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‘PA digitale, serve un grande piano di investimenti per favorire il ricambio’. Intervista ad Andrea Nicolini (Cisis)

Il rapporto fra PA centrale e locale nel processo di digitalizzazione della PA, alla luce dei risultati non certo esaltanti della Commissione d’inchiesta sulla digitalizzazione della Pubblica Amministrazione dopo un anno di attività. Ne abbiamo parlato con Andrea Nicolini, coordinatore segreteria tecnica informatica Project Manager del CISIS (Centro Interregionale per i Sistemi Informatici, Geografici e Statistici).

Key4biz. Quali sono i problemi nel rapporto della Pa locale con la Pa centrale?

Andrea Nicolini. Non parlerei di problemi nel rapporto con la PA centrale, quanto di diverse sensibilità e visioni rispetto alle funzioni istituzionali, soprattutto nell’ambito digitale. Molto spesso le PAC nello sviluppo digitale vedono le pubbliche amministrazioni del territorio come semplici fornitrici di informazioni e quasi sempre danno per scontato che dall’altra parte ci siano amministrazioni con le stesse caratteristiche di quella centrale, con grandi capacità di produzione di dati e servizi.

Key4biz. E invece?

Andrea Nicolini. Invece sul territorio le pubbliche amministrazioni sono estremamente eterogenee, possono avere dimensioni analoghe a quelle di alcuni ministeri, ma possono anche avere dimensioni minuscole, con dipendenti che non raggiungono le 15 unità complessive e quindi con visioni, scenari e soprattutto possibilità operative ben diverse da quelle delle amministrazioni centrali. Peggio ancora seppur piccole queste amministrazioni devono applicare gli stessi processi digitali di quelle grandi ed hanno un bisogno enorme di accedere facilmente a tutte le informazioni digitali che le altre pubbliche amministrazioni detengono a partire dalle PAC. Ogni funzionario di amministrazione locale sogna di poter accedere facilmente, velocemente ed in modo standard a tutti i dati cui ha diritto di accedere per fini istituzionali: l’anagrafe nazionale dei residenti, l’anagrafe nazionale delle imprese, l’anagrafe nazionale del territorio (catasto), l’anagrafe tributaria, ecc. Questo tema è stato trattato in parte anche dalla commissione parlamentare di indagine sulla spesa ICT della PA, ma limitandosi al solo caso della nuova Anpr, eppure andrebbe approfondito perché il CAD parla chiaramente delle banche dati di interesse nazionale e le singole amministrazioni che le detengono apparentemente sono in regola, peccato che ognuna abbia deciso politiche e soluzioni tecnologiche differenti che rendono impossibile per le altre amministrazioni, soprattutto per quelle più piccole, utilizzare compiutamente quei servizi.

Key4biz. Ad esempio?

Andrea Nicolini. Ad esempio qualcuno consente l’accesso gratuito alle informazioni ma solo puntuali e destrutturate, mentre per servizi massivi e/o strutturati (ad esempio una visura completa) richiede un canone di accesso e di utilizzo, altri consentono l’accesso solo tramite portale web, anche in questo caso rendendo impossibile l’elaborazione automatizzata delle informazioni che serve al territorio e così via. Un approfondimento della commissione di indagine ed un’azione del commissario potrebbero sbloccare la situazione che è tale praticamente da sempre.

Key4biz. Qual è la situazione nelle regioni italiane? Digitale a macchia di leopardo?

Andrea Nicolini. Sì purtroppo questa è la situazione e per chi come noi quotidianamente lavora per coordinare le azioni è una ammissione di parziale fallimento, parziale perché il livello regionale, o meglio quello delle amministrazioni pubbliche grandi del territorio, è quello più dinamico e per certi versi più ricco di competenze, direttamente nelle amministrazioni, in termini di responsabili e funzionari più preparati e più orientati all’amministrazione digitale, e spesso anche nelle in house con figure tecniche di alto livello.

Chi dirige e amministra il digitale nella PA centrale in genere ha una visione settoriale legata alla competenza specifica dell’amministrazione per la quale lavora, al contrario chi lavora in una grande amministrazione del territorio, Regione, Provincia o Comune, ha una visione trasversale e più ampia dell’applicazione del digitale e quindi quando trova un contesto favorevole (politico, strategico e amministrativo), allora raggiunge l’eccellenza che si riverbera in tanti ambiti diversi sull’intero territorio. Al contrario, il contesto sfavorevole anche in una sola componente produce risultati ridotti o scarsi, in questo modo nasce l’innovazione a macchia di leopardo.

Tutte le iniziative del coordinamento istituzionale vanno nella direzione della diffusione delle buone pratiche e della riduzione dell’effetto macchia di leopardo, ma facilitare la creazione di un contesto favorevole è molto, molto difficile.

Key4biz. Come procedono i progetti di digitalizzazione, in particolare in campo sanitario?

Andrea Nicolini. La sanità è sicuramente l’ambito più sfidante e più complesso per la digitalizzazione, quello nel quale le distorsioni e l’effetto macchia di leopardo diventa più evidente. In un territorio eccellente il digitale in campo sanitario crea vera innovazione, in un territorio mediocre il digitale in campo sanitario crea rabbia e sconcerto e riduce drasticamente la qualità del servizio complessivo. Ovviamente il progetto più conosciuto o più citato è quello del fascicolo sanitario digitale, per il quale è possibile conoscere lo stato di attuazione grazie al portale FSE di AgID.

Key4biz. Vale a dire?

