Fondi cultura

Pubblicato il bando Mise da 40 milioni per il Fondo per le Imprese Culturali e Creative ed imminente quello del Mic da 115 milioni  

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Una innovativa iniezione di risorse pubbliche per rafforzare il tessuto delle piccole e medie imprese che operano nel settore culturale e artistico: serve una agenzia specializzata di supporto tecnico.

Chi redige queste note sul quotidiano online “Key4biz” (dedicato all’economia digitale ed alla cultura del futuro), ovvero la rubrica “ilprincipenudo” curata da IsICult, non può che plaudire allorquando alcuni annunci si concretizzano (e si passa dalle belle intenzioni agli atti operativi), anche in considerazione che nel lontano 1992 ha fondato un centro di ricerca indipendente denominato non a caso “Istituto italiano per l’Industria Culturale” (trent’anni fa era intrapresa ardita, anche solo a livello di “naming”): siamo in grado di anticipare che entro giugno verranno pubblicati i bandi a favore delle imprese culturali e creative che la Sottosegretaria alla Cultura Lucia Borgonzoni ha annunciato un mese fa, e che abbiamo opportunamente ben segnalato su queste colonne (vedi “Key4biz” del 6 maggio 2022, “Pnrr, 155 milioni di euro per sostenere le ‘micro’ e ‘piccole imprese’ culturali e creative italiane”), ed il 30 maggio il Dg del Mise Giuseppe Bronzino ha firmato il Decreto Direttoriale che disciplina i termini e le modalità di presentazione delle domande di agevolazioni a valere sul “Fondo per le Piccole e Medie Imprese Creative”, un’altra misura che intende anch’essa contribuire al rafforzamento del tessuto “industriale” del sistema culturale italiano.

Si tratta di rispettivamente di 115 milioni di euro da parte del Ministero della Cultura (Mic) e di 40 milioni di euro da parte del Ministero dello Sviluppo Economico (Mise). Per un totale di ben 155 milioni di euro (115 Mic + 40 Mise).

Il Direttore Generale della Dg Creatività Contemporanea del Mic (Dg Cc) Onofrio Cutaia ci ha infatti confermato che la gestazione dei primi bandi dei fondi Mic da Pnrr per le imprese culturali e creative, relativi alla “Area 2”, ovvero al “digitale”, con una dotazione di 115 milioni di euro, è ben avanzata e che “entro giugno” verranno pubblicati. Peraltro in coerenza con quanto annunciato da lui stesso e dalla Sottosegretaria leghista il 6 maggio scorso al Collego Romano.

Ci siamo domandati se e come questo intervento pubblico interagisse con altro sostegno dello Stato, ovvero il succitato “Fondo per le Piccole e Medie Imprese Creative” ed il Dg Cutaia ci ha risposto che si tratta di “azioni diverse”: che siano diverse è indubbio, e che pure esse interagiscano tra loro e per alcuni aspetti si sovrappongano è altrettanto indubbio.

Procediamo con ordine: in un lungo articolo apparso lunedì scorso 30 maggio 2022 sul quotidiano romano “Il Messaggero”, Gian Paolo Manzella, uno dei più appassionati studiosi di politica culturale e di economia della creatività in Italia (nonché Assessore allo Sviluppo Economico nella Giunta Zingaretti alla Regione Lazio, dal marzo 2018 al settembre 2019; Sottosegretario al Mise nel Conte 2, dal settembre 2019 al febbraio 2021), ha ricordato le origini del Fondo gestito dal Mise ed ha manifestato ottimismo per l’avvio della sua operatività. Secondo alcuni, Manzella può essere considerato il primo ideatore ovvero ispiratore di questo Fondo.

