Una scoperta inquietante scuote il settore dell’energia rinnovabile. Secondo la stampa internazionale, alcuni inverter solari cinesi venduti in Europa e negli Stati Uniti sarebbero dotati di interruttori nascosti in grado di spegnere da remoto interi impianti fotovoltaici. In caso di conflitto, questi dispositivi potrebbero essere usati per generare blackout su vasta scala, colpendo direttamente le reti elettriche occidentali.
L’allarme arriva dalla National Security Agency (NSA) americana. Secondo alcuni funzionari, sarebbero stati rilevati componenti non documentate, come moduli radio cellulari integrati negli inverter, potenzialmente utilizzabili per bypassare firewall, modificare le impostazioni operative o causare danni ai sistemi elettrici. Se confermato, questo scenario rappresenterebbe una minaccia concreta alla sicurezza energetica nazionale e internazionale.
Rischio geopolitico nascosto nella transizione energetica
Gli inverter fotovoltaici sono componenti fondamentali che collegano i pannelli solari alla rete elettrica. La loro vulnerabilità, quindi, potrebbe compromettere l’intero sistema. Secondo il Daily Mail, nei mesi scorsi si sarebbero susseguite segnalazioni riguardo a batterie e inverter importati dalla Cina, con sospetti su dispositivi di comunicazione incorporati e mai dichiarati.
Anche il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti ha ammesso che “esistono problemi di trasparenza tecnologica” da parte dei produttori e ha avviato un monitoraggio approfondito per valutare i rischi legati all’infrastruttura rinnovabile. Un portavoce ha sottolineato l’importanza di strumenti come il Software Bill of Materials per tracciare ogni componente presente nei dispositivi importati.
La Cina, dal canto suo, ha respinto le accuse, denunciando una strumentalizzazione del concetto di sicurezza nazionale. Un portavoce dell’ambasciata a Washington ha dichiarato: “Ci opponiamo alla distorsione e alla diffamazione dei risultati infrastrutturali cinesi”.
Il Regno Unito rivede la dipendenza dalla tecnologia cinese
L’allarme ha avuto eco anche in Europa. Il governo britannico ha deciso di rallentare l’integrazione di tecnologie rinnovabili cinesi, avviando una revisione degli apparati installati nel sistema elettrico nazionale. Andrew Bowie, ministro ombra per l’Energia, ha dichiarato che già da tempo erano emerse preoccupazioni simili riguardo alle turbine eoliche cinesi.
Questo mentre Londra si è impegnata ad accelerare l’installazione di pannelli solari su larga scala: “su ogni tetto possibile”, come previsto dai piani di transizione energetica.
Cina leader mondiale nella produzione di inverter
Il controllo cinese sul mercato globale degli inverter è ormai consolidato. Secondo la società di consulenza Wood Mackenzie, nel 2022 Huawei ha guidato il settore con il 29% delle spedizioni mondiali, seguita da altri due colossi cinesi: Sungrow e Ginlong Solis. Insieme, Huawei e Sungrow hanno prodotto oltre metà degli inverter venduti nel 2023.
Nonostante il divieto di operare negli Stati Uniti, imposto nel 2019 per motivi di sicurezza nazionale, Huawei continua a dominare in Europa e nei mercati emergenti.
Philipp Schröder, CEO della tedesca 1Komma5, ha lanciato un avvertimento chiaro:
“Dieci anni fa, disattivare qualche inverter cinese non aveva effetti. Oggi, con la crescente penetrazione delle rinnovabili e le tensioni geopolitiche in aumento, la dipendenza tecnologica dalla Cina è una minaccia reale per la sicurezza energetica dell’Occidente.”