ue

Piano Juncker: bilancio in chiaroscuro a un anno dall’adozione. Soldi solo ai paesi ricchi?

di |

Il Piano Juncker ambisce a mobilitare investimenti per 315 miliardi, ma a un anno della sua adozione, lamentano gli europarlamentari, non c'è stato l'atteso miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci.

A un anno dalla sua adozione, il Parlamento europeo ha fatto stamani un primo bilancio del piano d’investimenti da 315 miliardi di euro varato dal presidente Jean Claude Juncker e del nuovo Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) – creato in collaborazione con la Banca europea per gli investimenti e garantito con fondi pubblici.

Ue e Bei, in realtà, metteranno sul piatto 21 miliardi: queste risorse, nei piani della Commissione, dovrebbero catalizzare almeno 315 miliardi di euro di finanziamenti aggiuntivi per gli investimenti, con un effetto moltiplicatore di 1:15: ogni euro pubblico mobilitato mediante il fondo genererà 15 euro di investimenti privati che altrimenti non sarebbero stati effettuati.

Tra i settori privilegiati, quello delle infrastrutture (trasporti, energia, banda larga), istruzione, salute, R&S, ICT, innovazione, energie rinnovabili, sviluppo urbano e sociale, sostegno alle PMI.

In Italia sostiene il Commissario per la Crescita e l’occupazione, Jyrki Katainen, molto potrebbe essere fatto per l’integrazione dei migranti intervenendo nelle periferie per migliorarle e investendo nella conoscenza, ma i progetti finora approvati sono relativi, tra gli altri, al settore dell’acciaio, dei trasporti ferroviari e autostradali.

“L’EFSI – ha detto Katainen – è uno strumento essenziale per l’economia circolare e l’innovazione. Bisogna però sensibilizzare gli investitori, le città, le regioni perché utilizzino al meglio questi fondi. Ovviamente l’EFSI non risolverà tutti i problemi ma può fare in modo che ci siano finanziamenti per 315 miliardi di euro. Spero che i colegislatori siano rapidi nell’approvare i progetti quanto noi quando abbiamo approvato l’’EFSI”.

Katanien ha strigliato quegli Stati membri il cui approccio verso l’EFSI è stato troppo passivo e ha citato l’Italia come esempio virtuoso in tema di sensibilizzazione: “ho partecipato nelle scorse settimane all’evento organizzato da Pittella e Gualtieri nel sud dell’Italia. C’è bisogno di più eventi di questo tipo”.

Sul mercato unico digitale, Katainen ha sottolineato l’importanza di approvare le proposte di Andrus Ansip e di abbattere le barriere agli investimenti. Un fattore, questo, ancor più importante dell’EFSI.

Rispetto all’entusiasmo della Commissione europea, quello tracciato dagli europarlamentari è un bilancio in chiaroscuro: alcuni hanno lamentato come i fondi stanziati finora, pari a 9,3 miliardi di euro, siano andati prevalentemente ai paesi più ricchi (Francia, Germania, Regno Unito, Italia e Spagna) e non abbiano portato alcun beneficio nelle aree periferiche e nelle regioni più in difficoltà. Non c’è stato l’atteso miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci ha detto l’europarlamentare portoghese Marisa Matias, soprattutto nei paesi dell’Est e del Sud Europa. Non c’è stato l’effetto leva che si aspettava né l’effetto benefico sull’occupazione (la Commissione attende 1,3 milioni di nuovi posti di lavoro). In sostanza, ad essere finanziati, hanno sottolineato molti europarlamentari, sono stati progetti già approvati e LE grandi aziende, non le PMI.

Come sottolineato anche dall’eurodeputato Marco Valli i progetti approvati in Italia sono 8 (su complessivi 64) per finanziamenti complessivi da parte della Bei pari a 1,4 miliardi e dovrebbero attrarre investimenti per 4,3 miliardi, creando 3.200 posti di lavoro. Vi sono inoltre 28 accordi con banche intermediarie per 353 che dovrebbero attrarre investimenti per 7,3 miliardi a beneficio di 44 mila imprese e startup.