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Perché il Ddl ‘Quintarelli’ mira alla luna, ma poggia sulla sabbia

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Aumenta il fronte del No al Ddl presentato da Stefano Quintarelli (Civici e Innovatori) che prevede il bando dei software ‘chiusi’ (tipici di Apple, ma non solo). Chiedono modifiche al Ddl: Agcom, Aesvi, Confindustria digitale, Assoprovider, e gran parte dei parlamentari PD. Ecco cosa prevede il testo, già passato alla Camera, e tutte le osservazioni critiche.

Tutti i nodi vengono al pettine. Vale anche per il disegno di legge “Libero accesso a software, contenuti e servizi”, presentato da Stefano Quintarelli (parlamentare di Civici e Innovatori), votato alla Camera e ora in attesa della calendarizzazione al Senato. La proposta di legge mette al bando i “sistemi chiusi” nel mondo dell’ICT, come per esempio il sistema operativo dei dispositivi Apple, di Windows 10 S, la consolle Nintendo e diversi decoder per vedere la tv. In sostanza se venisse approvato il testo in maniera definitiva tutte le piattaforme tecnologiche chiuse (con integrazione di software e hardware) non potrebbero più essere vendute in Italia, perché illegali. In particolare l’articolo 4, comma 1 del Ddl, stabilisce che “gli utenti hanno il diritto…di disinstallare software o contenuti non di loro interesse dai propri dispositivi”. Secondo il primo firmatario Stefano Quintarelli il “Disegno di legge prende il concetto di neutralità della rete e lo rende simmetrico per i dispositivi: introduce il concetto di device neutrality”. Ecco il testo guarda la luna, ma poggia sulla sabbia. Prende a modello un concetto politico del web, la neutralità tecnologica, ma poi la declina in modo forzato che è assente nel resto del mondo, (la neutralità dei device). Forse l’obiettivo è avvantaggiare il consumatore? Ma quest’ultimo già ha la libertà di scelta tra dispositivi “chiusi” e open source.

Per questo motivo la posizione di Quintarelli cozza con un fronte del No che nel nostro Paese sta aumentando di ora in ora. Tante sono le critiche e le osservazioni avanzate al disegno di legge, a partire da quelle del presidente dell’Agcom, audito in Senato il 9 novembre 2016. Il primo pesante ammonimento di Angelo Marcello Cardani è che questa iniziativa legislativa non può non inquadrarsi nell’ambito del dibattito europeo. Cardani infatti ha dichiarato che:“Tale circostanza potrebbe fare emergere incertezze in fase applicativa e portare all’insorgere di contenziosi. Sarebbe pertanto auspicabile valutare l’allineamento delle definizioni con quanto già previsto dal Regolamento UE”.

E le richieste di modifica dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni al testo votato alla Camera sono state ribadite ieri anche da Antonio Nicita, commissario Agcom, che ha aggiunto: “Credo anche l’art. 4 meriti qualche modifica”.

 


Dunque è l’articolo 4 del disegno di legge “Disposizioni in materia di fornitura dei servizi della rete internet per la tutela della concorrenza e della libertà di accesso degli utenti” a non convincere affatto gli esperti e gli operatori del settore. Oltre all’Agcom è di netta contrarietà la posizione di Confindustria Digitale espressa dal presidente Elio Catania: “L’intera filiera aderente a Confindustria Digitale, dagli operatori di Tlc alle società di Informatica ai costruttori di device, è preoccupatissima degli effetti che l’eventuale approvazione di questo disegno di legge avrebbe per il Paese, sia  per la frammentazione normativa di un mercato digitale che è europeo, che per i rischi di procedure di infrazione comunitaria”.

