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Smartphone: ecco come falsificare l’impronta digitale in 15 minuti

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Due ricercatori americani lanciano l’allarme: presto sarà possibile falsificare anche altri tratti biometrici come il riconoscimento facciale, vocale e dell’iride.

L’arrivo del ‘touch ID’ ossia dell’uso delle impronte digitali per sbloccare il cellulare, sembrava avesse risolto tutti i problemi di sicurezza degli smartphone. Il sistema, sulla carta, è il più sicuro e il più difficilmente piratabile e secondo alcune proiezioni sarà disponibile sul 50% degli smartphone venduti da qui al 2019, tanto più che con l’arrivo di sistemi di pagamento come Apple Pay, Samsung Pay e Android Pay, il riconoscimento delle impronte digitali è utilizzato non più solo per sbloccare il dispositivo ma anche per effettuare pagamenti ‘sicuri’ e altre transazioni.

Sulla carta, appunto. Perché è proprio grazie a una speciale carta fotografica e a una stampante che il sistema di sicurezza può essere facilmente aggirato, e anche velocemente, visto che bastano 15 minuti.

Lo hanno dimostrato Kai Cao e Anil K. Jain, due ricercatori della Michigan State University utilizzando due smartphone Android di fascia alta – un Samsung Galaxy S6 e un Huawei Hornor 7 – una semplice stampante e un inchiostro ‘conduttivo’, quello cioè che viene usato per creare circuiti stampati.

I due ricercatori hanno quindi scannerizzato le impronte digitali del proprietario dello smartphone e le hanno stampate su carta fotografica per poi passarle sui lettori degli smartphone. E il trucchetto sembra funzionare, anche se ci sono voluti diversi tentativi per imbrogliare l’Hornor 7. Difficile, quindi, ma per niente impossibile.

In questo video è riassunto il loro esperimento:

Obiettivo dei due ricercatori è attirare l’attenzione su come, con un po’ d’ingegno, sia possibile aggirare uno dei sistemi di sicurezza ritenuti più affidabili per spingere i costruttori di smartphone a migliorare le loro tecnologie di identificazione prima che qualche hacker approfitti di queste vulnerabilità.

Cao e Jain spiegano infatti che “questo esperimento conferma ulteriormente l’urgente bisogno di tecniche anti-spoofing per i sistemi di riconoscimento delle impronte digitali che sono usati sempre di più non solo per sbloccare i dispositivi mobili ma anche per effettuare pagamenti”.

I due ricercatori ammettono che “non tutti gli smartphone possono essere violati” utilizzando il metodo da loro proposto e con lo sviluppo di nuove tecniche anti falsificazione, anche questo metodo potrebbe non essere più valido.

“Tuttavia – concludono – è solo una questione di tempo prima che gli hacker sviluppino nuovi metodi per falsificare non solo le impronte digitali ma anche altri tratti biometrici usati per i dispositivi mobili, come il riconoscimento facciale, dell’iride e della voce”.