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Poste Italiane, in bilico l’Ad Francesco Caio?

Non è da considerarsi scontata la riconferma di Francesco Caio ad amministratore delegato di Poste Italiane. A quanto si legge stamani sul quotidiano La Repubblica, il manager napoletano che ha ristrutturato l’azienda portandola in borsa non avrebbe più dalla sua parte la maggioranza del Partito democratico, nello specifico quella guidata dall’ex premier Matteo Renzi.

Al centro delle critiche i conti 2016, un’organizzazione delle “operazioni di sistema” considerata “scarsamente efficace” e il fallimento dell’operazione Pioneer, cioè il gruppo di risparmio gestito in mano a Unicredit che doveva rimanere italiano (e invece è andato a finire in Francia).

Entro il 20 marzo sono attesi i nuovi nomi del Ministero del Tesoro per i vertici di Eni, Enel, Leonardo, Enav e quindi Poste.

Vedremo come andrà a finire, ma intanto è già scattato il toto successione.

Tra i possibili manager che potrebbero prendere il posto di Caio, spiega La Repubblica, su tutti si fa il nome di Matteo Del Fante, l’attuale amministratore delegato di Terna, “apprezzato da tutti gli ambienti del Governo e che per anni si è occupato di Poste Italiane come direttore generale della Cassa Depositi e Prestiti”.

Diverse testate nazionali stanno valutando i conti 2016 su Caio spera di poter giocare la partita (ricavi attesi oltre 32 miliardi di euro, in crescita del 7%). Secondo Il Giornale, a livello di business, le aree più profittevoli continueranno ad essere quelle dell’attività bancaria e assicurativa del Gruppo Poste, nonché quella del risparmio gestito, il tutto a discapito però della storica “attività di servizio postale”, ormai sempre più inefficiente ed in difficoltà.

Lunedì prossimo, come detto, si dovrebbero avere le liste dei candidati al vertice di Poste, mentre l’assemblea dei soci sarà chiamata a formalizzare le nuove nomine a fine aprile.

Nel frattempo, questa volta da Como, si alza di nuovo la voce delle sigle sindacali che contestano il modello di servizio postale proposto da Caio. La protesta è tutta rivolta contro il programma di privatizzazione di Poste, contro i tagli previsti del personale e per un miglioramento sensibile dei servizi offerti al cittadino.

Una privatizzazione del 30% di Poste Italiane fortemente sponsorizzata dal Ministero del Tesoro, con l’obiettivo di andare ridurre il debito pubblico e venire in contro alle richieste di Bruxelles, e che vede invece contrario il sottosegretario allo Sviluppo economico, Antonello Giacomelli, che si oppone alla cessione del secondo pacchetto azionario di Poste, (la prima tranche di 29,7% è iniziata ad ottobre 2015), perché preoccupato sia degli oltre 500 miliardi di risparmi che 32 milioni di italiani hanno affidato a Poste sia per le conseguenze occupazionali.

Anche nella città lombarda, quindi, è stato avviato lo sciopero nazionale delle prestazioni straordinarie e del prolungamento orario (il “conto ore”), che durerà fino al 12 aprile prossimo. A proclamare la protesta sono i sindacati Slc Cgil, Cobas, Pt-Cub-Usb, Slp Cisl, Failp Cisal, Confsal Com e Ugl Com. A Como, il presidio era organizzato da   SLP (Sindacato Lavoratori Poste) dei Laghi, FLC Cgil e Failp Cisal.

Al centro della protesta c’è sempre la nuova organizzazione del recapito a giorni alterni della posta che secondo i sindacati e di pendenti della società delle lettere penalizza cittadini e imprese, ma anche la cronica carenza di personale e i turni di lavoro sempre più pesanti.

I sindacati, infine, si legge sul Corriere di Como, contestano la politica di dismissione di sedi e sportelli, denunciando le continue pressioni commerciali sui lavoratori, “che fa sembrare l’azienda più simile a una banca che a un servizio di carattere sociale”.

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