In questa serie di approfondimenti esploriamo le persone che, secondo la lista TIME100 AI, stanno orientando direzione e regole dell’intelligenza artificiale. Ogni puntata offre tre chiavi di lettura: chi sono (e cosa hanno fatto davvero), perché contano ora (non ieri), che impatto avranno su mercato, policy e sicurezza.Dopo Yoshua Bengio, Paula Ingabire, Liang Wenfeng, Dario Amodei, Henna Virkkunen e Dávid Jancsó tocca a Mark Zuckerberg.
Mark Zuckerberg vuole portare Meta ad essere considerata un’azienda AI
Zuckerberg non è solo il creatore di Facebook, ma oggi guida una delle aziende più attive nello sviluppo di AI. Meta ha realizzato modelli linguistici come Llama, distinti per la scelta di rilasciare versioni open-weight, cioè con i pesi disponibili alla comunità scientifica. Una decisione che ha acceso il confronto tra chi spinge per la ricerca aperta e chi teme che strumenti troppo potenti possano finire in mani sbagliate.
Quando i rivali cinesi hanno spodestato Meta come leader del settore open-weight e Llama 4 non è riuscito a riconquistare terreno, Zuckerberg ha rilanciato aprendo il portafoglio: un accordo da 14,3 miliardi di dollari per portare a bordo il cofondatore di Scale AI, Alexandr Wang, appena 28 anni, insieme a un gruppo dei suoi migliori ingegneri. Una manovra che i critici hanno definito un tentativo disperato di recupero, ma che ha segnato l’inizio di una campagna miliardaria per il reclutamento di talenti.
Nei mesi successivi, Meta ha corteggiato almeno 50 ricercatori, molti provenienti da aziende rivali, tra cui l’investitore Nat Friedman, il CEO di Safe Superintelligence Daniel Gross, il ricercatore di OpenAI Shengjia Zhao e tre membri del team di Google DeepMind che avevano portato un modello AI a vincere la prestigiosa International Mathematical Olympiad. Eppure, Zuckerberg ha sempre sostenuto che la spesa per i talenti fosse “piccola” rispetto agli investimenti di Meta in potenza di calcolo, ritenuta la vera chiave per arrivare alla superintelligenza.
La sua strategia si fonda su tre pilastri: dati, potenze di calcolo e cervelli. Meta possiede già un oceano di dati, raccolti dal suo impero social e usati per addestrare i modelli. Ora punta a consolidare gli altri due: infrastrutture hardware di livello mondiale e i migliori ricercatori al mondo. L’obiettivo finale è ambizioso: creare una “personal superintelligence”, capace di interagire con gli utenti attraverso gli smart glasses di Meta, dispositivi in grado di “vedere ciò che vediamo, sentire ciò che sentiamo e dialogare con noi per tutta la giornata.”
Impatto su mercato, policy e sicurezza
Sul mercato, la strategia di Meta punta a ridefinire il ruolo dell’azienda, trasformandola da gigante dei social a potenza tecnologica dell’AI. Sul fronte delle policy, la scelta di rendere pubblici alcuni modelli ha già influenzato governi e istituzioni, aprendo il dibattito su trasparenza, responsabilità e limiti. Ma sul piano della sicurezza restano i rischi maggiori: con modelli sempre più potenti e accessibili, aumentano le possibilità di abusi, dalla disinformazione ai deepfake.