Il caso

Riparte il CineVillage Talenti di Roma, un caso emblematico di deficit di strategia

di |

Nel mentre, viene rilanciato dalla Regione Lazio il mitico “FilmStudio”, e l’Assemblea Rai è stata rimandata a metà luglio. Soltanto 5 candidati al cda Rai su 194 hanno accolto l’invito di Usigrai ad autopromuoversi sul canale YouTube del sindacato.

Questa mattina, presso la sede della confindustriale Agis (Associazione Generale Italiana dello Spettacolo) in via di Villa Patrizi a Roma, è stata presentata (finalmente una conferenza stampa in modalità “in presenza”!) la terza edizione di una delle iniziative più qualificate, nel quadro dell’offerta di “cinema d’estate” in Italia, il “CineVillage Parco Talenti”, una sorta di arena estiva caratterizzata da un approccio critico per la miglior stimolazione alla fruizione cinematografica…

Perché questa iniziativa merita attenzione sulle colonne di un quotidiano online come “Key4biz” e specificamente da parte di questa rubrica “ilprincipenudo”, curata dall’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult?

Perché si tratta di una rubrica focalizzata sulle politiche culturali e le economie mediali, e quello del “CineVillage” si pone come “caso di studio” di valenza nazionale, non meno di quel che accade per il ben più noto (ed eccessivamente apprezzato, riteniamo) caso delle arene gratuite del “Cinema America”, nate in quel di Trastevere (sull’argomento, vedi “Key4biz” del 10 giugno 2020, “L’emblematico caso del Cinema America di Roma”).

In sintesi, si tratta di una iniziativa di dimensioni budgetarie significative (poco meno di 200mila euro), in un mix tra imprenditoria privata e sostegni pubblici.

Abbiamo avuto occasione di toccare con mano (ovvero assistere ad alcune serate della kermesse) la qualità cinefila dell’approccio, con molti incontri con autori, l’anno scorso moderati dal giornalista Fabio Giusti… “Quest’anno è Franco Montini, Presidente del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici (Sncci), nonché firma specializzata de “la Repubblica”, a porsi come garante qualitativo della manifestazione, che si sviluppa da venerdì della prossima settimana (11 giugno) fino alla prima decade di settembre (5 settembre), quindi nell’arco di poco meno di 3 mesi. Montini è quest’anno il Direttore Editoriale della rassegna “Cineasti di Parole”, nella cui economia, in parallelo alla rassegna “LibriCinemaVillage” (curata da Roberto Ippolito) verranno presentate opere librarie di cineasti ed autori (da Enrico Vanzina alla Serena Dandini).”

Come si finanzia “CineVillage”? Su 170mila euro, 109mila dalle istituzioni, il resto dal mercato

Come si finanzia la kermesse “CineVillage”?!

Il Segretario Generale dell’Anec Lazio Massimo Arcangeli ha chiarito in modo trasparente: 50.000 euro di sovvenzione sono assegnati dalla Regione Lazio, 39.000 da Roma Capitale (è tra i vincitori del bando “Estate Romana”), e si prevede una integrazione di 20.000 euro da parte del Ministero della Cultura, in funzione di un pubblico avviso, da poco firmato dal Ministro Dario Franceschini proprio per stimolare la fruizione di cinema all’aperto. In effetti, 19 maggio scorso, il Ministro ha annunciato un sostegno straordinario di 20 milioni di euro per cinema, teatro e spettacoli all’aperto: “venti milioni di euro per sostenere i cinema e gli spettacoli all’aperto nella stagione estiva. Nel momento della ripartenza, con le progressive riaperture delle attività, è fondamentale aiutare quelle realtà del mondo dello spettacolo che tradizionalmente animano le estati delle nostre città e delle mete turistiche, portando la cultura nelle piazze, negli antichi teatri greco romani, nelle ville e nei parchi di tutta Italia”. Il decreto destina 10 milioni di euro del “fondo emergenza spettacolo, cinema e audiovisivo” al sostegno della programmazione di spettacoli cinematografici all’aperto, e 10 milioni di euro al sostegno e alla organizzazione degli spettacoli dal vivo all’aperto svolti nel periodo compreso tra il 26 aprile e il 30 settembre 2021 nel pieno rispetto delle norme sanitarie. Potranno presentare domanda di contributo i gestori di sale cinematografiche all’aperto con almeno 40 posti a sedere, che programmino un minimo di 40 proiezioni in tale periodo, così come gli organizzatori di spettacoli di teatro, musica, danza e circo che realizzino un minimo di 15 rappresentazioni nel medesimo periodo. Le risorse verranno ripartite in parti uguali tra i beneficiari, entro il limite di 10mila euro ciascuno.

