Antitrust Ue

Perché gli smartphone Android potrebbero cambiare pelle in Europa

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La maximulta comminata dall’Antitrust Ue a Google per abuso di posizione dominante del suo sistema operativo Android potrebbe aprire il mercato di app e servizi ad altri player concorrenti.

La maxi multa da 4,34 miliardi di euro comminata dall’antitrust europea a Google per abuso di posizione dominante del suo sistema operativo Android potrebbe avere conseguenze non indifferenti su come saranno gli smartphone del futuro in Europa.

Google ha fatto ricorso, ma la posizione della commissaria Ue alla Concorrenza Margrethe Vestager è stata ribadita ieri al Web Summit che si è tenuto a Lisbona. Nel mirino della “Lady di ferro” della Commissione resta l’idea che Google possa in qualche modo limitare la possibilità di scegliere al meglio dei consumatori, ora e in futuro. “Per molti anni Google è stato uno dei principali innovatori, ma perché dovremmo riporre tutte le nostre speranze per il futuro nelle mani di una sola azienda?”, domanda Vestager. “Non importa quanto Google abbia fatto – aiutandoci a navigare sul web e facendo di Android un sistema operativo open source – noi non possiamo voltare la faccia da un’altra parte quando (Google ndr) minaccia di bloccare la concorrenza”.

Poi la stoccata finale di Vestager, così riportata dal sito specializzato Cnet.com: se Google non consente alle aziende rivali di competere alla pari con le sue app e i suoi servizi su Android, questo nega a priori i benefici di avere un ecosistema open source nello smartphone.

 

Smartphone migliori grazie alla maxi multa?

La Commissaria è poi tornata sulla multa da 4,34 miliardi di euro comminata all’azienda, ricordando che Google è chiamata ora a modificare gli accordi con produttori di smartphone Android sulle modalità con cui sono proposti i bundle di app e servizi presenti nei device.

E’ possibile, secondo alcuni documenti resi pubblici il mese scorso dal sito specializzato Verge, che i produttori di smartphone possano in futuro essere costretti a siglare nuovi accordi che prevedono di spendere fino a 40 dollari a smartphone per le licenze delle app di Google e per il suo Play Store. Il rischio, secondo alcuni, è che questi costi alla fine ricadranno sulle tasche dei consumatori.

Vestager al momento non sembra troppo preoccupata dall’impatto potenziale sui consumatori perché ritiene che Google, dopo la mega sanzione subita, non può semplicemente mettere in atto un rimedio che di fatto avrebbe le stesse conseguenze di ciò per cui è stata multata. E’ altresì possibile che i produttori di smartphone saranno pagati dai concorrenti di Google per inserire a bordo degli smartphone le loro app e i loro servizi, alternativi a quelli di Google, allo stesso prezzo.

“Tocca a Google decidere quali contromisure specifiche adottare per rispondere alla decisione (dell’Antitrust Ue ndr), e questo è davvero importante perché si tratta del suo business”, ha aggiunto Vestager, aggiungendo che la Commissione vigilerà per qualche tempo l’evolversi della situazione.

La replica di Google è giunta dal palco di Lisbona da parte di Matt Brittin, responsabile europeo dell’azienda, che peraltro ha fatto ricorso contro la multa per Android ma è pronta a pagare se la legge glielo imporrà. Per evitare situazioni analoghe in futuro, Bittin ha detto che sarà importante in futuro che l’azienda sia maggiormente coinvolta nel merito della creazione di nuove regole per il governo del mondo digitale.

Vestager si è detta ottimista, la decisione Ue è disegnata per rendere più aperto il mercato, migliorando gli smartphone Android per i consumatori. “I produttori di smartphone possono darci un’esperienza rinnovata dei device, per questo è importante per noi dare ai produttori l’opportunità di fornire qualcosa di nuovo e attraente per i consumatori”.

La Commissione si sta già facendo un’idea su app store alternativi al Play Store di Google, ha detto la Commissaria, che ha annunciato un aggiornamento nei prossimi mesi sull’evoluzione del mercato.

Per difendersi dall’accusa di essere la ‘bestia nera’ delle tech company Usa, Vestager ha menzionato due fusioni che hanno ottenuto disco verde dall’Antitrust Ue, vale a dire quella fa Apple e Shazam e quella fra Microsoft e LinkedIn. Entrambi i merger non violano la legge europea sulla concorrenza. “Spero che vediate come nulla stia bloccando la volontà di concludere delle fusioni e di creare dei grossi pool di dati che vi permettono di innovare”, ha detto Vestager, aggiungendo però che la Commissione non smetterà la sua funzione di controllo e analisi di eventuali problematiche.