Si tratta di un “Fondo per le Imprese Creative” che è stato istituito con la Legge Finanziaria del 2021 (ovvero dall’articolo 1, comma 113, della legge 30 dicembre 2020, n. 178). Più esattamente, si tratta del “Fondo per le piccole e medie imprese creative”, con una dotazione di 20 milioni per ciascuno degli anni 2021 e 2022, istituito con l’obiettivo di sostenere le imprese creative, attraverso la concessione di contributi, l’agevolazione nell’accesso al credito e la promozione di strumenti innovativi di finanziamento, nonché altre iniziative per lo sviluppo del settore…

L’iniziativa va apprezzata, sostiene Manzella, “non per la dimensione finanziaria” in sé (si tratta di soltanto 20 milioni di euro l’anno, e per gli anni 2020 e 2021 soltanto), “ma, piuttosto, per quel che rappresenta e, soprattutto, quel che può rappresentare. Prima di tutto perché, per la prima volta, nelle prossime settimane ci sarà un sostegno finanziario che parla direttamente ad un mondo, quello creativo, che non aveva ancora conosciuto a livello nazionale strumenti finanziari dedicati”.

In verità, nelle prossime settimane, ai 40 milioni di euro di questo fondo andranno ad affiancarsi i 115 milioni di euro dei fondi destinati alle stesse imprese culturali e creative (ovvero la prima tranche dei 155 milioni da “Recovery Plan”): complessivamente, vengono quindi iniettati nel sistema culturale italiano ben 155 milioni di euro (cui andranno ad aggiungersi gli ulteriori 40 milioni da “Pnrr”).

Ricorda Manzella: “certo vi erano regimi di incentivazione settoriali – pensiamo a quelli per il cinema – ma mancava un dispositivo che parlasse all’intero settore. Da oggi, insomma, un piccolo editore, una disegnatrice di moda, un videomaker hanno a disposizione una agevolazione ad hoc per i propri investimenti; si sentono, insomma, parte di un mondo “largo” fatto di tante professioni diverse ma con una unitarietà espressamente riconosciuta dall’ordinamento”.

Riteniamo che questa “unitarietà” sarebbe rafforzato da una qualche forma di coordinamento ed interazione tra i due fondi, ma temiamo che il Mic ed il Mise abbiano operato ognuno per la sua via, allorquando una regia generale sarebbe invece assolutamente auspicabile, anche in considerazione del carattere assai innovativo di queste strumentazioni (almeno per il nostro Paese).

Sarà interessante leggere i bandi imminenti del Ministero della Cultura così i dettagli messi a punto nei formulari online di Invitalia.

Va apprezzato che finalmente si passa dalla “teoria” alla “pratica”, anche perché alcuni commendenvoli precedenti sono rimasti… lettera morta. Focalizziamo un caso specifico, in materia: si ricordi che la legge n. 205 del 2017 (la Legge di Bilancio per il 2018), all’articolo 1, commi 57-60, aveva definito “imprese culturali e creative” quelle che hanno quale “oggetto sociale, in via esclusiva o prevalente, l’ideazione, la creazione, la produzione, lo sviluppo, la diffusione, la conservazione, la ricerca e la valorizzazione o la gestione di prodotti culturali, intesi quali beni, servizi e opere dell’ingegno inerenti letteratura, musica, arti figurative ed applicate, spettacolo dal vivo, cinematografia e audiovisivo, archivi, biblioteche, musei, patrimonio culturale e relativi processi di innovazione”.

A favore di tale categoria di imprese, la legge del 2017 aveva previsto l’istituzione di un credito di imposta per attività di sviluppo, produzione e promozione di prodotti e servizi culturali e creativi. Il tetto di spesa del credito di imposta fu fissato a 500mila euro per il 2018 e ad 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020: cifre irrisorie, ma comunque un avvio simbolico. Tuttavia, non è mai intervenuto il decreto interministeriale (Mibact-Mise, previa intesa in Conferenza Stato-Regioni e parere parlamentare), che avrebbe dovuto essere adottato – entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge – per la definizione della procedura per il riconoscimento della “qualifica” di “impresa culturale e creativa” e per la “definizione” di “prodotti e servizi culturali e creativi”. Per cui, quell’agevolazione avanguardistica non ha avuto seguito pratico… Incredibile, ma vero.

