La replica

Rai risponde a Donne e Media: ‘D’accordo per offerta su parità di genere’

di Gabriella Cims, Promotrice Appello Donne e Media |

L’Appello Donne e Media aveva denunciato con una lettera aperta il ruolo delle donne-cornicette in alcuni programmi Rai, chiedendo rapidi interventi.

E’ senza dubbio un grande riscontro per l’Appello Donne e Media la significativa risposta della Rai, a seguito della segnalazione inviata alla Commissione Parlamentare di Vigilanza e alla stessa dirigenza della tv pubblica, sulla mancata attuazione della policy di genere vigente nel Contratto di Servizio Pubblico, per il rispetto delle donne.

La lettera di segnalazione, come riportato da key4biz, è stata sottoscritta da un’autorevole rappresentanza dell’Appello Donne e Media, il network di associazioni, rappresentanze professionali, organismi di parità nazionali e territoriali, che ha elaborato e promosso la prima policy di genere del servizio pubblico televisivo, rendendo possibile l’inserimento di 13 articoli ad hoc nel Contratto di Servizio tutt’ora in vigore, vale a dire l’accordo con cui Rai e Governo, in base alla legge, sanciscono i doveri dell’azienda in quanto concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo.

Nella lettera protocollata, il management assicura che “la Rai condivide pienamente l’opportunità di definire una nuova e più moderna rappresentazione della donna nell’ambito della propria offerta complessiva”. E’ un segnale incoraggiante.

Ricordate quella puntata dell’Eredità, in cui Fabrizio Frizzi, il conduttore in giacca d’ordinanza, alle 18 circa del pomeriggio su Rai Uno, la rete ammiraglia, veniva attorniato da un gruppo di “professoresse” che gli autori hanno voluto far comparire con grembiulino annodato e scopa in mano per il balletto di inizio?? L’irritazione raccolta dall’opinione pubblica è stata notevole, come risulta dalle migliaia di condivisioni della notizia riportata da Huffington Post.

La nostra segnalazione incalzava la Vigilanza e la Rai: “ma professoresse di che cosa? Quale stimolo creativo ha ispirato l’autore del programma, pagato dalle cittadine e dai cittadini? Perché Rai consente ciò”?

Ebbene la segnalazione inviata dall’Appello ha preso le mosse proprio da quel particolare evento per mettere in evidenza come l’offerta televisiva della Tv pubblica sia ancora ben lontana dall’attuare l’obiettivo promosso dalla nuova regolamentazione, che le donne e gli uomini aderenti al network hanno promosso: realizzare, a partire dalla Rai, “un nuovo corso” nella rappresentazione delle donne nei mezzi di comunicazione, più rispondente alla realtà e decisamente meno stereotipata.

La prima risposta, l’abbiamo ricevuta proprio dalla Commissione Parlamentare di Vigilanza, il cui presidente, on. Roberto Fico, ci ha informato che “dopo ampio dibattito, l’Ufficio di presidenza ha unanimemente stigmatizzato l’immagine stereotipata della donna”  sottolineando tra gli impegni assunti dall’azienda quelli “ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lettera b), del vigente Contratto di servizio, che la impegnano a “valorizzare la rappresentazione reale e non stereotipata della molteplicità di ruoli svolti dalle donne, anche nelle fasce di maggior ascolto”.

 

Ma la lettera dell’Appello Donne e Media ha mirato a segnalare una situazione che va ben oltre la singola trasmissione succitata.

Ora è evidente, anche dalla trasmissione segnalata nel dettaglio, che le fila professionali della Rai non sono affatto informate sugli obblighi che l’azienda si è assunta dal 2011 con il Contratto, siglando gli impegni proposti dall’Appello per la policy di genere e dando con ciò per prima un segnale di grande attenzione al tema. D’altronde non è mestiere di autori, registi, giornalisti, pubblicitari, creativi, conduttori, leggere la regolamentazione vigente. Ma è sicuramente dovere dell’azienda concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo informare i propri professionisti e i propri fornitori sugli obblighi che essa sigla con il governo, proprio per differenziare la propria attività da quella delle Tv commerciali che, a differenza della Rai non percepiscono alcun canone. In Rai si dovrebbe riflettere sul fatto che se i cittadini in fondo sono disposti a pagare una tassa (questo è il canone), sicuramente è perché si aspettano qualcosa di diverso e distinguibile rispetto all’offerta fruibile sulle altre Tv e sugli altri network.