Il sostegno pubblico a “CineVillage” è nell’ordine quindi complessivamente di 109.000 euro, a fronte di previste spese nell’ordine di 170.000 euro: la differenza dovrebbe essere apportata dallo “sbigliettamento” (nella prima edizione, la manifestazione ha contato 30mila spettatori, in quella dell’anno scorso, soltanto 13mila, e pare sia stato un bagno di sangue per i promotori), ma soprattutto dagli sponsor, dato che, quest’anno, per stimolare la fruizione, gli organizzatori hanno deciso di proporre un “prezzo politico”, ovvero soltanto 3 euro

Non interessa qui, in particolare, la struttura di offerta dell’iniziativa (che – ribadiamo – riteniamo qualificata), ma le questioni che CineVillage pone emblematicamente “in sé”, e nel contesto generale della crisi del sistema cinematografico italiano.

Noi stessi abbiamo posto ai due rappresentanti istituzionali, l’Assessora alla Crescita Culturale del Comune di Roma Lorenza Fruci (in carica da tre mesi soltanto, dopo le dimissioni di Luca Bergamo, che è entrato in contrasto con la Sindaca Virginia Raggi) e la Responsabile dell’Ufficio Cinema Abc della Presidenza della Regione Lazio Giovanna Pugliese (di fatto… una “assessora al cinema” delegata dal Presidente Nicola Zingaretti e peraltro già Assessore al Turismo e Pari Opportunità fino ad inizio aprile), la domanda se la “mano pubblica” – nel suo policentrismo (Stato, Regione, Comune) – avesse assunto una linea – per così dire – “editoriale”, rispetto allo scontro latente tra “cinema in sala” e “arene cinematografiche”.

La questione non è di natura filosofica (o mediologica), ma concreta ed immediata.

Soltanto da pochi giorni, il Governo ha consentito la riapertura delle sale cinematografiche (con forti vincoli alla quantità massima di spettatori ammessi) e si assiste ad una situazione paradossale: pochi titoli nelle sale ovvero poche novità, assenza di una campagna seria promozione per l’estate (abbiamo già commentato, su queste colonne, la pochezza dell’iniziativa “SoloAlCinema”, peraltro non sostenuta – non ancora?! – da Mic: vedi “Key4biz” del 25 maggio 2021, “Cda Rai ancora nelle nebbie e cinema alla ricerca di un rilancio in sala”), e concorrenza immediata delle arene…

Arene cinematografiche che sono senza dubbio benemerite, se a pagamento.

Se gratuite (ovvero se a carico della “mano pubblica”, qual è il caso giustappunto del succitato “Cinema America”), si tratta di un’offerta che finisce per entrare in contrasto con le attività degli esercenti cinematografici.

I “ragazzi” (cosiddetti tali) del Cinema America (e con loro alcune decine di colleghi in tutta Italia) sostengono da sempre che loro propongono film “classici” e titoli non competitivi con l’offerta delle sale cinematografiche, ma è un dato di fatto che de-stimolano oggettivamente la fruizione di cinema al chiuso, offrendo titoli di qualità senza far pagare un biglietto…

Il Presidente dell’Associazione Nazionale Esercenti Cinema (Anec) del Lazio Leandro Pesci ha rimarcato come l’iniziativa “CineVillage” sia stata “approvata” dalla sua associazione, e quindi non possa essere considerata in concorrenza diretta con i cinema al chiuso, anche se – di fatto – riteniamo lo sia.

