Al cinema

Schermo&Schermo. The Revenant, film noioso ma Di Caprio è da Oscar

di Carlo Macchitella, produttore televisivo |

Deluso dalla resa della storia e dalla regia, ma grande apprezzamento per i valori produttivi e interpretativi del cast.

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Nonostante la grande messe di Golden Globe e di nomination agli Oscar raccolti, nonostante il successo al box office negli Stati Uniti e in Europa, nonostante le critiche positive, non ho amato The Revenant, l’ultimo film di Inarritu interpretato da Leonardo Di Caprio. Non l’ho amato perché non sono mai riuscito a credere alla storia che veniva raccontata, non l’ho amato perché ho trovato che due ore e mezza per raccontare con il tono del “film verità” una storia sempre uguale, mai credibile, tendenzialmente assurda perché oltre i confini del vero, non siano giustificabili e rappresentino una sorta di sequestro di persona.

Non l’ho amato perché quando si raccontano delle storie che sono al di là della credibilità e della veridicità vi deve essere sempre presente o il filtro sottile dell’ironia o il meccanismo profondo e meraviglioso della magia.

Elementi questi che in questo film Inarritu non riesce né a vedere né tantomeno a utilizzare.

C’è un “ma”, come sempre nella vita, perché se la mia delusione da spettatore è evidente altrettanto evidente è l’ammirazione per la production value di questo film. Una ammirazione per i molti mesi passati in quei territori lontani, scoscesi, al freddo, al gelo, alla neve.  Perché quando si gira in quelle condizioni e si riesce a far fare agli attori quello che è uscito fuori nel film vuol dire che alle spalle c’è una macchina produttiva e organizzativa meravigliosa come solo il cinema americano possiede ed è in grado di utilizzare.

E si capisce allora pensando a questo come Leonardo Di Caprio sia il più autorevole candidato all’Oscar come miglior attore protagonista.

Perché questo ruolo non solo esalta le sue grandi doti attoriali ma anche la sua grande capacità di adeguarsi alle difficoltà produttive mettendo in sintonia con esse il corpo e la recitazione. Ecco la forza del grande cinema americano: perseguire sia la qualità del racconto che i valori produttivi e interpretativi. In questo caso io credo che questi ultimi valori siano stati raggiunti, mentre resto francamente deluso dalla resa della storia e dalla sua regia.