I 115 milioni del bando Mic per le imprese culturali e creative. Cutaia (Dg Cc): si stimolerà una “partecipazione ampia”

Per quanto riguarda il Mic, si ha ragione di ritenere che verrà consentita una partecipazione assai ampia, dato che è stato rimarcato che potranno accedere ai fondi “tutte le organizzazioni profit e non profit che operano nel settore culturale e creativo”.

Si auspica che non vengano quindi posti filtri come i restrittivi “codici Ateco” o, peggio ancora, paletti come l’iscrizione al Registro Unico del Terzo Settore, quel “Runts” che continua a lasciare migliaia e migliaia di soggetti in un limbo normativo-regolamentativo che ha dell’incredibile, ma che è purtroppo reale. Migliaia di “associazioni culturali” italiani si vedono infatti costrette ad assumere la forma di “associazione di promozione sociale” se non di “organismo di volontariato”, dato che il legislatore sembra essersi dimenticato di questi soggetti, che pure rappresentano la spina dorsale della creatività nazionale.

Si ricorda che il Mic prevede di allocare, a favore di 1.470 beneficiari, 115 milioni di euro dedicati al sostegno di organismi culturali che operano nel digitale, siano esse azioni nuove o da implementare.

Destinatari dell’investimento, nello specifico, sono gli operatori che operano nei settori musica, audiovisivo e radio (film/cinema, televisione, videogiochi, software e multimedia), moda, architettura e design, arti visive (inclusa la fotografia), spettacolo dal vivo e festival, patrimonio culturale materiale e immateriale (inclusi biblioteche, archivi e musei), artigianato artistico, editoria, libri e letteratura, e area interdisciplinare (trasversale ai settori culturali e creativi).

La definizione di “impresa culturale” così come la definizione di “impresa creativa” è questione senza dubbio assai complessa e certamente ancora irrisolta, nel sistema italiano, anche a livello di tassonomia giuridica.

Non resta da augurarsi che il “perimetro” e le “tipologie” ammesse all’intervento pubblico del Mic siano ampi ed elastici, allorquando si ha ragione di temere una griglia restrittiva da parte del Mise / Invitalia.

Come già abbiamo scritto su queste colonne in occasione della presentazione al Collegio Romano del 6 maggio scorso, in Italia – ha sostenuto i Dg Cutaia – non c’è ancora una precisa definizione di “impresa culturale” e di “impresa creativa”, e “ci muoviamo in un mare aperto”…

Su questi temi, rimandiamo anche a quanto abbiamo proposto su queste colonne, rimarcando come le imprese culturali e creative italiane siano ancora costrette in una sorta di “limbo normativo”: vedi “Key4biz” del 3 dicembre 2021, “In arrivo il Fondo per il Settore Creativo: 20 milioni per il 2021 e 20 milioni per il 2022”.

Pubblicato il decreto interministeriale per l’avvio del bando Mise / Invitalia per i 40 milioni del Fondo per Piccole e Medie Imprese Creative

Sul “Fondo” del Mise, si restava in attesa da mesi…

I tempi erano ormai maturi ed il 30 maggio 2022 (lunedì scorso), Giuseppe Bronzino (che guida la Direzione Generale per gli Incentivi alle Imprese) ha apposto la sua firma sul decreto che sta per rendere operativo il Fondo: la notizia è stata pubblicata sul sito del Mise ieri l’altro, mercoledì 1° giugno.

La notizia non ha finora beneficiato nessuna significativa ricaduta mediatica, se non un qualche dispaccio di agenzia, in primis della sempre attentissima agenzia specializzata AgCult (diretta da Ottorino De Sossi). Un trafiletto sul confindustriale “Il Sole 24 Ore” ed oggi – unico pezzo su quotidiani nazionali – un lungo articolo su “Italia Oggi” (richiamato anche in prima pagina). Strano disinteresse mediale per una iniziativa che merita invece assoluta attenzione. Unico commento politico reso noto, finora, quello della Sottosegretaria dem al Mise Anna Ascani:l’industria culturale e creativa rappresenta una parte importante della nostra economia, è un patrimonio che va difeso e incentivato, e questa iniziativa mira a sviluppare sul territorio i progetti che coniugano innovazione e creatività, un binomio che ha fatto grande il made in Italy nel mondo e che il governo punta a valorizzare”.

