Servizio pubblico

Appello Donne e Media, la Vigilanza conferma: ‘La Rai non ha rispettato la policy di genere’

di Redazione |

Cosa farà adesso la Rai? Come intende attuare gli impegni per la policy di genere assunti dal 2011 che non risultano rispettati nel programma ‘L’Eredità’?

Con una lettera dell’on. Roberto Fico, presidente della Commissione Parlamentare di Vigilanza dei servizi radiotelevisivi, l’Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha risposto alla promotrice dell’Appello Donne e Media, Gabriella Cims, a seguito della segnalazione inviata alla Commissione sulla programmazione Rai in tema di rispetto delle donne.

La lettera di segnalazione, inviata anche ai vertici Rai, è stata sottoscritta da un’autorevole rappresentanza dell’Appello Donne e Media, il network di associazioni, rappresentanze professionali, organismi di parità nazionali e territoriali, che ha elaborato e promosso la prima “policy di genere del servizio pubblico televisivo, sensibilizzando sia la Commissione paritetica Governo-Rai, sia la stessa Commissione di Vigilanza, rendendo così possibile l’inserimento di 13 articoli ad hoc nel Contratto di Servizio tutt’ora in vigore, la carta in cui Rai e Governo sanciscono i doveri dell’azienda in quanto concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo.

Tra le sottoscrizioni, quella della consigliera nazionale di parità, Francesca Cipriani, il coordinamento Consulta delle Donne, molte associazioni storicamente impegnate nell’affermazione dei diritti delle donne, tra le quali Fidapa BPW Italia, UDI, CIF, Soroptimist International, Zonta International, AIDDA, gli organismi di parità dell’Associazione Nazionale Magistrati, di ENEA, degli atenei Università Sapienza di Roma, Roma Tre, Tor Vergata, della Federazione Nazionale della Stampa, dell’Associazione Stampa Romana, il presidente di Pubblicità Progresso, il direttore del quotidiano sulla digital economy key4biz.it, la dirigente del Bic Lazio.

Nella lettera alla Vigilanza, il network ha espresso “seria preoccupazione per l’inadeguata attuazione degli impegni siglati da Rai” che, dal 2011, ha accettato le nuove sfide per una rappresentazione non stereotipata delle donne, su iniziativa dell’Appello Donne e Media. “Ad oggi – prosegue la lettera – come risulta evidente anche dai dati raccolti nel monitoraggio dell’Osservatorio di Pavia, non si riesce a rilevare quella linea editoriale innovativa volta all’attuazione della policy di genere, quel “nuovo corso” che avrebbe dovuto innescarsi con l’obiettivo di attuare una programmazione “rispettosa della dignità umana, culturale e professionale delle donne” (art.2-comma3)”.

Con la lettera, Appello Donne e Media, partendo da uno specifico caso, ha posto in realtà la questione sotto un profilo generale, ben più ampio.

Nel particolare, è stata segnalata una puntata dell’Eredità che va in onda alle 18.45, in ottima fascia d’ascolto, su Rai Uno, la rete ammiraglia del servizio pubblico. Secondo Appello Donne e Media, “il ruolo delle donne-cornicette che contornano il conduttore è umiliante, retrogrado e offensivo e assolutamente non rappresentativo del contributo che le donne danno alla società”. In quella puntata, attorno al conduttore Fabrizio Frizzi, le 4 ragazze che usualmente lo contornano sono apparse indossando un grembiulino da cucina e impugnando ciascuna una scopa con la quale, ballicchiando, hanno simulato le pulizie del pavimento dello studio. Si tratterebbe delle “professoresse”, questo è il ruolo attribuito loro dagli autori del programma e con cui Frizzi le presenta al pubblico. Nella lettera, l’Appello Donne e Media ha rivolto alla Commissione di Vigilanza le domande: “ma professoresse di che cosa? Quale stimolo creativo ha ispirato l’autore del programma, pagato dalle cittadine e dai cittadini? Perche Rai consente ciò”?

Quando alle ragazze viene data la parola e la situazione è persino peggiorata: devono rendere omaggio alle 300 puntate del conduttore ed è tutta una profusione di “quanto sei bravo Fabrizio”, “quanto sono fortunata a lavorare con te” e via discorrendo, con un asservimento imbarazzante al protagonista maschile di turno.

“Il management della Rai, servizio pubblico televisivo del nostro Paese, ritiene forse che questo sia il modo più corretto per dare attuazione alla succitata policy di genere? Questo è il primo chiarimento rivolto alla Vigilanza nella lettera della promotrice dell’Appello.

Il presidente della Vigilanza risponde che “l’Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi della Commissione che presiedo, nella seduta dello scorso 3 marzo, ha esaminato la segnalazione indirizzata dal network “Appello donne e media” alla presidenza della Commissione e ai vertici della Rai, in merito alla rappresentazione della figura femminile emersa in apertura del programma “L ‘Eredità” andato in onda lo scorso 10 febbraio”.

