Servizio pubblico

Rai, dopo il canone bagarre sulla concessione

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In attesa del decreto attuativo per il canone in bolletta, la polemica si sposta sulla scadenza della concessione del servizio pubblico. Le tv commerciali chiedono l’eliminazione degli spot da almeno un canale Rai.

La Rai continua a rimanere sotto i riflettori. Mentre si accende la polemica sul rischio slittamento del canone in bolletta elettrica (manca ancora il decreto attuativo, ndr) e le associazioni dell’energia lanciano l’allarme, all’orizzonte si intravede un’altra sfida per il governo.

Manca infatti ormai poco, tre mesi circa, alla scadenza della concessione del servizio pubblico, per la quale si attende ancora l’avvio della consultazione, utile per raccogliere pareri delle parti per ridefinire la mission della tv pubblica. E anche su questo aspetto è in atto un dibattito che sta coinvolgendo tanti.

Anche i broadcaster privati sono scesi in campo. Si teme che la Rai rafforzi la propria posizione a svantaggio degli operatori più piccoli o che comunque si crei uno sbilanciamento sul mercato italiano dell’audiovisivo.

La Legge di Stabilità, approvata a dicembre, ha fissato che dal 2016 il canone Rai sarà integrato nella bolletta elettrica, ridotto a 100 euro dai precedenti 113 e spalmabile in dieci rate. Solo per quest’anno, considerati i necessari aggiustamenti tecnici, si dovrebbe pagarlo a luglio. Il condizionale è d’obbligo visto che manca ancora il decreto attuativo – il Ministero dello Sviluppo economico ha detto che sarà pronto ‘a breve’ – dopo di che spetterà all’Agenzia delle Entrate predisporre le modalità per chi autocertificherà di non doverlo pagare per le ragioni previste dalla legge.

Secondo le stime di Mediobanca, l’introduzione del canone in bolletta assicurerà alla Rai un maggior gettito di circa 280 milioni nel 2016 (pari al 33% delle somme recuperate dall’evasione).

Bisogna però precisare che fino al 2018 questo extra gettito verrà destinato al Fondo per la riduzione della pressione fiscale e a quello per le tv locali.

In altre parole, per due anni nelle casse Rai non entrerà un euro in più rispetto a prima.

 

Mirella Liuzzi (M5S): ‘Il governo rinunci al canone in bolletta’

Intanto i parlamentari del M5S hanno annunciato in Commissione di Vigilanza un’interrogazione parlamentare al Ministero dello Sviluppo economico a prima firma Mirella Liuzzi.

I motivi?

“I persistenti ritardi sui decreti che dovrebbero definire l’inserimento del canone in bolletta dimostrano l’incapacità del governo”, hanno dichiarato i parlamentari pentastellati.

“Quello di Giacomelli e Renzi è un pasticcio vero e proprio, che crea confusione e non agisce sulla mission del servizio pubblico, che diventerà così semplicemente un bancomat nelle mani dell’esecutivo”.

Il governo, dicono ancora, avrebbe dovuto definire i decreti che chiariscono le modalità dell’inserimento del canone in bolletta entro il 15 febbraio, “non lo ha fatto e dunque è inadempiente – hanno proseguito -. Invitiamo quindi Renzi a fare un passo indietro, chiedere scusa e rinunciare al canone in bolletta. Fin dal primo momento siamo stati contrari a questa assurda decisione, anche perché inganna i cittadini chiedendo loro i soldi per la Rai ma usandoli per altri fini”

 

Maurizio Gasparri (FI): ‘Il governo ha agito con superficialità e demagogia’

Sulla stessa linea anche il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri, che in Vigilanza ha rilanciato: “Sul futuro della Rai gravano molte incognite. Il governo ha voluto imporre il canone in bolletta, ma non è riuscito ancora a definire le modalità tecniche di questa riscossione”.

L’associazione delle imprese del settore, ha ricordato il senatore, “ha già bocciato sonoramente la norma rilevando come non siano stati ancora emanati i provvedimenti attuativi”.