Il decreto interministeriale 19 novembre 2021, che disciplina le modalità di intervento del “Fondo per le Piccole e Medie Imprese Creative”, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 27 del 2 febbraio 2022 (clicca qui, per un approfondimento sul sito web del Ministero dello Sviluppo Economico – Mise), e si ricorda che il soggetto gestore è stato identificato in Invitalia

L’apertura dei termini, le modalità per la presentazione delle domande di agevolazione sono state definite con il Decreto interministeriale del 30 maggio 2022.

Questo annunciato Fondo del Mise / Invitalia pone – almeno secondo il decreto ministeriale – vincoli “burocratici” notevoli, a parer nostro, soprattutto rispetto ai famigerati “codici Ateco”, una tassonomia che non rappresenta certo la strumentazione adatta per “identificare” e quindi sostenere al meglio le imprese culturali e creative.

Le imprese culturali e creative si caratterizzano per forme giuridiche varie e plurali, spesso interdisciplinari e fluide, con un “mix” di attività, che sfuggono alla logica rigida dei codici Ateco.

Si auspica che il Mic definisca, nei suoi bandi, una strumentazione meno rigida e meno burocratica, e si auspica al contempo che Invitalia sappia impostare l’operatività del suo Fondo con una intelligenza strategica e dinamica, interpretando in modo estensivo ed intelligente i paletti imposti dal decreto ministeriale.

Il decreto 30 maggio 2022 definisce l’iter di presentazione della domanda di agevolazione, articolato nelle seguenti fasi:

(1.) compilazione della domanda

compilazione della domanda di agevolazione:

  • a partire dalle ore 10.00 del 20 giugno 2022, per gli interventi per “la nascita, lo sviluppo e il consolidamento delle imprese creative” (previsti dal Capo II del decreto 19 novembre 2021);
  • a partire dalle ore 10.00 del 6 settembre 2022, per gli interventi per “la promozione della collaborazione tra imprese creative e soggetti operanti in altri settori” (previsti dal Capo III del decreto 19 novembre 2021);

(2.) invio della domanda

invio della domanda di agevolazione:

  • a partire dalle ore 10.00 del 5 luglio 2022, per gli interventi per “la nascita, lo sviluppo e il consolidamento delle imprese creative”;
  • a partire dalle ore 10.00 del 22 settembre 2022, per gli interventi per “la promozione della collaborazione tra imprese creative e soggetti” operanti in altri settori (previsti dal Capo III del decreto 19 novembre 2021).

L’esigenza di un coordinamento strategico, di una “cabina di regia” inter-direzionale ed inter-ministeriale: perché non istituire un organismo ad hoc?!

Peraltro, proprio in materia di “coordinamento” interviene ancora l’ex Sottosegretario Manzella, evocando un modello tedesco, ed invocando la creazione di un nuovo soggetto: auspica “un nuovo organismo pubblico, specializzato nel portare la creatività nell’impresa, sul modello del Kultur-und-Kreativwirtschaft del Governo di Berlino”. Si tratta di un organismo, avviato nel 2009 e rilanciato nel 2016, composto da funzionari ed esperti dei Ministeri della Cultura e dello Sviluppo Economico, che ha il compito di “mappare” l’industria creativa tedesca, di far conoscere le ricadute economiche del mondo creativo, di sostenere i processi di contaminazione tra il mondo dell’industria e quello della creatività attraverso schemi di finanziamento, metodi di lavoro, occasioni di incontro…

In effetti, esistono ormai, a livello europeo (nel Regno Unito ed in Francia, oltre che in Germania), strutture specializzate nella analisi critica dei sistemi culturali nazionali: a fronte di esperienze eccellenti nel resto d’Europa, in Italia, lo “stato dell’arte” delle conoscenze è ancora modesto, lacunoso, frammentario.