Nella sua risposta, l’onorevole Roberto Fico ha riconosciuto che “dopo ampio dibattito, l’Ufficio di presidenza ha unanimemente stigmatizzato l’immagine stereotipata della donna, ancora legata a ruoli domestici e in una posizione subordinata rispetto all’uomo, emersa nella trasmissione, convenendo sul fatto che l’azienda non si sia attenuta, nella circostanza, agli obblighi assunti ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lettera b), del vigente Contratto di servizio, che la impegnano a “valorizzare la rappresentazione reale e non stereotipata della molteplicità di ruoli svolti dalle donne, anche nelle fasce di maggior ascolto”.

 

Ma la lettera dell’Appello Donne e Media ha mirato a segnalare una situazione che va ben oltre la singola trasmissione succitata.

In via generale, ha inteso evidenziare come tra gli impegni siglati da Rai a seguito dell’iniziativa del 2011, spicca quello ad “attuare una programmazione rispettosa della dignità umana, culturale e professionale delle donne” (art.2-comma3). L’azienda dunque è per legge impegnata a “valorizzare la rappresentazione reale e non stereotipata della molteplicità di ruoli svolti dalle donne”.

Nella segnalazione rivolta alla Vigilanza, la promotrice dell’Appello sottolinea che “è quanto mai urgente che in Rai, a tutti i livelli, anche quelli operativi (come autori, registi, capistruttura, direttori di rete) si promuova una maggiore consapevolezza degli impegni assunti con legge, ex artt. 45-46 del Testo Unico della Radiotelevisione, fonte del Contratto di Servizio. Se oggi si effettuasse un’indagine interna –chiede Cims-  quanti risulterebbero a conoscenza dei 13 articoli che costituiscono la policy di genere”?

 

L’Ufficio di Presidenza della Vigilanza ha riflettuto anche su questa istanza di carattere generale e nella lettera risponde che “attesa la particolare rilevanza del tema, la Commissione intende sottoporre quanto prima la questione all’attenzione della Rai, non essendosi trattato di un episodio isolato, come emerge anche dai dati del monitoraggio, riferiti all’anno 2014, contenuti nel report che, l’azienda è tenuta annualmente a presentare ai sensi del comma 7 del medesimo articolo e dal quale emergono ancora diversi punti critici, pur nell’ambito di una generale rappresentazione dignitosa e rispettosa delle donne”.

Ma l’Appello Donne e Media chiede un segnale ulteriore al Presidente e ai componenti della Commissione parlamentare preposta a vigilare sull’attuazione dei compiti della Tv pubblica: “quali iniziative intendano adottare per vigilare sull’attuazione dell’impegno assunto dalla Rai (art 9-comma b) a ‘programmare trasmissioni idonee a comunicare al pubblico una più completa e realistica rappresentazione del ruolo che le donne svolgono nella vita sociale, culturale, economica del Paese, nelle istituzioni e nella famiglia, valorizzandone le opportunità, l’impegno ed i successi conseguiti nei diversi settori, in adempimento dei principi costituzionali”?

Qui si tratta di nuovi contenuti, dell’Offerta televisiva, il cuore della Rai, vale a dire i programmi che l’azienda deve porre in essere poiché distintivi del servizio pubblico, rispetto alle tv commerciali. Proprio sulla base di ciò, il 7 marzo 2012, il management Rai e il governo avevano annunciato un “programma sulle donne e sulla loro partecipazione nella società, nel segno della modernità e del talento”.

L’iniziativa, ad oggi, non ha ancora trovato attuazione.

Può Rai, l’azienda concessionaria della tv pubblica, non rispettare gli impegni presi per legge?

E come può confrontarsi con l’obbligo dei cittadini, per legge tenuti a corrispondere il canone?

L’auspicio è che la sollecitazione della Commissione, con l’iniziativa della rete da anni mobilitata da Appello Donne e Media sul tema, possano sortire un cambio esplicito di rotta. Da parte sua, il presidente della Vigilanza nella lettera assicura che “è intendimento della Commissione, in corrispondenza della trasmissione dei dati del monitoraggio per l’anno 2015, procedere a un approfondimento del tema, anche confrontandosi con la concessionaria e le organizzazioni coinvolte”.

La promotrice dell’Appello, insieme alle rappresentanze in calce, ritengono non più rinviabile la posa in essere di una roadmap di iniziative che diano un segnale concreto e più soddisfacente del ruolo che Rai può (e deve) assumere sul tema della pari rappresentazione tra uomini e donne.

La lettera di risposta della Commissione di Vigilanza Rai all’Appello Donne e Media

La Lettera inviata alla Vigilanza e alla Rai

Le adesioni all’Appello Donne e Media