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Schermo&Schermo, la Rai deve innovare anche Sanremo

di Carlo Macchitella, produttore televisivo |

Bisogna costringere la Rai a far sì che Sanremo sia un qualcosa che riesca ad adeguarsi al nuovo che avanza anche in questo strano paese che non conosce le rivoluzioni.

Schermo&schermo, curata dal produttore televisivo Carlo Macchitella, si occupa di serie tv e film. Dal piccolo al grande schermo, tutte le novità sull’intrattenimento. Clicca qui per leggere tutti i contributi.

Ripensare a Sanremo 10 giorni dopo che il sipario si è chiuso sul teatro Ariston e il ricordo dell’ultima edizione del Festival della canzone italiana è ormai consegnato alla storia mi appare oltre che lecito corretto…Carlo Freccero con la sua iconoclastica e sempre pungente critica, nella doppia veste di consigliere di amministrazione Rai e di attento analista della televisione ha sostenuto che il successo di Sanremo da solo garantisce la motivazione del canone.

E questo mi sembra un elemento importante da cui partire per potere riflettere su Sanremo.

Il Festival, infatti, al di là di come sia condotto, aldilà delle canzoni che presenta, aldilà dei punti decimali in più o in meno di Auditel che raggiunge, è un appuntamento che ormai appartiene al costume dell’Italia del dopoguerra. Sanremo non è solo e non tanto l’appuntamento con la canzone italiana ma l’appuntamento degli italiani con loro stessi e con la loro storia rispetto al momento dell’intrattenimento tv e non solo.

Sanremo è qualcosa che va oltre il valore delle canzonette in gara, che può anche fare a meno di un conduttore brillante o particolarmente affascinante, che esiste a prescindere dalle gag che vengono puntualmente presentate. Sanremo è per l’Italia come la cerimonia degli Oscar per il cinema e l’America in generale: una grande messa cantata in cui tutti gli italiani in un modo o nell’altro vengono coinvolti. Sanremo infatti è un appuntamento di costume, qualcosa che fotografa il presente e, nel contempo, fa ricordare il “come eravamo”.

Sanremo è l’immagine di come siamo e dell’Italia: un paese tranquillo, che ama le sue tradizioni e si consola ripensando a come era e che vede nel palcoscenico del Teatro Ariston un fantastico tinello di casa in cui da 66 anni siamo abituati a ritrovarci, a bere un goccio di rosolio, fare due chiacchiere e anche qualche pettegolezzo e, ogni tanto, perché questo serve sempre, mangiare qualche pasticcino.

Allora il problema non è tanto discutere su due punti in più o in meno di Auditel, sul valore dei cantanti in gara e sulla scelta del vincitore, ma costringere la Rai a far sì che Sanremo sia un qualcosa che riesca ad adeguarsi al nuovo che avanza anche in questo strano paese che non conosce le rivoluzioni ma nemmeno le riforme, ma che deve comunque imboccare la via del cambiamento. Sanremo vuol dire creare ogni anno un grande appuntamento che faccia ritrovare gli italiani davanti alla tv, che li faccia sorridere, discutere, e qualche volta – perché no – anche divertire perché sentono delle canzoni degne di questo nome o assistono a degli sketch divertenti. Il problema della Rai sarà dunque quello di essere, perdonatemi l’inglesismo, almeno updated rispetto a quello che sta accadendo nel nostro Paese. Sanremo è questo, cerchiamo di mantenerlo in piedi, cerchiamo di far sì che susciti in noi non solo la dolcezza del ricordo, ma anche la consapevolezza del presente.