Le industrie culturali e creative italiane non sono ancora adeguatamente “mappate”

Quando, nel lontano 1992, decidemmo di fondare un centro di ricerca specializzato proprio su queste tematiche, confidavamo che le istituzioni avrebbero accolto la prospettiva strategica.

Così non è stato, a distanza di trent’anni, lo scenario italiano non è granché migliorato, nonostante gli sforzi esplorativi messi in atto dalla Fondazione Symbola e da Federculture: entrambi questi soggetti producono rapporti annuali senza dubbio utili, ma il livello di approfondimento permane modesto, e l’approssimazione tanta (lo abbiamo evidenziato tante volte, anche su queste colonne).

D’altronde, si tratta di iniziative di ricerca e di studio auto-finanziate, non dotate di budget minimamente adeguati al fabbisogno necessario per ricerche di grande qualità.

Noi, nel nostro piccolo, abbiamo cercato di fornire un contributo di conoscenza su queste tematiche, con la ricerca realizzata nel 2011, commissionata dal Gruppo Mediaset, “Italia. A media creative nation. Il contributo delle industrie audiovisive allo sviluppo socio-economico delle nazioni”, e presentata istituzionalmente sia a Roma sia a Bruxelles (clicca qui per il sito dedicato, ancora online). Anche questa esplorazione, però, non ha purtroppo avuto seguito.

E, su questo, il Mic purtroppo ancora tace. Prevale discontinuità e frammentazione.

Basti pensare come gli interventi del Ministero della Cultura, attraverso i suoi tre principali bracci operativi ovvero la Dg Cinema e Audiovisivo (retta da Nicola Borrelli), Dg Spettacolo (retta da Antonio Parente), Dg Creatività Contemporanea (retta da Ninni Cutaia), non siano oggetto di un adeguato raccordo inter-direzionale. Anche a livello di bandi, per esempio, ognuno va per la sua via, sia nella impostazione degli avvisi pubblici, sia nelle pratiche di trasparenza…

E purtroppo la Società Italiana Autori Editori (Siae) ha sospeso una iniziativa che sembrava aver gettato finalmente le basi per il superamento delle tante lacune conoscitive del sistema culturale italiano: sono state purtroppo soltanto due le edizioni del progetto di “mappatura” denominato “Italia Creativa”, la cui prima edizione è stata presentata nel gennaio 2016 e la seconda nel febbraio 2017 (clicca qui per il sito dedicato, ancora online).

Al di là degli aspetti connessi con le perduranti e gravi carenze di conoscenza (le abbiamo tante volte definite “deficit cognitivi”, con uso improprio ed eterodosso del linguaggio psicoterapeutico), si pone anche una esigenza di strumentazione tecnica adeguata, per consentire alle migliaia di potenziali beneficiari di questi innovativi interventi pubblici di utilizzarli al meglio.

Non esiste in Italia una struttura preposta, una “agenzia” che possa sostenere tecnicamente queste micro e piccole imprese creative.

Ci si domanda anche se questi strumenti innovativi non possano essere agevolati dall’intervento di una banca (una banca pubblica), qual è l’Istituto per il Credito Sportivo (Ics), al quale lo Stato ha saggiamente consentito da alcuni anni di estendere il proprio intervento anche verso l’ambito culturale, e che da qualche tempo ha iniziato ad entrare operativamente in questi settori (vedi, da ultimo, “Key4biz” del 27 aprile 2022, “L’Istituto per il Credito Sportivo (Ics) entra nel business del cinema sostenendo Eagle Pictures di Ben Ammar”).

A fronte di questi imminenti 155 milioni di euro di iniezione economica nel settore culturale italiano, emerge naturale l’esigenza di un supporto che sia tecnico e finanziario al contempo, ed Ics potrebbe essere il soggetto adatto per evitare il rischio di dispersione di risorse.

Clicca qui, per il Decreto Mise relativo alla apertura dello sportello per il bando del “Fondo per le Piccole e Medie Imprese Creative” (affidato ad Invitalia), Ministero dello Sviluppo Economico, 30 maggio 2022