocratico. I dati vengono trasmessi e raccolti come puro adempimento senza porre particolare attenzione alla loro esattezza, vanificando completamente l’obiettivo della BDCP”.

Dunque la Commissione parlamentare ha bocciato la Banca Dati Contratti Pubblici perché piena di “innumerevoli errori” e “l’intero processo di acquisizione dei dati è estremamente inefficiente e inefficace”.

Quindi è chiaro il messaggio lanciato sia al legislatore sia ad ANAC dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul livello di digitalizzazione della PA e della spesa Ict: occorre rivedere con urgenza il processo di acquisizione e gestione dei dati sia per evitare di continuare a sprecare denaro pubblico sia per potenziare la lotta alla corruzione.

Per approfondire:

 

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