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SPC2: Internet nella PA? A tre velocità

di Antonio Prado |

Aggiudicata da CONSIP la gara per le telecomunicazioni delle amministrazioni pubbliche a Tiscali, BT Italia e Vodafone; respinti i ricorsi di Fastweb e TIM. Prezzi assai competitivi ma non tutti possono beneficiarne.

Come si collega a Internet la PA? Negli anni si è passati dalla giungla dell’arrangiarsi, all’arrembaggio verso il miglior offerente, a una progressiva regolamentazione fino all’odierno ingessamento: o CONSIP (la centrale di acquisti dello Stato) o niente.

Lo spiega bene la norma: le amministrazioni pubbliche sono obbligate a ricorrere alle convenzioni stipulate da CONSIP con gli operatori di telecomunicazioni dopo una gara basata su requisiti tecnici e offerte economiche.

La prima edizione della gara per i servizi nell’ambito del Sistema Pubblico di Connettività (SPC) risale al 2005 ed era stata aggiudicata a Fastweb, BT Italia, Wind Telecomunicazioni e Telecom Italia. Una lunga vita quella di SPC1 che rimarrà valida, per i contraenti, fino a maggio 2017.

Il meccanismo in parole povere è questo: viene identificato un vincitore anche in base al prezzo e poi viene data la possibilità agli altri concorrenti non vincitori di rientrare nella spartizione del mercato PA con l’impegno di applicare l’offerta economica dell’aggiudicatario.

Stessa procedura per la seconda edizione della gara, aggiudicata il 28 aprile 2015 per sette anni e per un valore complessivo di 2,4 miliardi di euro. Oggetti del bando sono: la fornitura di servizi di trasporto dati in protocollo IP, servizi di sicurezza di rete e servizi di comunicazione VoIP.

Vincitore Tiscali. Poi BT Italia e Vodafone Italia hanno deciso di adeguarsi nell’applicazione del listino dell’aggiudicatario. In questo modo i tre operatori economici si sono spartiti il mercato della connettività nella pubblica amministrazione centrale (PAC) nella misura del 60% il primo e del 20% gli altri due.

Respinti i ricorsi di Fastweb e TIM.

Amministrazioni assegnate a Tiscali

Agenzia Spaziale Italiana

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli

Agenzia ICE

Agenzia Nazionale per il Turismo ‐ ENIT

Agenzia Nazionale Sicurezza Ferrovie ‐ ANSF

Agenzia per le erogazioni in Agricoltura ‐ AGEA

Arma Carabinieri

Avvocatura Generale dello Stato

Ente Nazionale Aviazione Civile ‐ENAC

INPS

Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia‐INGV

Istituto Superiore di Sanità ‐ ISS

Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ‐ISPRA

Ministero Economia e Finanze‐MEF ed Agenzie fiscali

Scuola Nazionale dell’Amministrazione ‐ SNA

Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori ‐ISFOL

Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione ‐INRAN

Amministrazioni assegnate a BT Italia

Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo

Consiglio Nazionale delle Ricerche ‐CNR

Corte dei Conti

Ministero Affari Esteri‐MAE

Ministero della Difesa

Ministero della Giustizia

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare

Ministero delle Politiche Agricole e Forestali ‐MIPAF

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca‐MIUR

Ministero dello Sviluppo Economico‐MISE

Presidenza del Consiglio dei Ministri

Presidenza del Consiglio dei Ministri ‐ Dipartimento Protezione Civile

Amministrazioni assegnate a Vodafone Italia

ACI

Agenzia Italiana del Farmaco ‐ AIFA

Consiglio di Stato

Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria

Guardia di Finanza

INAIL

Istituto Nazionale di Statistica‐ISTAT

Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato

Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo‐MIBACT

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Ministero della Salute

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti‐MIT

Ministero dell’Interno

Quanto invece alla pubblica amministrazione locale (PAL), tutti contro tutti. O per meglio dire: Regioni e Comuni, in prevalenza, hanno possibilità di scegliere indifferentemente fra uno dei tre fornitori.

Per loro, i fornitori intendo, ricavi garantiti, garantiti dalla legge. Ma alla PA conviene veramente?