Le critiche al disegno di legge ‘Quintarelli’ arrivano anche dall’AESVI, l’associazione nazionale che rappresenta e tutela i diritti collettivi degli editori e sviluppatori di videogiochi italiani; per capirci sono soci AESVI tutti i principali produttori di hardware e software per videogiochi, come Nintendo, Microsoft e Sony Interactive Entertainment.
Per brevità riportiamo per punti le critiche avanzate da Thalita Malagò, Segretario Generale di AESVI:

  1. L’articolo 4 discrimina il mercato italiano;
  2. introduce anche un vincolo abusivo di mercato;
  3. rende illegittimo l’acquisto di alcuni tipi di prodotti che attualmente sono del tutto leciti ai sensi della legge italiana, poiché un dispositivo che funziona sulla base di un “sistema chiuso” (ovvero che impedisce l’installazione di un nuovo software o la rimozione di software installato) dovrebbe essere considerato illegittimo con l’approvazione della legge.
  4. È in contrasto con la legge sulle misure tecnologiche di protezione (MTP), in quanto il diritto degli utenti di disinstallare o rimuovere software, contenuti o servizi a loro scelta sarebbe in contrasto con il diritto dei titolari del diritto d’autore di introdurre misure di protezione che potrebbero impedire la disinstallazione in questione.
  5. Infine è in contrasto con le norme sulla protezione del software.

Fa parte del coro del NO al Ddl Quintarelli anche Assoprovider: “Il Ddl, che vorrebbe regolare la neutralità della Rete, come sarebbe giusto, si limita invece ad un aspetto puntuale e marginale riguardante i soli marketplace del software. Per questi motivi, incontra anche la dura critica dell’associazione dei provider indipendenti che da sempre si batte il nome di questi principi, ma nel rispetto della non discriminazione.”

In particolare Assoprovider contesta due punti del disegno di legge:

  • Nel Disegno di Legge si fanno riferimenti sbagliati ed in contrasto con la normativa UE, ingenerando confusione tra chi offre tali servizi che potrebbero non necessariamente essere degli ISP.
  • Il DDL ‘Quintarelli’ potrebbe dar luogo ad un’area grigia in cui risulterebbero non perfettamente definiti i confini delle competenze tra le due Autorità.

 

Alle inequivocabili critiche di Agcom, Aesvi, Confindustria digitale e Assoprovider si aggiungono le osservazioni contrarie di numerosi parlamentari del PD, tra cui Sergio Boccadutri, responsabile Innovazione del partito : “…vi è il rischio che l’art. 4 del DDL comprima in maniera non proporzionata la libertà economica e di azione delle imprese sul mercato e si traduca, dunque, in una non giustificata imposizione di un business model”. Infine, per Boccadutri il testo del Ddl è “incompatibile con l’ordinamento comunitario, segnatamente con la direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno”.

iPhone a rischio, ma solo in Italia?

Dunque con l’eventuale approvazione del Ddl ‘Quintarelli’ non si sa se Apple sarebbe in grado di realizzare solo per il mercato italiano dispositivi “open source”, per farlo dovrebbe snaturare il suo core business e il forte rischio sarebbe la scomparsa dei suoi prodotti dall’Italia, così come le consolle dei videogiochi e di tanti altri dispositivi e piattaforme tecnologiche che funzionano proprio perché il software è ottimizzato per l’hardware e viceversa: questo è un valore aggiunto, che spesso si traduce anche in evidenti vantaggi per i consumatori, che sin dall’acquisto sono consapevoli di possedere un prodotto che funziona sulla base di un “sistema chiuso”, quindi meno vulnerabile ad attacchi e truffe informatici, solo per fare degli esempi. Infatti l’apertura indiscriminata all’installazione qualsiasi tipo di software da parte dell’utente potrebbe risultare nell’introduzione di malware e compromettere sia l’operatività del sistema sia i dati utente, dati personali e sensibili che sarebbero a rischio con il Ddl ‘Quintarelli’.  Il testo è stato approvato dalla Camera e ora attende la calendarizzazione per essere discusso al Senato, dove gli esperti, i player e i parlamentari che si occupano del settore avanzeranno, strenuamente, le critiche descritte nell’articolo per non far approvare un disegno di legge così come è uscito da Montecitorio perché sarebbe, secondo chi è contrario, “nocivo per la libertà d’impresa e perché andrebbe a discriminare, unico caso al mondo, il mercato italiano”.