“Si è agito con superficialità e demagogia – ha sottolineato Gasparri –, facendo una mini legge che ha dato il controllo della Rai al governo in maniera incostituzionale”.

Mediaset e La7: eliminare la pubblicità da almeno un canale Rai

Nel dibattito intervengono anche le tv commerciali. In particolare Mediaset e La7 chiedono al governo di intervenire sul sistema televisivo e di eliminare completamente la pubblicità in almeno uno o due canali importanti.

Così i broadcaster potrebbero equilibrare i loro conti dopo che la legge di Stabilità, se le previsioni fatte da Mediobanca dovessero rivelarsi corrette, concederà alla Rai un maggior gettito di circa 280 milioni nel 2016.

Denaro che si aggiungerà al miliardo e 650 milioni dell’attuale gettito del canone e ai 700 milioni di pubblicità per un totale di oltre 2 miliardi e 600 milioni.

Urbano Cairo, editore e proprietario di La7, ha commentato: “Assegnare a Viale Mazzini 280 milioni in più l’anno, in base alle stime di illustri istituzioni finanziarie, è uno scandalo. Inoltre negli ultimi quattro anni la tv pubblica ha fatto pure dumping, abbassando il costo della pubblicità del 38%”.

Questa operazione, ha indicato Cairo, “danneggia non solo le tv, ma anche moltissimo i quotidiani”. Secondo l’editore di La7, “l’esecutivo, che vuole portare avanti un’azione riformatrice, non può procedere in questo modo, privilegiando la Rai, che tra l’altro è la stessa azienda che viene controllata dalla politica. Un comportamento simile è dannoso per tutto il sistema dei media in Italia”.

Il consiglio?

“Ripensare il sistema televisivo, prevedendo anche un nuovo assetto per la pubblicità: se la Rai incassa 280 milioni in più dal canone, allora si tolga completamente gli spot da due canali importanti”, ha suggerito Cairo.

Niente pubblicità, quindi, come già avviene in Spagna e Gran Bretagna, oppure in Germania dove gli spot ci sono solo dalle 17 alle 20 e in Francia dove i consigli per gli acquisti possono andare in onda solo dopo le 20.

La posizione di Cairo è stata condivisa anche da Gina Nieri, consigliere di amministrazione di Mediaset e direttore degli affari istituzionali e legali: “Il servizio pubblico va affidato alla Rai che è una realtà adatta a questa mission e che andrebbe finanziata prevalentemente con i soldi pubblici – ha osservato Nieri -. Fa parte di un sistema che si tiene nel suo insieme e dunque il legislatore, entro maggio, quando si rinnoverà la concessione, dovrà regolare la quota di pubblicità appannaggio della Rai, con l’obiettivo di trovare un equilibrio per tutto il sistema dell’editoria”.

 

Cosa ne pensa Giacomelli?

A fine gennaio, al convegno a Roma ‘Microfoni @perti’, il Sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, è intervenuto su tema dei tetti pubblicitari, sostenendo che si tratta di “un tema vero, se ne può parlare, purché si riconosca che è giusto combattere l’evasione con il canone nella bolletta elettrica”.

“Il processo di eliminazione degli spot su alcune reti – ha puntualizzato il Sottosegretario – è stato già avviato. Da maggio infatti canali come Rai Yoyo (che da solo incassa 7 milioni di euro l’anno) e Rai Storia saranno senza interruzioni. Quello della pubblicità è un tema vero purché si riconosca che è giusto combattere l’evasione. Nella Legge di Stabilità è inoltre chiarito che solo parte dei soldi andrà alla Rai, un’altra parte andrà invece all’emittenza locale e alla riduzione della pressione fiscale”.

Bisognerà però vedere come funzionerà la lotta all’evasione con il canone in bolletta. Solo allora si potrà aprire un confronto sull’eliminazione della pubblicità dai canali Rai.

L’amministratore delegato Rai, Antonio Campo Dall’Orto, è comunque già al lavoro e ha annunciato di voler togliere gli spot da maggio anche su Rai Cinema e Rai 5.