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Rete unica, Bruxelles dirà no al monopolio e CDP sia cauta. Siamo solo all’inizio e succederà di tutto

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Sino ad ora abbiamo assistito allo scodellamento di semplici disponibilità dei soggetti pubblici. La partita della rete unica parte, in effetti, solo ora ed avrà stop-and-go in numero di gran lunga superiore a quanto la narrazione di queste ore tenda sbadatamente ad accreditare.

I maggiori esperti europei del settore sulla rete unica, da noi contattati, ritengono impossibile che la Commissione Europea possa accettare il ritorno al monopolio di fatto, come le notizie di ieri lasciano chiaramente intendere.

I vulnus della proposta di TIM con rete unica

La soluzione proposta da TIM è stata accettata supinamente “obtorto collo” dal Governo italiano che è dovuto intervenire in emergenza di fronte alla crisi irreversibile di una azienda, come TIM, che ha accumulato un debito lordo di oltre 33 miliardi di euro, con fatturati e margini in calo vistoso e personale di età media molto avanzata ed in vistoso esubero.

La situazione è molto chiara.

La NewCo proposta da TIM, secondo il nuovo Codice delle Comunicazioni Elettroniche (che dovrà essere trasposto in Italia entro il 21 dicembre 2020) non si può considerare come wholesale only perché l’operatore incumbent (cioè TIM) ne detiene la maggioranza ed il controllo.

Nessuna forma di governance può superare le regole previste dal Codice europeo.

La NewCo di TIM non può neanche rientrare nel co-investment previsto dai regolamenti UE, trattandosi di fatto di un ritorno al monopolio con rete unica e senza competizione infrastrutturale.

Il co-investment riguarda infatti solo i nuovi investimenti, quindi non ancora effettuati, e riguarda solo FTTH

Investimenti pregressi e infrastrutture di rame non possono rientrare nel co-investimento.

Cosa farà Bruxelles? Certo non consentirà il ritorno a un monopolio di fatto

Bruxelles, che a quanto ci risulta ha già acceso un faro sul caso italiano, è preoccupata per gli sviluppi che la vicenda sta prendendo nelle ultime ore.

La UE potrebbe dare il via libera all’operazione solo se TIM accettasse di vendere per intero la sua quota nella NewCo, quella che in gergo viene chiamata “separazione strutturale“.

Questo potrebbe essere un aiuto prezioso per il governo italiano e per Cassa Depositi e Prestiti (CDP), che con la giustificazione dei remedies imposti delle Autorità europee potrebbero conquistare la maggioranza ed il pieno controllo della NewCo.

La nuova società sarebbe inoltre sottoposta dalla Commissione Europea ad una regolamentazione molto stringente. 

Con il progetto ieri paventato dal governo italiano, venendo meno la competizione infrastrutturale e rimanendo l’incumbent verticalmente integrato, la NewCo sarebbe soggetta sicuramente ad una regolamentazione ai costi di un operatore efficiente e la RAB non sarebbe applicabile. Il personale in eccesso non potrebbe più, ovviamente, essere calcolato nei costi. Naturalmente aumenterebbe l’incertezza sul mercato e crescerebbero i contenziosi con gli operatori alternativi, per possibili abusi tesi ad impedire che la NewCo possa con le tariffe wholesale impropriamente sussidiare la unità retail di TIM.

Il problema degli investimenti

Poi c’è il problema della garanzia degli investimenti.

TIM ha ridotto lo scorso anno gli investimenti industriali di oltre il 40% e nei primi sei mesi del 2020 di un ulteriore 15%.

È lecito domandarsi allora, come gli investimenti possano improvvisamente aumentare, se sono diminuiti anche con la concorrenza infrastrutturale.

È chiaro a tutti che TIM cercherà, presumibilmente, di rinviare gli investimenti in FTTH e tenere il più a lungo possibile in uso la vecchia infrastruttura di rame.

In Olanda quando KPN fece l’acquisizione del competitor infrastrutturale Reggfiber sospese tutti i nuovi investimenti in FTTH per anni. E il ricordo è ancora ben vivo negli ambienti della Commissione Europea, anche se in Olanda, come peraltro in tutti i paesi europei ad esclusione della Grecia, esistono più reti in concorrenza.

Le scelte deboli del governo su rete unica. Prevalgono le ragioni elettorali?

Ieri il governo ha dato il segnale verde all’avvio di un percorso di verifiche (e non alla costituzione della società unica della rete, come molta stampa ha erroneamente riportato).

Si è avuta la sensazione di un uso strumentale della vicenda, accompagnata da un clamore senza precedenti. Come dire: siamo in alto mare con l’Ilva, non sappiamo che ne sarà di Alitalia, ma intanto diamo al Paese la società della rete (a giudicare dalle dichiarazioni dei leader politici nelle piazze delle elezioni regionali).

Intanto lunedì 31 agosto ci saranno i Cda di TIM e di CDP.

Sino ad ora abbiamo assistito allo scodellamento di semplici disponibilità dei soggetti pubblici.

La partita della rete unica parte, in effetti, solo ora ed avrà stop-and-go in numero di gran lunga superiore a quanto la narrazione di queste ore tenda sbadatamente ad accreditare.