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Perché Sam Altman è tra le 100 persone più influenti al mondo sull’AI

In questa serie di approfondimenti esploriamo le persone che, secondo la lista TIME100 AI, stanno orientando direzione e regole dell’intelligenza artificiale. Ogni puntata offre tre chiavi di lettura: chi sono (e cosa hanno fatto davvero), perché contano ora (non ieri), che impatto avranno su mercato, policy e sicurezza. Dopo Yoshua BengioPaula IngabireLiang Wenfeng, Dario AmodeiHenna VirkkunenDávid JancsóMark Zuckerberg, Rick Rubin, Papa Leone XIV è il turno dell’ultimo personaggio che analizziamo: Sam Altman, CEO di OpenAI.

Sam Altman: l’uomo più potente dell’AI

L’uomo più potente dell’AI non è un programmatore pluripremiato. Non ha una laurea, tantomeno un dottorato in informatica che ormai sembra essere la norma nel settore. Ma ciò che manca a Sam Altman in titoli accademici, lo compensa con abilità negoziali, intuito politico e carisma. E non solo: perché le sfide che OpenAI affronta nel 2025 non riguardano soltanto la scrittura del codice giusto, ma richiedono un leader capace di muoversi tra le maree della Washington di Donald Trump, dialogare con i leader mondiali, gestire la costruzione di giganteschi data center e difendere la propria autorità interna, il tutto supervisionando un calendario di lanci degno di un’azienda dieci volte più grande di OpenAI.

A gennaio, si mormorava che l’alleanza tra Trump ed Elon Musk — cofondatore di OpenAI e da tempo in conflitto con Altman — avrebbe potuto isolare il CEO. Invece Altman ha saputo manovrare: due giorni dopo l’insediamento di Trump al secondo mandato, era lui al fianco del presidente alla Casa Bianca quando veniva annunciato un progetto da 500 miliardi di dollari per data center, con grandi benefici per OpenAI. La strategia AI di Trump, presentata a luglio, conteneva molte delle proposte che la stessa OpenAI aveva spinto in precedenza. Oggi Altman — ex democratico, un tempo molto critico verso Trump — è considerato vicino e in rapporti fruttuosi con il presidente. Lo stesso non si può dire di Musk.

OpenAI: profit o no profit?

Parallelamente, Altman sta tentando di ristrutturare OpenAI per renderla più simile a un’azienda tradizionale. Un progetto controverso che potrebbe sbloccare miliardi di finanziamenti, ma che secondo i critici rischia di erodere il potere della componente non profit, creata per impedire che l’AI finisse preda degli incentivi perversi del mercato. L’operazione punta a sostituire l’attuale sistema di profit sharing con un assetto standard, in cui ogni investitore riceve una quota proporzionale di OpenAI. Il nodo principale resta la traduzione dei “profitti limitati” già promessi in nuova equity, soprattutto per Microsoft, investitore storico che deve approvare la ristrutturazione. Senza un accordo entro fine anno, OpenAI rischia di perdere 20 miliardi di dollari promessi da SoftBank, fondi necessari per gestire ChatGPT e addestrare i futuri modelli.

Nel frattempo, Altman continua a supervisionare la pipeline di ricerca e sviluppo. Ad agosto è arrivato GPT-5, che ha definito “come parlare con un esperto di livello PhD.” In un podcast di luglio ha raccontato di aver testato il modello girandogli una domanda da un’email alla quale lui stesso non sapeva rispondere: “Ha risposto perfettamente,” ha detto. “Mi sono sentito inutile rispetto all’AI.”

Non meno intensa l’agenda internazionale. A maggio Altman ha viaggiato in Arabia Saudita con la delegazione presidenziale, incontrando il principe ereditario Mohammed bin Salman. Secondo The Information, OpenAI avrebbe discusso possibili finanziamenti con il fondo sovrano saudita, vicino al trilione di dollari. Altman ha passato del tempo anche negli Emirati Arabi Uniti, dove OpenAI ha annunciato la costruzione di nuovi data center, decisione che ha sollevato preoccupazioni tra esperti di sicurezza nazionale USA.

Impatto su mercato, policy e sicurezza

Altman non è soltanto il volto di OpenAI: è diventato il mediatore tra industria, politica e finanza globale in un momento in cui l’AI plasma economia, sicurezza e geopolitica. In pochi mesi ha consolidato rapporti con Trump, tenuto testa a Musk, attratto miliardi in potenziali investimenti e guidato il lancio del modello più atteso dell’anno. La sua capacità di stare al crocevia tra business e potere politico lo rende oggi uno dei leader più influenti del pianeta tecnologico.

La vicinanza al governo USA e il ruolo nei negoziati globali rendono Altman un interlocutore chiave per i regolatori. Molti dei punti della strategia AI americana coincidono con le sue posizioni: un’influenza che suscita ammirazione e timori allo stesso tempo.

La costruzione di data center in Medio Oriente ha acceso l’attenzione sul possibile trasferimento di know-how sensibile. L’AI di OpenAI non è più solo un tema di innovazione, ma di geopolitica. Altman deve bilanciare la corsa alla superintelligenza con la protezione di infrastrutture e alleanze strategiche, evitando che la sua azienda diventi terreno di scontro tra potenze globali.

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