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PA digitale al bivio nel 2019. Appunti per Governo e Parlamento dopo 10 anni di navigazione a vista

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Le Pa oggi operano secondo modelli organizzativi datati, non hanno un “modello di dati”, sono scarsamente semplificate, non erogano servizi in modalità digitale. Anno 2019: o si cambia oppure l’amministrazione pubblica ha perso definitivamente una grande occasione.

La rubrica PAdigitale, a cura di Donato A. Limone, Professore di informatica giuridica e direttore della Scuola Nazionale di Amministrazione Digitale (SNAD), Università degli studi di Roma, Unitelma Sapienza. Analisi e approfondimenti sul processo di attuazione della Riforma della PA. Per consultare gli articoli precedenti clicca qui.

Anno 2019: siamo al bivio; negli ultimi 10 anni ci sono stati maldestri tentativi di avviare progetti per il “cambiamento”; navighiamo a vista, siamo pieni di “carte” e pieni di “files” senza senso; i servizi in rete stentano a decollare; non operiamo con “modelli di dati”, è ancora forte il paradigma della  centralità delle “macchine”  contro la “centralità dei dati”; le nostre burocrazie sono pachidermi procedurali, la semplificazione non è un valore organizzativo; carente la formazione dei dipendenti per la trasformazione digitale. Siamo in grado di scambiare dati e di operare nella logica della cooperazione informatica? Quanta ridondanza di dati/documenti? Costi elevati di una burocrazia mista analogica/digitale (né carne né pesce). La dirigenza vuole “veramente” questa trasformazione? La politica ha compreso il valore istituzionale e socio-economico di  questa trasformazione? Non bastano interventi regolatori del Governo fuori “contesto”; il Parlamento non ha una visione di base comune in tema di “digitale”, interviene in modo “frammentario”.

Anno 2019: o si cambia oppure l’amministrazione pubblica ha perso definitivamente questa grande occasione. Non è una visione pessimistica ma realistica, sulla base dei “fatti”. E’ necessario uscire dalla logica degli adempimenti. Finora “chiacchiere” in libertà, slogan, convegni e forum autoreferenziali (fatte le debite e poche eccezioni). Il venditore di “almanacchi digitali” è all’ultima prova!  Dopo ci attende (come è avvenuto finora) una burocrazia di macchine.

 

  1. Premessa

Nella società dell’informazione le burocrazie pubbliche devono operare come amministrazioni semplificate, trasparenti, “nativamente” digitali. Le pubbliche amministrazioni oggi operano secondo modelli organizzativi datati, non hanno un “modello di dati”, sono scarsamente semplificate, non erogano servizi in modalità digitale. Tutto ciò si traduce in elevati costi ed oneri amministrativi diretti ed indiretti per i cittadini e le imprese. La trasformazione digitale può realizzarsi a condizione di una “policy diffusa” a supporto dei processi di semplificazione e digitalizzazione in una logica sistemica ed integrata superando l’attuale situazione di un sistema amministrativo misto (analogico/digitale) che rischia di radicarsi e di tradurre il processo di digitalizzazione in un processo permanente di scannerizzazione (nella logica dell’analogico). L’assetto normativo che regolamenta la trasformazione digitale si basa su poche norme essenziali, valide se “lette” ed “applicate” in una logica integrata e di opportunità (e non tanto di adempimenti):

  1. la legge 241/90 e sm (il sistema procedimentale pubblico): per la semplificazione amministrativa ed un nuovo modello di relazione tra burocrazia e cittadini;
  2. il dlgs 82/2005 e sm (il codice dell’amministrazione digitale): per la transizione digitale, verso amministrazioni “nativamente” digitali;
  3. il dlgs 33/2013 e sm: per rendere trasparente e “tracciabile” l’azione amministrativa e le decisioni pubbliche; il diritto di accesso e di conoscenza del “pubblico”;
  4. il regolamento UE 679/2016: per il trattamento e la protezione dei dati personali che, in particolare nel settore pubblico, costituiscono un patrimonio informativo di grande valore istituzionale, sociale, economico, amministrativo.

Tutte queste norme hanno una specifica caratteristica: regolamentano la formazione dei dati/documenti, i processi amministrativi, l’accessibilità ai dati intesi come “risorsa” fondamentale per l’azione di governo, di direzione, di controllo e verifica, di erogazione dei servizi di qualità. Non c’è bisogno di altre norme.

