La protesta

Poste: 455 uffici verso la chiusura, allarme nei piccoli comuni

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Scatta l’allarme dell’Anci e dei sindacati per il piano di razionalizzazione varato dalle Poste, che prevede la chiusura di 455 uffici sul territorio e la riduzione dell’orario di altri 610.

Dalla Maremma alla Calabria passando per la Campania, l’Abruzzo e il Trentino Alto Adige. In tutta Italia scatta l’allarme dei piccoli comuni per il piano di razionalizzazione degli uffici postali avviato da Poste, che prevede la chiusura di 455 uffici periferici e la riduzione dell’orario di apertura per altri 610, che in molti casi resteranno aperti soltanto tre giorni a settimana invece di sei.

La protesta sta investendo il territorio da nord a sud. Cisl Poste, Anci e Uncem (Unione Nazionale Comunità Enti Montani) si stanno organizzando per affrontare l’allarme dove è prevista la chiusura dell’ufficio postale. La questione nelle competenti commissioni parlamentari anche attraverso l’audizione dei soggetti interessati.

“Gli uffici di Poste Italiane sono circa 13 mila sul territorio nazionale, le 455 chiusure rappresentano il 4% del totale – dice a Key4biz Mauro Armandi, segretario nazionale Cisl Poste le chiusure e le razionalizzazioni annunciate dall’azienda saranno certamente effettive entro circa due mesi. Rispetto all’anno scorso l’azienda ha semplicemente comunicato ai sindaci le sue decisioni. Negli anni scorsi c’era una discussione e un confronto sul territorio, che quest’anno non è prevista”. C’è da dire che un altro round di razionalizzazioni è previsto anche per l’anno prossimo, dopo quello già avvenuto nel 2014.

La ‘rimodulazione’ degli uffici postali rientra nel piano industriale di Poste, che nel prossimo quinquennio vuole investire 3 miliardi di euro per la digitalizzazione dell’azienda e punta molto sul superamento degli sportelli, da sostituire con nuovi strumenti interattivi, come gli sportelli Postamat e con la figura del postino telematico, munito di POS e palmare, che consente ai cittadini di effettuare pagamenti di bollettini a domicilio.

Un piano delicato, quello messo a punto dall’amministratore delegato Francesco Caio, che dovrà fare i conti con le esigenze e le abitudini di migliaia di correntisti e risparmiatori, da sempre abituati a servirsi nell’ufficio postale di zona.  In altre parole, le pur legittime istanze industriali di Poste, che punta allo sbarco in Borsa entro il 2015, rischiano di creare più di un mal di pancia fra sindaci e cittadini dei piccoli centri colpiti dalla scure dei tagli.

Piccoli comuni come ad esempio quello di Govone, fra Cuneo e Asti, che si trova su una collina a 600 metri di altezza e conta una popolazione di circa 2.500 persone che in futuro saranno costrette a raggiungere Alba per andare alla Posta, che si trova a 6-7 km ma non ci sono collegamenti pubblici. I tagli, secondo i sindacati, non si fanno con il compasso.

In alcuni casi, come nel piccolo comune toscano di Monteverdi, l’annuncio del dimezzamento dei giorni di apertura è stato comunicato con un foglio appeso sulla porta dell’ufficio.

Nei giorni scorsi, anche Antonello Giacomelli, sottosegretario alle Comunicazioni, ha chiesto un incontro entro questa settimana all’amministratore delegato di Poste Francesco Caio e al presidente dell’Agcom Angelo Marcello Cardani, per avere informazioni sul piano di riorganizzazione degli uffici postali e “valutare quanto sia opportuno fare nel rispettivo ambito di competenza”. E’ del Mise la competenza sul contratto di servizio, che ciclicamente lo Stato rinnova con Poste e che riguarda la verifica delle norme del servizio universale di consegna della posta.

C’è da dire che fra le competenza di Agcom, che esercita un’attività di vigilanza sul rispetto degli obblighi cui sono tenuti i fornitori dei servizi postali, c’è il calcolo del fabbisogno di uffici postali sul territorio, che devono rispettare precisi parametri geografici in rapporto alla densità di popolazione da servire.

Fra le proposte avanzate dalla politica per promuovere il ruolo di Poste sui territori, c’è anche quella della deputata Pd Enza Bruno Bossio, per l’istituzione della figura del ‘digital tutor’ negli uffici postali (in particolare quelli periferici). Una sorta di ‘consulente digitale’, con il compito di aiutare soprattutto gli anziani ad assolvere via Internet pratiche, pagamenti e comunicazioni con la PA Digitale.

Altri servizi digitali erogati dalle Poste potrebbero riguardare ad esempio la cancellazione di un’auto dal registro del PRA. Ma per il ritiro di somme di denaro da parte dei risparmiatori lo sportello fisico resta ancora la priorità.