La Rai svolge un ruolo di Tv pubblica se contribuisce a migliorare la società: è forse questo il messaggio più forte e significativo che si può cogliere della tempestiva consultazione avviata proprio da key4biz in queste settimane, La Rai Che Vorrei, che ha anticipato e stimolato la consultazione pubblica convocata a Roma il 12 aprile, dal Ministero dello Sviluppo Economico.

E allora come si fa? Occorre promuovere una specifica azione informativa e formativa sul tema.

E su questo, è assai significativo il tono della risposta all’Appello Donne e Media, in cui la Rai sottolinea la propria “disponibilità a contribuire all’approfondimento della tematica in questione”, cogliendo anche alcune proposte concrete avanzate dall’Appello.

Vi è una grande aspettativa da parte dell’opinione pubblica per questo dossier e lo conferma anche l’emblematica partecipazione dei soggetti che hanno sottoscritto la segnalazione, in rappresentanza del network dell’Appello.

Tra le sottoscrizioni, quella della Consigliera nazionale di parità, Francesca Cipriani, il coordinamento Consulta delle Donne, molte associazioni storicamente impegnate nell’affermazione dei diritti delle donne, tra le quali Fidapa BPW Italia, UDI– Unione Donne in Italia, CIF-Centro Italiano Femminile, Soroptimist International, Zonta International, AIDDA-Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti, gli organismi di parità dell’Associazione Nazionale Magistrati, di ENEA, degli atenei delle Università Sapienza di Roma, Roma Tre, Tor Vergata, della Federazione Nazionale della Stampa, dell’Associazione Stampa Romana, il presidente di Pubblicità Progresso, Alberto Contri, il direttore dello stesso quotidiano che ci ospita, Raffaele Barberio, la dirigente del Bic Lazio, Laura Tassinari.

Abbiamo espresso “seria preoccupazione per l’inadeguata attuazione degli impegni siglati da Rai” che, dal 2011, ha accettato le nuove sfide per una rappresentazione non stereotipata delle donne, proposte nel Contratto di Servizio su iniziativa dell’Appello Donne e Media. Abbiamo puntualizzato che “ad oggi, come risulta evidente anche dai dati raccolti nel monitoraggio dell’Osservatorio di Pavia, non si riesce a rilevare quella linea editoriale innovativa volta all’attuazione della policy di genere cui Rai risulta impegnata dal 2011, con l’obiettivo di attuare una programmazione rispettosa della dignità umana, culturale e professionale delle donne, art.2-comma3”.

Indubbiamente una delle direttrici verso cui l’azienda dovrà dare risposte, se vorrà far sentire concretamente la peculiarità della sua offerta, sarà il recupero di credibilità da parte di quel 50% di donne che compongono il pubblico –nonché l’elettorato- del nostro Paese che oggi non si riconosce proprio più nel ruolo di “cornicetta” ondeggiante. Dove sono le donne quotidianamente impegnate in molteplici ruoli che danno un contributo innegabile di sviluppo e crescita a tutta la società? Finanche delle parlamentari elette nelle due camere (27,3% al Senato e 31,4% alla Camera in questa legislatura), in netto aumento rispetto alle precedenti legislature, non riusciamo che a vederne una misera parte nei talk show o nell’informazione Rai: è possibile?

Le donne in Rai, anche e soprattutto nell’informazione e nell’approfondimento, a dispetto dei tanti uomini “esperti in qualcosa” rischiano di essere relegate a ruolo di intervistate dalla strada o di vittime di violenza e qui si aprirebbe tutto un mondo sulla modalità di raccontare tali notizie in un’ottica di genere.

Ma anche nell’intrattenimento: una semplice ripresa di un concorrente e di una concorrente in un quiz può determinarne la differente percezione. Donna: inquadratura che parte dalle gambe, il viso arriva per ultimo. Uomo: stacco immediato sulla faccia e il conduttore che subito chiede “di cosa ti occupi”? Ci avete mai fatto caso?

Ogni scelta editoriale non è neutrale rispetto alla crescita della società: la responsabilità è enorme.

Dal consenso che riceviamo quotidianamente sui nostri network, anche da parte di ragazzi e uomini, possiamo assicurare che forse anche loro non hanno voglia di stimoli sessuali gratuitamente sollecitati ad ogni ora.

Voltare pagina, Istituzioni, Tv pubblica, società: insieme si può. Ma urgono chiari segnali e altrettanto chiare iniziative.

La risposta del management Rai ci fa intravedere nuova consapevolezza e volontà.