La policy sulla trasformazione digitale deve necessariamente partire dal ruolo primario, fondamentale, indispensabile che gioca la “risorsa informativa”; finora si è privilegiato l’approccio “tecnologico” e i risultati sono stati certamente poco significativi in quanto questo tipo di approccio considera “minori” gli aspetti organizzativi, gestionali, amministrativi, le relazioni burocrazia/cittadini. L’approccio culturale, scientifico e metodologico corretto è quello che, attraverso una politica di particolare attenzione alla risorsa dei dati/documenti/informazioni, considera in modo unitario e sistemico i processi di riorganizzazione, di semplificazione, di trasparenza, di qualità dei servizi, di digitalizzazione. La politica di trasformazione digitale si concretizza, prima di tutto, valorizzando i dati, i processi, i modelli organizzativi.

Come procedere?

Le azioni da intraprendere riguardano:

  1. i processi di semplificazione amministrativa;
  2. la “semplificazione” normativa del Codice dell’amministrazione digitale;
  3. il paradigma dell’art. 117,lettera r) della Costituzione: il coordinamento informatico dei dati a livello centrale;
  4. il ruolo “cruciale” del responsabile della transizione digitale (art. 17 del Codice dell’amministrazione digitale);
  5. la formazione dei cittadini, dei dipendenti e dei dirigenti sui processi innovativi;
  6. il forte ruolo di indirizzo e coordinamento per la policy nazionale di trasformazione da parte del Ministro per la pubblica amministrazione;
  7. un’azione di forte interazione (al di fuori delle logiche politiche tradizionali) tra Governo e Parlamento (per la costruzione di una visione comune sul digitale sul quale poi operare e legiferare).
  1. Una nuova policy per la semplificazione amministrativa

Nei 28 anni di applicazione della legge 241/90 gli interventi di semplificazione (pochi e scarsamente efficaci) hanno interessato pochi enti, pochi uffici, poche procedure, pochi servizi. I 30.000 enti pubblici interessati (soprattutto gli enti locali) hanno proceduto singolarmente con tentativi più o meno riusciti di semplificazione razionalizzando tutti le stesse (poche) procedure in modi diversi. Il risultato:  impossibilità di razionalizzare le procedure (soprattutto negli enti piccoli) per mancanza di metodologie, di dirigenti/apicali esperti, di risorse; sul territorio nazionale l’azione amministrativa e la erogazione dei servizi avviene in modalità non solo diverse ma soprattutto non in modo omogeneo (Italie diverse, servizi diversi, cittadini ed imprese di serie diverse), con oneri e costi amministrativi diversi, con interventi innovativi atomizzati sul territorio nazionale.

Una nuova policy di semplificazione amministrativa deve necessariamente considerare unitariamente i processi di semplificazione e digitalizzazione (attuando così l’art. 15 del Codice dell’amministrazione digitale): “prima” si riorganizza e si semplifica e “poi” di si digitalizza. Il processo contrario (attuale): acquisizione delle tecnologie senza una precisa ed analitica previsione di semplificazione ha finito con il creare una “dipendenza” totale delle attività amministrative dalla “tecnologia” con il blocco di qualsiasi processo di innovazione.

Come definire una nuova policy integrata di semplificazione/digitalizzazione? Nella logica della riusabilità dei processi semplificati e digitalizzati. Negli enti locali per es. c’è un nucleo di procedimenti di base comune a tutti gli enti: semplificare quindi una volta per tutti questo nucleo di processi, digitalizzare i processi semplificati, rendere concreto il riuso da parte di tutti gli enti in modo gratuito e con l’accordo (per es. nel caso dei comuni dell’associazione dei comuni ANCI e per le Province, l’UPI). I vantaggi: servizi erogati nelle stesse modalità a tutti i cittadini; riduzione dei costi amministrativi; qualità dei servizi assicurata; riduzione dei costi della digitalizzazione. Lo stesso si può replicare per le 20.000 scuole (semplificando i processi di base e assegnando senza oneri per le scuole gli stessi processi semplificati). Questa soluzione (soluzione del riuso in modo diffuso con un forte indirizzo a livello nazionale) impegna tutti i livelli istituzionali ad uso “smart” delle diverse autonomie istituzionali ed organizzative per superare situazioni di anarchia amministrativa con il riverbero pesante sul costo sociale di questa anarchia.

  1. La trasformazione digitale: come passare da un’amministrazione analogica ad un’amministrazione nativamente digitale. La “semplificazione” normativa del Codice dell’amministrazione digitale

 

La trasformazione digitale può essere garantita dal Codice dell’amministrazione digitale scritto come un “codice” (pochi principi alla base del processo di trasformazione) e dall’attuazione delle regole tecniche (oggi linee guida) che dovrebbero supportare ed agevolare il transito digitale con chiarezza, semplicità di applicazione, riusabilità di soluzioni. Le regole tecniche dovrebbero fare parte di un testo unico delle regole tecniche. Le linee guida sostitutive delle regole tecniche non hanno la stessa forza delle regole tecniche adottate con Dpcm. Le linee guida seguono un altro tipo di logica: indicare linee di comportamento e buone prassi da adottare, ma a supporto delle regole tecniche. Quindi, ritornare al sistema delle regole tecniche approvate con decreto. Non è vero che le linee guida si approvano facilmente e i decreti con lentezza (rispetto alla loro natura di regole tecniche o di linee guida): dipende da chi definisce in concreto le regole tecniche (Agid), con quali tempi e con quale capacità di aggiornamento.