Diamo un’occhiata ai numeri. Una connessione semplice semplice in fibra ottica da 100 megabit al secondo, senza orpelli né frizzi e lazzi, poteva costare in SPC1 circa 1.100 euro al mese.

Secondo il listino SPC2 invece il costo precipita a 99,79 euro al mese; ripeto che si tratta di accesso base in fibra ottica.

A guardare bene le carte, si legge che la connettività da 10 Mbps fino a 100 Mbps deve essere erogata almeno all’interno dei comuni capoluogo di regione, inclusi i comuni sede di provincia autonoma di Trento e Bolzano, e in tutti i punti del territorio in cui TIM renda disponibile la tecnologia FTTH (Fiber to the home cioè fibra a casa dell’utenza).

Accessi più capaci di 100 megabit al secondo devono essere erogati almeno a Roma e Milano.

A quali costi? Così bassi da far venire l’appetito a chiunque: 1 Gigabit a 206,08 euro al mese, 10 Gbps a 856,73 euro. Come rifiutare l’offerta.

Un momento, qualcuno ha già tentato di attivare uno di questi accessi? Finita da poco l’estate e rientrati tutti dalle ferie si comincia a mettere mano alle novità e infatti qualcuno ha contattato i vincitori della gara ed ecco cosa è successo: il mercato ha avuto la meglio su ogni riflessione e sul buon senso.

Sembra che quanti devono erogare la connettività SPC2 non abbiano una presenza capillare in fibra ottica sul territorio italiano, tale da poter offrire l’opportunità alle piccole PA di allinearsi ai desiderata dell’agenda digitale europea quanto al requisito di banda ultralarga (tra i 30 e 100 Mbps).

Fatto sta che se ad esempio un comune non capoluogo di regione avesse necessità di una connettività di 100 o 200 Megabit per i servizi online ai cittadini o per usare i servizi in Cloud o per archiviare ogni notte le banche dati in data center distanti, sarebbe costretto a chiedere agli operatori selezionati da CONSIP.

I quali operatori non avrebbero nessun obbligo (tranne alcuni territori coperti da FTTH) di accontentare questo cliente così speciale al costo imposto dal listino SPC2. Figuriamoci se un ISP investe per portare fibra ottica a una PA che poi gli realizza un fatturato di un migliaio di euro l’anno.

Certo è che se invece quel comune o comunello che sia richiedesse una connettività con fronzoli (classi di servizio, intranet, sicurezza perimetrale, servizio di supporto avanzato, back-up delle connessioni via satellite), aggiungesse poi al carrello della spesa una manciata di circuiti asimmetrici per scuole e scuolette, connettività wireless qua e là, forse a quel punto, a fronte di un fatturato più corposo, l’operatore potrebbe essere tentato anche dalla fornitura della banda ultralarga. Ma non è obbligatorio perché il mercato viene prima della digitalizzazione della PA.

Quindi se da un lato il listino SPC2 attrae mosche e mosconi in quantità, dall’altro si comincia a osservare che tra i mosconi pochissimi mangiano, i più grandi per lo più, e tra le mosche proprio nessuna.

Ecco dunque che si delinea chiaramente il panorama di una PA che naviga a tre velocità: 1Gbps Roma e Milano, 100Mbps in 19 capoluoghi di regione più Trento e Bolzano, 10Mbps per le amministrazioni che si trovano negli altri 8mila comuni d’Italia (tranne i fortunati già coperti dal servizio fiber to the home).

Con buona pace dell’agenda digitale italiana, europea, dell’anti digital-divide e della banda ultralarga. Insomma, l’occasione di SPC2 poteva essere terribilmente vantaggiosa per il sistema dell’amministrazione pubblica e invece, stretta in una morsa tra la norma che impone il ricorso a CONSIP e le regolette del bando a tre velocità, quella PA virtuosa e dinamica che avesse avuto la balzana idea di svegliarsi dal torpore e correre verso la digitalizzazione, rovinerebbe a terra appena dopo il primo passo bloccata da fastidiosi gambaletti di gesso.