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Rete unica, Franco Bassanini (Astrid) ‘Vantaggi del merger Tim-Open Fiber e switch off del rame’

Bassanini

Una rete unica, non verticalmente integrata, non sotto il controllo di Tim ma con un ruolo centrale di Cdp (Cassa Depositi e Prestiti). Questa, secondo Franco Bassanini, nelle vesti di presidente di Astrid, la soluzione migliore per realizzare in tempi stretti una reta a banda ultralarga in Italia. La vision del presidente di Open Fiber è affidata ad un paper di 37 pagine per la Fondazione Astrid, che immagina “un’unica società della infrastruttura di rete di Tlc fissa, quotata che vedrebbe Cdp dunque il Governo come azionista importante”. Bassanini va oltre e immagina che “nel perimetro della società potrebbe essere inclusa, eventualmente, anche l’infrastruttura orizzontale passiva per il 5G, in forte sinergia con la rete FTTH, se il merger si estendesse anche a Inwit”.  

Vantaggi della infrastruttura unica

La competizione infrastrutturale in Italia, secondo il presidente di Astrid, “rischia di generare una inefficiente duplicazione di investimenti in alcune aree, lasciando le altre aree totalmente prive di copertura. E genera problemi di sostenibilità per tutti i competitori, e dunque una possibile crisi dello stesso assetto competitivo”, scrive Bassanini.

La società della infrastruttura unica non verticalmente integrata, invece, in grado di attrarre, secondo il presidente di Astrid e Open Fiber, “investitori di lungo termine interessati all’asset class della fibra – sarebbe invece in condizione di imprimere una forte accelerazione agli investimenti nella realizzazione delle rete di ultima generazione (FTTH e infrastruttura passiva della rete 5G) che rappresenta un fattore decisivo per la crescita e la competitività del Paese nella Gigabit Society dei prossimi anni”.

Quali vantaggi per Tim e Open Fiber?

Gli azionisti di Open Fiber, che sono Enel e Cdp (“entrambi partecipati dallo Stato”, precisa Bassanini), “hanno interesse alla fusione tra la nuova infrastruttura FTTH di Open Fiber e una infrastruttura in buona parte obsoleta e destinata alla dismissione, come la infrastruttura di rete in rame o ibrida dell’Incumbent Tim?”. La risposta in un primo momento sembrerebbe negativa, visto che secondo Bassanini “la fusione fra le due infrastrutture produrrebbe minori sinergie di quelle astrattamente ipotizzabili. Diversa è infatti l’architettura delle due reti infrastrutturali”. Rame e fibra producono performance diverse, e le rispettive reti di Tim e Open Fiber partono da luoghi fisici diversi: per Tim dagli armadi, per Open Fiber dai POP, i locali fisici nei quali Open Fiber “in qualità di operatore wholesale only” ospita gli apparati dei diversi service provider funzionali all’attivazione del servizio G-PON. Insomma, i tracciati delle rispettive reti sono diversi pur raggiungendo gli stessi clienti.

Dove sono le sinergie maggiori?

Le sinergie maggiori riguardano dunque, essenzialmente, “le infrastrutture passive (cavidotti, linee aree palificate, dotti verticali negli edifici) laddove i tracciati tra le due reti coincidono, e dunque laddove queste infrastrutture sono collocate in modo da poter essere effettivamente utilizzate nella costruzione della nuova tecnologia FTTH/FWA”. Quindi, da un punto di vista tecnologico, lo sviluppo della fibra subirebbe una forte accelerazione potendo sfruttare le infrastrutture passive che oggi Tim utilizza per il rame e convertite alla fibra o al Fixed Wireless Access, le tecnologie future proof che garantiscono le prestazioni migliori in termini di velocità.  

I vantaggi principali del merger nelle aree grigie: 10 milioni di unità immobiliari

I punti principali a vantaggio del merger, prosegue Bassanini, sono il fatto che ad oggi circa il 90% delle famiglie e delle Pmi italiane sono connesse su infrastrutture di Tim, direttamente o tramite altri service provider (OLO). Il secondo deriva dal fatto che allo stato “nelle aree grigie la convenienza a investire è modesta/insufficiente” e il rischio è che quelle aree nei prossimi anni restino servite soltanto dalle reti ibride (FTTC) di Tim della quale “al netto di eventuali incentivi o contributi pubblici, tutti i service provider di servizi Tlc saranno costretti a servirsi per collegare famiglie e imprese residenti in quelle aree (quasi 10 milioni di unità immobiliari e oltre 1,5 milioni di imprese) sarebbero condannate per anni, in mancanza della unificazione delle due infrastrutture di Tim e Open Fiber, a un nuovo digital divide”, scrive Bassanini.

In sintesi, l’infrastruttura unica (FTTH, e potenzialmente 5G) avrebbe i seguenti vantaggi, si legge nel paper:

I vantaggi potenziali per Tim e lo switch off dal rame alla fibra

Infine, secondo Bassanini, la società della infrastruttura di Tim, (o meglio i suoi azionisti) una volta “realizzata la aggregazione/fusione con Open Fiber, beneficerebbe dei consistenti vantaggi regolatori attribuiti a un operatore non verticalmente integrato (previsti dal nuovo Codice Europeo delle Comunicazioni elettroniche per gli operatori che adottano il modello wholesale only ndr) della possibilità di concentrare le risorse nella accelerazione degli investimenti sulla rete in fibra, e di programmare e gestire uno switch off integrale del rame alla fibra, man mano che il roll out della infrastruttura FTTH procede; potrebbe anche, alla fine, ottenere il riconoscimento degli stranded cost per l’anticipata chiusura/dismissione della rete in rame (divenuta di sua proprietà per effetto della aggregazione fra le due infrastrutture ex Tim e Open Fiber)”.   

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