2.1. Come modificare il codice attuale

Il Codice dell’amministrazione digitale oggi si presenta con una struttura molto articolata di norme, regole e principi collocati nel testo in modo non lineare, non sempre chiaro e con ambiguità semantiche. Il valore di un codice è quello di supportare azioni, decisioni, programmi, attività sulla base di  principi chiari, semplici, senza ambiguità e senza mescolare i principi con prescrizioni tecniche, con “narrative di progetti”, ecc.; rinviando alle regole tecniche gli aspetti applicativi.

Il Codice non è stato “riscritto” come stabiliva la legge delega 124/2015, a partire dalla finalità della delega (art.1, comma 1) ed in particolare con riferimento a quanto stabilito dall’art. 1, comma 1, lettera m):

“1. Al fine di garantire ai cittadini e alle imprese, anche attraverso l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, il diritto di accedere a tutti i dati, i documenti e i servizi di loro interesse in modalità digitale, nonché al fine di garantire la semplificazione nell’accesso ai servizi alla persona, riducendo la necessità dell’accesso fisico agli uffici pubblici, il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con invarianza delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, uno o più decreti legislativi volti a modificare e integrare, anche disponendone la delegificazione, il codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, di seguito denominato «CAD», nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: [……]

  1. m) semplificare le modalità di adozione delle regole tecniche e assicurare la neutralità tecnologica delle disposizioni del CAD, semplificando allo stesso tempo il CAD medesimo in modo che contenga esclusivamente principi di carattere generale; [……]”.

 

Un Codice si modifica non tanto per intervenire su singoli articoli dello stesso o per ridurre articoli non necessari quanto per “ridurlo” ad unità di principi funzionali, facilmente leggibile ed applicabile.

 

 

2.2. Principi per una riscrittura utile del “Codice”  

La nuova stesura del Codice dovrebbe basarsi su alcuni principi fondamentali:

  1. Il valore legale dei documenti, delle firme e delle transazioni elettroniche.
  2. La riorganizzazione delle P.A. in termini di processi si semplificazione, digitalizzazione e trasparenza (considerati in modo integrato e sistemico) e di una policy di indirizzo e coordinamento a livello nazionale (anche con riferimento all’art. 117, lettera r) della Costituzione).
  3. I nuovi diritti digitali.
  4. Il valore fondamentale e centrale della risorsa dati/documenti/informazione.
  5. Il principio in base al quale i dati in possesso delle PA non devono essere più richiesti ai cittadini “n” volte.
  6. Il principio in base al quale tutte le PA devono formare, gestire, conservare i documenti “solo” in modalità nativamente digitale.
  7. Il principio in base al quale il sito costituisce lo spazio giuridico e tecnologico per accedere, per essere informati, per fruire dei servizi amministrativi in rete.
  8. Il principio in base al quale le PA scambiano e verificano i dati accedendo alle banche dati pubbliche senza oneri, con facilità, per verificare le autodichiarazioni.
  9. Il principio in base al quale tutti i dati delle PA sono “aperti”, accessibili, aggiornati, completi, ecc.
  10. Il principio che il patrimonio informativo pubblico deve essere protetto sia per il valore del patrimonio in quanto tale sia per i dati personali.

Sulla base di tali principi è possibile strutturare un Codice moderno e funzionale, utile, chiaro, applicabile.

Le soluzioni possibili: o si rimette mano all’attuale testo e lo si “semplifica” fortemente; oppure si “riscrive” il testo di un nuovo Codice con una logica giuridica ed una tecnica di normazione innovativa.

 

2.3. Il testo unico delle regole tecniche

Il testo unico ha lo scopo di raccogliere le regole tecniche in un disegno organico e coerente, facilmente aggiornabile, completo, implementabile nel tempo. Il testo unico permetterebbe una facile lettura da parte delle PA, dei cittadini e degli addetti ai lavori.

 

  1. ll coordinamento informativo statistico e informatico dei dati delle P.A. a livello centrale

L’art. 117 lettera r) della Costituzione stabilisce che è funzione legislativa dello Stato “…; il coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale; …”.

