Privacy

Procuratore Ue all’attacco: ‘Chiudete Facebook se ci tenete alla privacy’

di |

Un procuratore della Commissione Europea ha messo in guardia i cittadini Ue dal rischio privacy legato all'attività di monitoraggio dei dati personali degli utenti del web da parte delle autorità Usa.

Un procuratore della Commissione Europea ha messo in guardia i cittadini Ue dal rischio privacy legato all’attività di monitoraggio dei dati personali degli utenti del web da parte delle autorità Usa.

“Se avete un account Facebook è meglio se lo chiudete.” Questo è il messaggio shock lanciato da Bernhard Schima, procuratore della Commissione Europea, ai cittadini Ue a proposito del Safe Harbour, l’accordo bilaterale sulla data protection in vigore tra Europa e Stati Uniti, per regolare il trasferimento dati da una società europea a una statunitense. Un accordo che, secondo Schima, non garantisce la tutela dei dati personali dei cittadini Ue.

L’appello, secondo quando riportato dal Guardian, è stato lanciato di fronte alla Corte di Giustizia europea di Lussemburgo, dove Schima ha difeso il caso di Maximilian Schrems, noto attivista per la lotta alla protezione della privacy, che dal canto suo ha fatto causa all’Irlanda e alla stessa Corte di Giustizia europea per non aver bloccato la condivisione dei suoi dati privati con le autorità statunitensi.

Le accuse di Schrems nascono dall’inaffidabilità degli USA in materia di privacy e protezione dati, dopo lo scandalo delle intercettazioni NSA emerso dalle dichiarazioni di Snowden.

Nello specifico, l’attivista austriaco sostiene che l’esistenza negli USA del programma di collezione dati PRISM viola del tutto quelle che sono le direttive europee sulla Data Protection, quindi non può esserci uno scambio dati tra compagnie europee a statunitensi, neanche se quest’ultimo è certificato dal Safe Harbor. In altre parole, gli Stati Uniti non sarebbero più in grado di tutelare adeguatamente questi dati.

Si sono uniti alla causa di Schrems alcuni paesi membri come la Polonia e movimenti attivisti come il Digital Rights Ireland rimarcando che l’accordo Safe Harbour non può garantire in maniera ottimale la protezione dati del cittadino UE mettendolo in una situazione di sorveglianza costante e illegittima. A fronte del problema, hanno poi proposto che la Commissione Europea riformuli questo accordo con un piano di 13 punti per garantire la riservatezza dei dati dei cittadini europei.

D’altro canto, la Commissione Europea – nonostante non abbia potuto confermare, a domanda diretta, che il Safe Harbour garantisce un’adeguata protezione dei dati del cittadino – ha però voluto sostenere la necessità che resti in vigore per ragioni politiche ed economiche, sottolineando che l’accordo bilaterale è ancora un ‘work in progress’, facendo quindi presumere possibili cambiamenti nel futuro.

Entro il 24 giugno è previsto un parere sul Safe Harbour da parte della Corte di Giustizia europea. Staremo a vedere il verdetto.