Il collega Claudio Fontanini del quotidiano online “Italia Sera” ha sostenuto che – “al chiuso” o “all’aperto” che sia – la vera concorrenza è rappresentata dalle piattaforme web, ed ha ricordato il caso paradossale dell’ultimo film di Carlo Verdone, “Si vive una volta sola”, che è uscito “alla chetichella” nelle sale di proprietà del produttore Aurelio De Laurentiis (FilmAuro), per subito approdare su Amazon Prime, dopo essere rimasto congelato per oltre un anno (era stato presentato alla stampa nel febbraio 2020). In una intervista al settimanale “Sorrisi & Canzoni Tv”, il regista ha dichiarato: “Ho resistito alla tentazione delle piattaforme fino a che ho potuto. Ora il film uscirà in alcune selezionate sale cinematografiche, poi lo vedrete su Amazon Prime Video dal 13 maggio. Ma non ho grandi aspettative sui cinema, molta gente l’ha già visto nelle anteprime e il grosso della pubblicità era stato fatto…”. Fontanini ha anche ricordato la “contraddizione” tra il sostegno ministeriale al cinema in sala (e, più in generale, allo spettacolo dal vivo) e l’avvio, il 31 maggio scorso, della controversa piattaforma digitale “ItsArt” (in argomento, vedi “Key4biz” del 31 maggio 2021, “ItsArt, partenza ‘low profile’ per la Netflix italiana della cultura”).

Il Presidente dell’Anec Lazio ha segnalato che non è responsabilità degli esercenti l’esistenza di queste “contraddizioni” del sistema, ma ha comunque ringraziato con convinzione il Ministro, perché molte risorse economiche sono certamente arrivate a sostegno anche dell’esercizio, a parziale “ristoro” delle gravose conseguenze della chiusura delle sale per la pandemia Covid-19.

Cinematografi, arene all’aperto, piattaforme web: il rischio di una “cannibalizzazione” incrociata

Il Presidente dell’Anec Lazio ha comunque segnalato alcune criticità gravi del “sistema” (anzi, vorremmo definirlo “non sistema”, appunto) italiano: dopo una estate che si prevede sonnolenta (la gente – a parte la nicchia dei cinefili – vorrà godersi la libertà dal “lockdown” stando all’aperto), a settembre ed ottobre si prevede una “overdose” di offerta, con l’uscita in sala di decine e decine di titoli, tutti assieme, e quindi con un prevedibile tasso di “mortalità” delle pellicole di minor attrattività…

Una prevedibile “cronaca di una morte annunciata” anche di film di buona qualità: una sorta di “strage degli innocenti”. Si prevedono addirittura una decina di titoli per Natale, in concorrenza diretta tra loro.

La prospettiva è quella di una “cannibalizzazione” a catena, riducendosi fortemente le potenzialità commerciali di molti titoli.

A farne ne spese, in particolare, sarà verosimilmente il cinema “made in Italy”, titoli di esordienti o comunque film “minori”, ovvero non dotati dell’“appeal” di attori famosi…

Si ricordi che, anche grazie alla “legge Franceschini” del 2016 sul cinema e sull’audiovisivo, e grazie in particolare al “tax credit”, in Italia si producono ormai oltre 200 lungometraggi cinematografici all’anno, parte dei quali… non vedono il buio di una sala, non vengono trasmessi dalla tv, non vengono acquistati dalle piattaforme. Una produzione “invisibile”, quasi clandestina… Ma, al Ministero, nessuno sembra porsi il problema…

Ancora una volta, deficit di “programmazione strategica”

Con la sua tipica franchezza, Leandro Pesci ha rimarcato “ma i cattivi non siamo noi esercenti”: in effetti, si assisterà ad un collo di bottiglia autunnale-invernale che è il risultato di un deficit di programmazione strategica, giustappunto di “politica culturale”, che finisce per penalizzare la fase finale della “filiera”, ovvero giustappunto gli esercenti cinematografici.

Le due rappresentanti istituzionali, Giovanna Pugliese (Regione) e Lorenza Fruci (Comune), alla nostra domanda hanno risposto, quasi all’unisono, che la “mano pubblica” deve comunque stimolare il riavvio della fruizione di cinema “theatrical”, e quindi mettere in atto meccanismi che sostengano l’offerta, sia essa in sala sia essa in arena (il tema critico delle arene gratuite è stato rimosso, forse per non alimentare ulteriori polemiche proprio in casa Agis-Anec), quasi indifferentemente (cinema all’aperto / cinema al chiuso), in questa fase post-pandemica.