Lo Stato quindi per le attività di programmazione, indirizzo e controllo esercita il potere di coordinare la raccolta di dati statistici e il potere di coordinamento informatico dei dati di tutte le amministrazioni ai diversi livelli istituzionali. Sotto il profilo operativo (oltre che giuridico) lo Stato deve esercitare il potere di effettuare il coordinamento (statistico ed informatico) attraverso indirizzi specifici, linee guida, regole tecniche, form di raccolta e attraverso la elaborazione dei dati. Ciò richiede una forte policy di coordinamento nel settore pubblico proprio per il coordinamento informatico dei dati: questa funzione spetta al Presidente del Consiglio (art. 95 Cost.) e per delega al Ministro per la pubblica amministrazione. E ciò richiede un cambio di passo molto significativo: avvio di una cultura del coordinamento informatico dei dati pubblici (ovviamente digitali) per la valorizzazione del patrimonio informativo delle pubbliche amministrazioni a fini di politica generale, di programmazione, di direzione e verifica delle stesse politiche pubbliche. In un contesto dove tutte le pubbliche amministrazioni operano in modalità sistemica.

  1. Il ruolo “cruciale” del responsabile della transizione digitale (art. 17 del Codice dell’amministrazione digitale)

 

Nel processo di trasformazione digitale il ruolo del responsabile della transizione digitale (art. 17, Codice dell’amministrazione digitale) svolge un ruolo fondamentale e a tutti i livelli istituzionali ed organizzativi. Bene ha fatto il Ministro per la pubblica amministrazione  ad emanare la circolare 3/2018. E allora è necessario continuare su questa linea con direttive e linee guida al fine di supportare l’applicazione del Codice dell’amministrazione digitale, il coordinamento informatico dei dati di cui all’art. 117,lettera r) della Costituzione, e il coordinamento informatico dentro le stesse amministrazioni. L’art. 17 e la circolare 3/2018 vanno nella direzione (corretta) di valorizzare le funzioni di indirizzo e coordinamento sia dei dati sia delle tecnologie a supporto del transito dalle amministrazioni analogiche alle amministrazioni digitali. Non abbiamo una diffusa cultura del coordinamento dei dati e quindi è necessario promuovere questa cultura con indirizzi metodologici e tecnici.

  1. La formazione dei cittadini, dei dipendenti e dei dirigenti sui processi innovativi

Il Codice dell’amministrazione digitale si occupa di alfabetizzazione informatica dei cittadini (art. 8) e di formazione informatica dei dipendenti e dei dirigenti pubblici (art. 13).

Stato e pubbliche amministrazioni promuovono iniziative per favorire la diffusione della cultura digitale dei cittadini, in particolare per lo sviluppo di competenze di informatica giuridica e dello sviluppo di servizi digitali delle pubbliche amministrazioni. Per le competenze di informatica giuridica rileviamo l’importanza di formare i cittadini su come accedere e consultare le fonti normative in rete, per promuovere la conoscenza dei diritti digitali e il loro concreto esercizio. Per lo sviluppo dei servizi digitali riteniamo importante che le pubbliche amministrazioni assicurino la più ampia informazione sui servizi digitali e sulla loro erogazione e fruizione in rete. Anche su questo problema il Ministro per la pubblica amministrazione dovrebbe avviare alcune linee di informazione e di indirizzo per la formazione dei cittadini come sopra indicato.

L’art. 13 si occupa della formazione informatica dei dipendenti pubblici finalizzata alla conoscenza e all’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione ma anche dei temi dell’accessibilità oltre alla formazione sulle competenze tecnologiche, di informatica giuridica e manageriali per la transizione digitale. Sulla formazione dei cittadini, dei dipendenti e dei dirigenti (non solo sulle competenze tecnologiche e sull’uso delle tecnologie, ma anche sui diritti digitali, sugli aspetti organizzativi e di accessibilità ai servizi in rete, sulla semplificazione e digitalizzazione considerate in modo integrato) crediamo sia necessario un intervento mirato del Ministro proprio sulla formazione in termini innovativi e rivolto a tutte le pubbliche amministrazioni.

  1. Il forte ruolo di indirizzo e coordinamento per la policy nazionale di trasformazione digitale del Ministro per la pubblica amministrazione.

In queste note ci siamo permessi di richiamare la necessità di un ruolo forte, sistematico, permanente del Ministro (in quanto delegato dal Presidente del Consiglio) sia per indirizzare e sia per coordinare un settore pubblico che ha necessità di transitare verso burocrazie digitali superando la perniciosa situazione di stallo caratterizzata dal sistema misto analogico/digitale. Questo sistema costituisce il vincolo più consistente per rallentare la transizione e la trasformazione digitale. Altrettanto necessario è superare la concezione che la partita della transizione sia particolarmente legata alle tecnologie ed invece la partita si gioca soprattutto sugli aspetti organizzativi, sulla semplificazione dei processi, sulla qualificazione dei servizi, sulla accessibilità in rete.