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PNRR, tagli alle colonnine di ricarica? Foti “colpa del flop dei bandi”. Il discorso in Senato

colonnine

La revisione del PNRR non rappresenta una decisione impulsiva, bensì “uno strumento previsto dalla normativa europea”, che consente modifiche a condizione che siano giustificate da circostanze ben definite. Lo ha chiarito con fermezza il ministro per gli Affari Europei, Tommaso Foti, intervenendo oggi in Aula davanti all’Assemblea generale del Senato, per illustrare le motivazioni alla base della proposta di rimodulazione delle voci di spesa relative alla settima, ottava e nona rata del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Una scelta oggetto di critiche, ma che, secondo Foti, poggia su basi solide e del tutto legittime.

Del resto, l’Italia non ha motivo di giustificarsi: è il Paese che ha presentato il maggior numero di richieste di pagamento e che ha ottenuto la quota più consistente di fondi. “Non si tratta di un vanto, ma di un dato oggettivo, certificato anche dalla Corte dei Conti europea”, ha precisato il ministro.

Non cambia la struttura finanziaria Piano

Ci tengo a chiarire che non è uno stravolgimento del piano – ha chiarito il ministro – La revisione in discussione oggi ha un carattere tecnico e riguarda in gran parte precisazioni formali, come la modifica di termini specifici nelle milestone e nei target. Questo serve a creare le condizioni necessarie per l’erogazione della settima rata e, in parte, anche dell’ottava.”

Da quanto annunciato, la richiesta di modifica del PNRR nasce, quindi, soprattutto dalla necessità di definire meglio alcuni obiettivi previsti per l’ottava rata, che verranno presentati alla Commissione Europea entro la fine di giugno. In ogni caso, restano invariati gli importi totali: 71,8 miliardi in sovvenzioni e 122,6 miliardi in prestiti. La struttura finanziaria del piano, quindi, non subisce alterazioni.

Anzi, si potrebbe affermare che con le modifiche introdotte, risulti ulteriormente potenziato. Le riforme passano, infatti, da 59 a 66, le milestone da 527 a 621. Le sette missioni fondamentali non cambiano e si prevedono 150 investimenti.

Al 31 dicembre 2024, abbiamo notificato alla Commissione europea il raggiungimento degli obiettivi legati alla settima rata, per un valore di 18,2 miliardi di euro e 67 obiettivi. Se la Commissione approverà, avremo raggiunto il 54% degli obiettivi complessivi del piano (337 su 621) e il 72% delle risorse totali (circa 140 miliardi di euro)” aggiunge Foti.

La sfida dell’elettrico

Tra le tematiche principali oggetto delle modifiche, già approvate dalla Camera, vi è il settore dell’e-mobility

Un tema molto dibattuto in questi giorni, in seguito alla notizia della proposta di revisione del PNRR, è stato  il cosiddetto “taglio” delle colonnine di ricarica per i veicoli elettrici, che, per usare le parole del referente per il Piano “in realtà taglio non è”. La delucidazione del ministro si è basata sul fatto che i bandi indetti abbiano restituito risultati piuttosto deludenti, tali da non rendere opportuno insistere ulteriormente sull’installazione di queste infrastrutture. 

I dati italiani

Contrariamente a quanto si possa pensare – ha evidenziato Foti – l’Italia non sta lasciando i circa 303.000 proprietari di veicoli elettrici privi di infrastrutture per la ricarica. Al 31 dicembre 2024, sul territorio nazionale erano presenti 64.391 punti di ricarica, a fronte di 303.000 auto elettriche immatricolate al 30 aprile 2025.

Foti ha, inoltre, tenuto a sottolineare che la distribuzione delle colonnine sul territorio è più equilibrata di quanto si creda: il Nord detiene il 57% dei punti di ricarica, il Centro il 20% e il Sud il 23%. La Lombardia è la prima regione per numero assoluto di punti di ricarica, mentre Napoli risulta la prima città in rapporto all’estensione urbana.

I dati europei 

Il ministro per gli Affari Europei, al fine di contestualizzare meglio l’esigenza italiana, si è soffermato quindi, sui dati riguardanti gli altri Paesi europei, ricordando che nel nostro Paese ci sono attualmente 19 punti di ricarica ogni 100 auto elettriche circolanti. Un dato importante a fronte di una quota di mercato dell’elettrico ancora molto bassa, pari soltanto al 5%. In Francia, ad esempio, si contano 14 punti ogni 100 auto, ma con un’incidenza delle immatricolazioni pari al 17,4%. Anche in Germania ci sono solo 8 punti di ricarica per 100 auto, con una quota di mercato che però arriva al 16,6%. Nel Regno Unito la proporzione è ancora più bassa: 7 punti per ogni 100 veicoli, a fronte di una quota elettrica del 21,3%.

Un altro indicatore significativo offerto da Foti riguarda la densità delle colonnine in rapporto alla rete stradale: in Italia si registra un punto di ricarica ogni 4 chilometri, contro 1 ogni 5 nel Regno Unito, 1 ogni 6 in Germania e 1 ogni 7 in Francia.

“Per quanto riguarda le ragioni della modifica dei bandi, occorre ricordare che ne sono stati emessi sei: due per le aree extraurbane e quattro per le zone urbane. Sebbene alcune fonti parlino di richieste per sole 3.800 colonnine, in realtà sono state presentate domande per 12.110 punti di ricarica, con un impegno di spesa pari a 140 milioni di euroha affermato il ministro.

Si è dunque deciso di riorientare la misura alla luce della bassa adesione da parte degli operatori, destinando i restanti 597 milioni a un sistema di incentivi per l’acquisto di veicoli elettrici. Un meccanismo che, come già anticipato, sarà calibrato in modo inversamente proporzionale al reddito, premiando le fasce economicamente più fragili. Secondo le stime, l’iniziativa potrebbe consentire l’immissione sul mercato di circa 40.000 nuove auto elettriche.

Idrogeno verde

Come è noto, un’ulteriore rimodulazione ha riguardato le risorse destinate all’idrogeno verde, un capitolo aperto ma che finora non ha dato i risultati sperati. I fondi sono stati perciò riallocati alla produzione di biometano e alla riconversione di impianti esistenti. La graduatoria attuale, che aveva ammesso numerosi progetti ma ne aveva finanziato solo una parte per mancanza di fondi, potrà ora essere pienamente soddisfatta, con il finanziamento di tutti i 640 impianti ammessi.

In totale, gli investimenti per il biometano – chiarisce Foti – ammonteranno a 2,37 miliardi di euro e porteranno alla produzione di 2,3 miliardi di metri cubi annui, sufficienti a coprire il fabbisogno energetico di un milione di famiglie”.

Comunità Energetiche Rinnovabili

Infine, è stato affrontato anche il tema delle comunità energetiche, il cui sviluppo risultava rallentato. Per favorirne la diffusione, si è deciso di concentrarsi sui comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, poi elevata a 50.000 su proposta dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI). Questo consentirà benefici diretti per i cittadini e una più ampia partecipazione territoriale.

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