In parte, la tesi è corretta. In parte non lo è, perché crediamo che lo Stato (in senso lato) debba decidere “ove” e “come” intervenire, nelle aree più delicate del sistema, in una ottica strategica e di “sistema” appunto.

È stata invocata una “campagna promozionale” che, nei limiti delle proprie possibilità budgetarie, potrebbe essere avviata da Roma Capitale, e qui ri-osserviamo una riprova di quel che sosteniamo da molti anni, anche su queste colonne: parcellizzazione dell’intervento della mano pubblica, frammentazione di risorse pubbliche e sempre latente rischio dispersione (ed inefficacia) dei sostegni…

È indispensabile ed urgente una campagna nazionale di promozione del consumo di cinema in sala (a partire dall’estate, ma pensando ovviamente all’autunno e inverno e primavera 2022), dotata di risorse economiche adeguate (almeno 20 milioni di euro, stimiamo), e soprattutto che si caratterizzi per una creatività innovativa ed una pianificazione mediale curata da una agenzia pubblicitario e di marketing tra le migliori del Paese, con il coinvolgimento anzitutto della Rai, data la sua funzione di servizio pubblico televisivo (senza dimenticare RaiCinema, ormai assurta al ruolo – in verità un po’ improprio – di produttore tra i maggiori del Paese): perché il Ministro Dario Franceschini non assegna un budget significativo e promuove una gara tra le primarie agenzie nazionali?!

“Il Filmstudio è morto, viva il Filmstudio”?!

Da segnalare, tra le iniziative che confermano come non basti soltanto “la buona volontà” delle istituzioni pubbliche, ma sia necessaria piuttosto una analisi accurata degli scenari del sistema culturale e quindi l’elaborazione giustappunto di “politiche pubbliche”, un’iniziativa sulla quale torneremo presto: apparentemente rinasce il mitico “Filmstudio”, storica sala del cinema romano (in quel di Trastevere, in Orti d’Alibert 1/c), luogo di dibattito e formazione culturale dal 1967, ma… in verità…

Il 21 maggio scorso, l’Associazione titolare del “brand”, l’Associazione Filmstudio tre (i cui animatori sono Stefano Pierpaoli ed Armando Leone) ha diramato un comunicato stampa intitolato “Il Filmstudio è morto, viva il Filmstudio”, nel quale si legge: “dopo oltre 30.000 film in 8, 16 e 35 millimetri e proiettori che hanno lavorato circa 100.000 ore per promuovere il cinema indipendente, sperimentale e d’autore; dopo 57 anni di attività, siamo ad informarvi che il Filmstudio, per come lo abbiamo conosciuto, chiude. Il Filmstudio non esisterà più nel suo spazio storico di Via degli Orti d’Alibert. Non come prima almeno. La sua presenza anarchica e militante che ha fatto da apripista per gli altri cineclub romani e italiani e che ha dato impulso culturale a intere generazioni di cineasti e cinefili, oggi si trasforma in qualcosa di diverso. Chiude la sua attività nel luogo simbolo ma continuerà a promuovere il cinema di qualità con una programmazione diffusa e indipendente”…

Basti ricordare che è rimasta famosa una affermazione di Alberto Moravia: “se questo posto dovesse chiudere, dovrò trasferirmi a Parigi. Non vi sono alternative”.

In effetti, la Regione Lazio ha deciso di promuovere una nuova realtà di offerta, in nuovi locali (iniziativa che verrà presentata nei prossimi giorni alla stampa ed ai media), investendo oltre 1 milione di euro (attraverso la propria controllata LazioCrea spa), e l’ha denominata “Scena” (?!) che sarebbe l’acronimo di “Spazio, Cinema, Eventi e Nuove Arti”, coinvolgendo soltanto in minima parte i titolari della vecchia (e vegeta) associazione Filmstudio. Un tipico caso di intervento della mano pubblica che non riesce a sviluppare al meglio una eredità storica ed un “brand” assai peculiare.

Qualcuno ha proposto un “parallelo” tra la vicenda di “ItsArt” e la vicenda del “Filmstudio”: in entrambi i casi, l’idea, in sé, è buona e meritoria; in entrambi i casi, la gestione strategica dell’iniziativa mostra rilevanti criticità.

