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Scorporo TIM. Ecco gli ostacoli che ci separano da una vera separazione della rete di Tlc

Raffaele Barberio

Due giorni fa Amos Genish, amministratore delegato di Tim, ha annunciato al ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda la volontà di voler dar luogo alla separazione legale (societarizzazione) della rete TIM. La nuova società, per il momento indicata come NetCo, sarebbe almeno in una prima fase controllata al 100% da Tim e dovrà garantire parità di accesso a tutti gli operatori alternativi.

Inutile dire che il mercato ha reagito positivamente, dando un po’ di ossigeno al titolo TIM (+5% a Piazza Affari) che negli ultimi tempi è stato penalizzato dalle scelte incerte della proprietà.

Quanto annunciato premia la paziente tessitura del ministro Calenda ma ha davanti l’esigenza di verifica delle reali intenzioni del principale interlocutore.

Non a caso l’annuncio ha incontrato un certo attendismo da parte di media e addetti ai lavori, in considerazione dei tanti stop-and-go che hanno sempre accompagnato la questione. Se ciò si realizzasse, interromperebbe lo stato di stallo della industry di settore che si è protratto per troppo tempo, mettendo all’angolo gli operatori e sollecitando incertezze e timori tra i grandi investitori.

Ma la strada è ancora in salita.

Gli addetti ai lavori sanno che un passaggio del genere ha degli aspetti cruciali, molti dei quali vanno ben impostati sin dall’inizio, per evitare che l’esecuzione del progetto subisca distorsioni ab origine. L’attenzione verso tali dettagli è ancor più pressante, anche a causa dello stato di profonda conflittualità dei players, una conflittualità che nel corso degli anni ha spostato gradualmente il confronto competitivo dall’arena del mercato alle aule dei tribunali.

Naturalmente, l’annuncio smuoverà molti aspetti che pesano sul settore da tempo (dall’esercizio della Golden Power all’annoso problema sindacale dei dipendenti ritenuti in eccesso all’interno di TIM).

Qui appare utile concentrarsi su questi e altri aspetti, su cui si può vincere o perdere la partita del rilancio delle telecomunicazioni italiane nel nuovo contesto della competizione globale, che richiede nuovi modelli di business e nuove dinamiche competitive e una vocazione all’investimento anche, e forse innanzi tutto, in relazione al confronto con Open Fiber.

Più regolazione o meno regolazione per TIM?

Qualcuno sta già cercando di accreditare il concetto che la separazione della rete da parte di TIM debba avere come contropartita un alleggerimento di vincoli verso la società di Vivendi.

Al contrario, la ricompensa per la separazione non può essere, come forse pensa TIM, quella di una vacatio regolamentare. Ci pare difficile che Bruxelles possa peraltro accettare un prerequisito del genere. Anzi, al contrario, la separazione legale dovrebbe portare a una maggiore regolamentazione di TIM, sia sugli aspetti procedurali che sulla sostanza.

Perché? Perché in Italia abbiamo bisogno di aumentare il grado di concorrenza, non certamente di diminuirlo, visto che continuiamo ad essere in ambito di infrastruttura di rete di comunicazione il fanalino di coda dell’Europa che conta.

E allora vediamo quali sono i nodi da sciogliere per raggiungere una vera separazione della rete.

NetCo: un CdA indipendente o no? E nominato da chi?

Innanzitutto, alla nuova società (NetCo) servirebbe un consiglio completamente indipendente.

Anche un consiglio composto in maggioranza da indipendenti non sarebbe sufficiente. Perché in tal caso, i consiglieri indicati da TIM (ovvero da Vivendi) avrebbero ancora accesso ad informazioni riservate e potrebbero trasferirle a TIM medesima.

Per questo motivo sarebbe necessario prevedere una totale indipendenza dei membri del CdA da TIM e Vivendi.

Il consiglio di amministrazione della NetCo deve poter godere di una totale indipendenza dagli azionisti per definire la propria strategia, una strategia che non corrisponda necessariamente all’interesse di TIM.

Altra questione da discutere è relativa a chi dovrebbe nominare i consiglieri indipendenti, per garantirne la loro reale indipendenza rispetto al Board di TIM ed a Vivendi.

Indipendenza ed attività comuni: conflitto di interesse in agguato

È necessario considerare come una serie di attività continueranno sicuramente ad essere comuni a TIM e alla NetCo.

Il Consiglio di Amministrazione della NetCo deve avere il diritto di definire in piena autonomia il proprio piano strategico, anche in termini di investimenti (anche se la sua partecipazione azionaria è la stessa di quella di TIM).

Occorrerebbe inoltre verificare che con la separazione della rete ci sia un effettivo aumento degli investimenti e non che rimanga tutto più o meno come prima.

Gli investimenti devono essere dichiarati e monitorati.

Non dobbiamo dimenticare che se TIM è costretta a separare la rete, ciò è dovuto al fatto che gli investimenti non sono stati ad oggi sufficienti.

Che tipo di separazione della rete?

Separazione è la parola magica, ma da sola non assicura alcun risultato, se non sono valutati e soddisfatti altri requisiti.

Separazione legale? La costituzione di una società separata non è sufficiente. Occorre anche un brand separato, un Head Quarter e sedi separate, come separati devono essere i sistemi informativi. Ovviamente, e forse prima di ogni altra cosa, la Funzione Acquisti di NetCo deve essere del tutto indipendente.

Separazione e “mura cinesi”? Una scelta obbligata per garantire la massima “riservatezza”.

Nessuna informazione commerciale può passare tra NetCo e TIM.

Escludere ogni rischio di commistione e ogni forma di compensazione tra TIM e NetCo

 

L’attenzione all’autonomia va posta su ogni aspetto.

Ad esempio, il trasferimento dei dipendenti o la remunerazione degli incentivi (MBO) dei dirigenti devono riflettere esclusivamente gli obiettivi della NetCo. Per esser chiari, nessun dipendente della nuova società può mantenere ad esempio stock option o incentivi di TIM.

Bisogna quindi evitare che vengano trasferiti nella NetCo un numero sproporzionato e non giustificato di dipendenti, perché in tal caso si scaricherebbero costi inappropriati sulla società separata, così come bisogna evitare che Vivendi la zavorri con un debito eccessivo.

La NetCo non può diventare la bad company di TIM, anche perché, a ben vedere, in questo modo verrebbero fatte pagare ai concorrenti (ed ai consumatori) tutte le inefficienze di TIM.

Un nuovo e trasparente perimetro di mercato

Dato che il principale cliente della nuova società sarà TIM, sono inoltre indispensabili specifici obblighi e procedure di non discriminazione (come previsto dal caso inglese di Open Reach), nonché un monitoraggio continuo e severo da parte dell’AGCOM.

In particolare, è necessario garantire la non discriminazione tra i clienti, indipendentemente dalla loro dimensione.

Cosa vuol dire? Vuol dire che TIM diventando il più grande cliente della NetCo potrebbe essere in questo modo favorita con una politica di sconti più conveniente rispetto agli altri operatori.

Una circostanza che non può verificarsi.

È probabile, anzi certo, che vi siano altri aspetti cruciali, ma se non si sciolgono questi nodi e non si conferisce all’intera operazione una messa in sicurezza dalle insidie principali, difficilmente si potranno raggiungere con trasparenza e lungimiranza gli obiettivi che sembra abbiano motivato gli annunci di questi giorni.

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