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Quest’estate, la guerra dello streaming sarà fantasy

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Solo dieci giorni, ora più ora meno, separano il debutto di due serie televisive attesissime dagli appassionati di fantasy. House of the Dragon, il nuovo spinoff del Trono di Spade, arriverà su Sky (e NOW TV) il 22 agosto, mentre toccherà aspettare fino al 2 settembre per poter ritornare nella Terra di Mezzo con Il Signore degli Anelli: gli Anelli del Potere grazie ad Amazon Prime Video.

Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Solo dieci giorni, ora più ora meno, separano il debutto di due serie televisive attesissime dagli appassionati di fantasy. House of the Dragon, il nuovo spinoff del Trono di Spade, arriverà su Sky (e NOW TV) il 22 agosto, mentre toccherà aspettare fino al 2 settembre per poter ritornare nella Terra di Mezzo con Il Signore degli Anelli: gli Anelli del Potere grazie ad Amazon Prime Video. Proprio quest’ultima, la serie più costosa al mondo (in attesa che qualcos’altro superi il record: di solito accade abbastanza in fretta), è l’asso nella manica del servizio streaming di Amazon. Che sta tallonando sempre più da vicino Netflix per un altro trono, non di spade ma di miliardi di dollari: quello che attende chi riesce a imporsi come la piattaforma più vista al mondo. E sebbene la stessa Netflix – fresca del successo per la quarta stagione di Stranger Things – sia solo spettatrice del prossimo scontro, forse non le dispiacerà il tempismo con cui HBO lancerà il suo House of the Dragon per raccontare le vicende dalla casata Targaryen, sperando che i due contendenti si indeboliscano a vicenda, e che una porzione non trascurabile di spettatori ne abbia presto abbastanza di draghi e incantesimi e finisca col guardare solo una tra le due serie.

Streaming: a Westeros si lavora per altri tre spinoff

Se l’azienda di Jeff Bezos non ha certo risparmiato un centesimo per raccontare la Seconda Era dell’universo di Tolkien (prendendosi più di qualche libertà, secondo i puristi), una recente ricerca di Parrot Analytics ha evidenziato come il Trono di Spade sia ancora il titolo on demand più visto degli ultimi tre anni. Anche per questo HBO non ha esitato a ordinare un altro spinoff su uno dei personaggi più amati della saga di Westeros, Jon Snow, al momento in sviluppo col semplice titolo di lavorazione di Snow, che gioca sia sul cognome da trovatello di chi in realtà è Aegon Targaryen e sulla caratteristica distintiva del probabile scenario della serie, il grande nord oltre la Barriera. Come ha confermato lo stesso George R.R. Martin, altri tre titoli ambientati a Westeros sono in preparazione: Ten Thousand Ships, sulla principessa guerriera dei Rhoynar Nymeria, antenata dei signori di Dorne, Sea Snake sulle avventure di Corlys Velaryon (a sua volta spinoff di House of the Dragon) e The Hedge Knight (o Knight of the Seven Kingdoms) sull’altro ciclo di novelle scritto da Martin, Il cavaliere dei Sette Regni.  Anche qui – malgrado non sia ancora sicuro che tutti, o anche solo uno, degli show proposti possa entrare ufficialmente in produzione – i fan più intransigenti hanno storto il naso, visto che vorrebbero lo scrittore all’opera sugli ultimi due libri della saga principale, attesi ormai da anni, e non “distratto” da consulenze creative sui prossimi show televisivi. Ma la sfida della tv streaming è troppo importante: è proprio su questi titoli, con un potenziale bacino di decine di milioni di spettatori, che si basa buona parte della strategia dei vari attori di un mercato sempre più concorrenziale, con gli utenti che ogni mese possono decidere se attivare un abbonamento per una o più piattaforme, e quali (magari scegliendoli grazie ai comparatori come SOSTariffe.it).

Proprietà intellettuale: c’è una via d’uscita per la serialità televisiva?

Malgrado Il trono di spade sia terminato nel 2019 con una stagione, l’ottava, che non è piaciuta né ai critici né agli appassionati, lo show continua ad essere tra i più richiesti in assoluto per l’on demand (il senso degli spinoff è anche questo: convincere chi non ha mai visto ciò che c’è stato prima a recuperare). Per capirci, anche ora questa serie vecchia di tre anni in USA fa più o meno gli stessi numeri di titoli di grande successo in onda in queste settimane, come le nuove stagioni di Better Call Saul o The Boys; su scala mondiale, la richiesta è 78 volte superiore a quella dello show medio, e ha ancora più spettatori dell’ultimo Obi-Wan Kenobi con Ewan McGregor, pur al quinto posto in assoluto tra le serie attualmente più viste. Insomma, HBO ha tutto l’interesse a inserirsi in questa dittatura dell’IP (proprietà intellettuale, tutto ciò che costituisce un “universo” narrativo, vedi Star Wars o i prodotti Marvel) di cui si è spesso parlato negli ultimi mesi, e che secondo molti costituisce un grosso limite alla creatività degli spettacoli televisivi o in streaming. Meglio riproporre qualcosa di molto simile a un successo precedente piuttosto che rischiare con un prodotto davvero nuovo, insomma.

Gli Anelli del Potere e le aspettative

Dall’altra parte Amazon centellina sapientemente i teaser e i trailer dei suoi Anelli del Potere, una corazzata ancora più imponente, visto che alle spalle ha uno dei libri più venduti della storia (dietro alla Bibbia e forse a Racconto di due città di Dickens e Il piccolo principe) e tre film (più i tre dello Hobbit) che hanno raccolto diciassette Oscar e incassi complessivi per sei miliardi di dollari. Proprio per via di un’eredità tanto pesante, i creatori della serie, Patrick McKay e J.D. Paine – che, va detto, non sono esattamente nomi di primissimo piano tra gli sceneggiatori USA, noti perlopiù per Star Trek: Beyond – hanno precisato che la loro è una storia indipendente. Si sono quindi mossi tra i (pochissimi) vuoti del colossale corpus tolkieniano, anche perché non hanno i diritti per quello che è considerato il “Vecchio Testamento” dell’universo del professore inglese, il Silmarillion. Sviluppare il materiale appenna accennato da Tolkien nelle appendici al Signore degli Anellisulla Seconda Era, con diverse forzature anche sul piano temporale, ha comunque richiesto un investimento stratosferico, 465 milioni di dollari per le otto puntate della prima stagione (ne sono previste cinque); per capirci, chi è al secondo posto – The Crown – non ha superato i 130 milioni a stagione, e lo stesso Trono di Spade, subito dietro, è costato “appena” 10 milioni di dollari a episodio. Insomma, l’aspettativa – l’hype, come si dice – c’è tutta, e un successo o un fallimento potrebbero segnare la direzione della serialità televisiva e rivoluzionare l’approccio allo streaming. Fra un mese e mezzo se ne saprà di più, draghi e anelli si stanno preparando.