Qual è il problema di fondo?!

Che in Italia si continua a “governare” (…) il sistema culturale in assenza di adeguate cognizioni, e quindi si corre il rischio di allocare le risorse pubbliche con criteri soggettivi, approssimativi, nasometrici.

A tutti i livelli: Stato centrale, Regioni, Comuni.

Le valutazioni di impatto e le analisi scenaristiche sono più uniche che rare, e, quando vengono promosse, sembra quasi che il committente pubblico chieda al consulente di dimostrare quant’è bravo e bello il Principe di turno… Così si vanifica trasparenza, efficienza, efficacia e la “democrazia culturale” diviene un concetto aleatorio quanto evanescente.

Nel mentre, permane la stagnazione Rai: assemblea dei soci rimandata a metà luglio…

Nel mentre, passando dal “cinema” alla “televisione”, permane una situazione confusa di deriva della Rai, ovvero di vera stagnazione: l’assemblea degli azionisti Rai (Ministero dell’Economia, titolare del 99,66 % delle quote, e Società Italiana Autori Editori – Siae, titolare dello 0,44 %), dapprima prevista per l’8 giugno ovvero per il 14 giugno, è stata rimandata di un mese, ovvero al 30 giugno in prima convocazione ed al 12 luglio 2021 in seconda.

La decisione sarebbe stata sostanzialmente determinata dall’assenza di una intesa nella spartizione lottizzatoria della “governance”, tra Presidente ed Amministratore Delegato, di nomina governativa, e resto del Consiglio di Amministrazione (4 membri) eletto da Camera e Senato.

In argomento, a riconferma che la questione non appassiona né l’opinione pubblica né i partiti, si segnala che né il Presidente della Camera Roberto Fico né la Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati hanno ancora accolto le rinnovate richieste della “società civile”, affinché si proceda ad una qualche forma di analisi comparativa e di pubblica audizione dei 194 italiani che si sono auto-candidati per divenire consiglieri di amministrazione Rai.

Silenzio totale. Trionfo della partitocrazia.

Finestre sul canale YouTube di Usigrai: soltanto 5 candidati al Cda Rai su 194 hanno finora proposto video autodescrittivi

Ed anche la commendevole iniziativa promossa dal Sindacato dei Giornalisti Rai non sembra aver entusiasmato le masse: come abbiamo segnalato anche su queste colonne, in assenza di sensibilità da parte di Fico e Casellati (le istituzioni direttamente preposte all’organizzazione delle elezioni dei 4 componenti del Cda Rai di nomina parlamentare), il Segretario Generale dell’Usigrai Vittorio Di Trapani ha annunciato pochi giorni fa (il 24 maggio), a mo’ di provocazione, la messa a disposizione, sul canale YouTube del sindacato (peraltro attivato per l’occasione), di libere “finestre” per consentire ai candidati di autopresentarsi…

A distanza di una settimana da quell’annuncio, ad oggi (venerdì 4 giugno) soltanto 5 candidati su 194 hanno ritenuto di… auto-rappresentarsi. Dinamica sintomatica della poca fiducia dei candidati stessi nelle proprie chance? Soltanto pigrizia?! Non apprezzamento dell’iniziativa Usigrai?! Curioso.

Questo l’elenco (in sequenza discendente per numero di visualizzazioni su YouTube ad oggi): Stefano Menichini (128 visualizzazioni, video di 6 minuti di durata), Roberto Amen (97 visualizzazioni, video di 3 minuti), Remigio Del Grosso (61 visualizzazioni, video di 4 minuti), Tullio Camiglieri (54 visualizzazioni, video di 3 minuti), Mario Marazziti (25 visualizzazioni, video di 11 minuti)…

Immaginiamo (auspichiamo) che, nei prossimi giorni e settimane, pervengano altri video autopromozionali, ma il quesito sostanziale permane immutato: deve essere un soggetto come l’Usigrai a fungere da improprio “supplente” rispetto alle istituzioni (Presidenze di Camera, Senato, Commissione Vigilanza), su una dinamica così delicata per il sistema mediale nazionale?!