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Rete unica, il muro del Mise contro le richieste di Gubitosi e Vivendi

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L'esecutivo schiera il Ministero dello Sviluppo economico contro l’insistente richiesta dell’Ad di TIM di mantenere il controllo della rete unica e la sua gestione. Il viceministro Buffagni: "Gubitosi sbaglia. Al Paese occorre una rete unica, che non sia controllata da TIM”.

In questi giorni si sta decidendo il futuro digitale dell’Italia. Il Governo non può permettere che la rete unica, sulla quale passerebbero comunicazioni, informazioni e dati strategici del Paese, possa essere gestita da una società privata, TIM, e perdipiù in mani straniere: Vivendi (primo azionista al 24%), Elliott o Kkr, ovvero il fondo di private equity Usa pronto a entrare in scena nel progetto della rete secondaria, FiberCop, a cui sarà dato il via nel CdA del 31 agosto, come annunciato ieri da Luigi Gubitosi

Buffagni (Mise): “La rete unica non in mano a TIM”

Così l’esecutivo ha schierato il Ministero dello Sviluppo economico (MiSe) contro l’insistente richiesta dell’Ad di TIM di mantenere il controllo della rete unica e la sua gestione. Si è alzato un vero e proprio muro contro Gubitosi. Dopo essere stato subito “stoppato”, ieri, dal ministro Stefano Patuanelli La rete unica la fa lo Stato”, oggi è Stefano Buffagni, viceministro al Mise, a mandare un altro messaggio chiaro a TIM. “Gubitosi sbaglia. Al Paese occorre una rete unica, che non sia controllata da TIM”, ha dichiarato Buffagni nell’intervista a Repubblica.

“Secondo noi”, ha spiegato il viceministro, “e non solo sotto un profilo regolatorio ed antitrust, una società della rete unica che fornisca servizi di accesso all’ingrosso a tutti gli operatori non può essere in mano a un azionista di maggioranza verticalmente integrato, con in più il beneficio del consolidamento. Su quella rete oggi passano i nostri dati piu’ sensibili e la competitività delle nostre aziende”. 

Buffagni: “L’infrastruttura del futuro è la fibra fino a casa”

Inoltre sullo scontro TIM-Open Fiber, Buffagni ha fatto notare : “È fuorviante equiparare il collegamento dei cabinet che sta realizzando Tim con i collegamenti Ftth oggetto dei tre bandi pubblici vinti da Open Fiber. Si tratta di progetti completamente diversi. Tim non ha la capacità di investimento per sostenere la realizzazione dell’infrastruttura del futuro che è la fibra fino a casa, tanto è vero che sta imbarcando un fondo americano che apporterà risorse aggiuntive”.

Manzella (Mise): “Per investimenti cruciale presenza Stato in società della rete”

A sottolineare l’importanza “della presenza dello Stato significativa nella società chiamata a gestire la rete unica” è stato in queste ore anche Gian Paolo Manzella, sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico. 

“Insieme alla consapevolezza dell’importanza della Rete unica”, ha detto Manzella, “avanza l’esigenza che i nuovi assetti del settore delle comunicazioni rispettino:

  • i consolidati principi della concorrenza in materia; 
  • le esigenze di sicurezza proprie di una rete sempre più strategica per cittadini, imprese ed amministrazioni; 
  • la necessità di investimenti ingenti per potenziare la rete in fibra e farla arrivare al più presto in tutto il Paese superando ogni digital divide. 
  • Concorrenza, Sicurezza, Investimenti, quindi”.

    “Per tenere insieme queste diverse esigenze”,
    ha chiarito il sottosegretario, “è cruciale un assetto che veda una presenza dello Stato significativa nella società chiamata a gestire la rete unica e, auspicabilmente, la presenza nella sua compagine azionaria di operatori del settore e finanziatori di lungo termine specializzati”.

“Presto tavolo operativo sul futuro delle Tlc italiane”

Così Gian Paolo Manzella chiede di “avviare il ‘Tavolo operativo’ sul futuro delle Tlc italiane con operatori e regolatori su cui il Parlamento ha impegnato il governo a luglio: solo da un confronto aperto e dalla conoscenza delle diverse posizioni in campo puo’ emergere una soluzione capace di tenere insieme questi aspetti e che sia ampiamente condivisa. Mi auguro questo tavolo sia convocato e questo esito sia possibile”, ha concluso.

Il governo, dunque, dovrà essere in grado di cogliere le sfide tecnologiche che come sistema Paese dovremo affrontare nei prossimi mesi ed anni, sfruttando, in primisi, una parte delle risorse del recovery fund per renedere l’Italia più digitale. 

Ecco 3 mosse per farlo.