Andrea Nicolini.  Non bisogna confondere o identificare lo stato di digitalizzazione della sanità con il solo fascicolo sanitario. La digitalizzazione in sanità infatti apre scenari completamente nuovi dei quali oggi non riusciamo nemmeno bene a comprendere i confini. Ad esempio, l’assistenza sanitaria e sociale presso la casa del paziente attraverso l’IoT o i robot od il più semplice utilizzo efficace dello smartphone come punto di contatto (touch) fra il paziente e la rete sanitaria. L’unione e la lettura intelligente dei dati dei sensori (tutti gli oggetti smart già oggi disponibili) e delle nostre abitudini rilevate dal telefonino (orari, attività, riposo, ecc.) potrebbero rivoluzionare tutto il sistema della prevenzione e dello screening proiettandoci in una nuova dimensione sanitaria. Qualche territorio ci sta già lavorando molto ed i risultati si vedono, bisogna accelerare nel portare tutti i territori ad esplorare queste dimensioni, senza trascurare la digitalizzazione sanitaria di base, non dovrebbero più esserci strutture pubbliche sanitarie che non digitalizzano le prestazioni e consentono al cittadino di avere in digitale tutte le prestazioni erogate (farmaci, referti, lettere di dimissioni, ecc.).

Key4biz. Mancano fondi per il digitale? O i fondi ci sono ma vengono spesi in maniera non ottimale?

Andrea Nicolini. I fondi, come evidenziato anche dall’indagine della commissione parlamentare sulla spesa ICT, sono pochi e per di più poche volte vengono spesi in modo ottimale. Bisognerebbe riqualificare la spesa e soprattutto aumentarla, altrimenti non recupereremo mai il gap che ci separa dagli altri paesi, a cominciare da quelli europei. Non è un problema per gli interventi speciali, ad esempio la programmazione europea 2014-2020 che vede disponibili adeguate risorse anche se non investite in modo organico fra il livello centrale e quello territoriale anche a causa di una grande difficoltà nel sincronizzare le attività, i piani operativi regionali (POR), sono attivi da anni, mentre i pini operativi nazionali (PON) in alcuni casi tuttora sono solo parzialmente attivi. Ma è un problema per i fondi ordinari che negli ultimi anni sono stati sempre gradualmente ridotti, anche grazie all’impossibile clausola di tutte le norme recenti digitali di innovazione a risorse invariate. L’innovazione purtroppo spesso si è costretti a farla infrangendo le leggi o perché si cambia un processo o un procedimento secondo modelli non previsti dalle norme vigenti oppure perché si spende e si investe anche se la norma prevedeva l’adeguamento a risorse invariate. Per far crescere il digitale più velocemente nel paese, non solo nella PA, servono investimenti, magari mirati e limitati nel tempo, ma servono.

  

Key4biz. I grandi progetti del piano Crescita Digitale (Spid, Anpr, PagoPA) come li vede dal suo osservatorio?

Andrea Nicolini. I grandi progetti sono molto importanti, perché garantiscono a tutte le amministrazioni la disponibilità di servizi e dati attorno ai quali costruire una digitalizzazione migliore, purtroppo sono tutti in ritardo e tutti andrebbero accelerati. Anpr è il caso più evidente, nella prima norma era prevista la sua completa attivazione per dicembre 2014, siamo alla fine del 2017 ed ancora il traguardo è lontano, forse a fine 2018 raggiungeremo numeri significativi (almeno in termini di popolazione), ma Anpr per essere davvero efficace dovrebbe coprire il 90/95% della popolazione e dei comuni.

Key4biz. E Spid?

Andrea Nicolini. Analogamente, Spid sarà veramente utile solo quando ci sarà una alta percentuale della popolazione che avrà le credenziali e quando praticamente ogni servizio della PA digitale e dei principali operatori privati lo utilizzerà, per la prima parte il termine è fine marzo 2018, per il secondo purtroppo ad oggi siamo ancora in alto mare.

Key4biz. E PagoPA?

Andrea Nicolini. PagoPA è il grande progetto messo meglio ed a breve migliorerà ancora molto con le nuove interfacce progettate in una logica moderna, ha numeri e volumi economici già importanti, quindi nel 2018 sarà probabilmente il servizio digitale pubblico maggiormente conosciuto con soddisfazione dei cittadini, anch’esso però ha richiesto più tempo del previsto, è dal 2013 che di fatto è operativo. I progetti sono importanti e chi vi lavora ci sta mettendo moltissimo impegno da anni, ma ci vuole comunque tempo perché il contesto non è ottimale, le volontà politiche non sono tutte allineate, spesso le relative azioni non sono prioritarie, così come i funzionari della pubblica amministrazione troppo spesso subiscono e non cavalcano l’innovazione e lo stesso dicasi per i cittadini utenti, spesso in difficoltà con le innovazioni digitali.

Siamo di fronte ad una difficoltà intrinseca del paese, legata ad elementi noti culturali (percentuale più bassa di lauree nelle aree tecnico scientifiche STEM), per superare i quali servono piani strutturali sulle competenze che per ora non sono previsti e pianificati.

Key4biz. C’è un problema di competenze digitali all’interno delle regioni, come traspare dalla relazione della commissione parlamentare?

Andrea Nicolini. Come accennato in precedenza, il problema è sistemico del paese, tuttavia nelle grandi amministrazioni del territorio è paradossalmente meno forte che nelle grandi amministrazioni centrali (come evidenziato dalla relazione della commissione) e nelle piccole amministrazioni. Se le competenze del territorio fossero in rete fra loro in una logica di sistema con il livello centrale allora si potrebbe avviare un vero piano di crescita delle competenze che faccia leva sulla rete e favorisca la diffusione capillare della cultura dei servizi digitali. Ma servirebbe anche un grande piano di investimenti in figure professionali e nuove assunzioni nella PA che da troppo tempo non si vede. Bisogna favorire il ricambio all’interno delle PA, perché il potenziale del digitale lo si sfrutta solo se all’interno vi sono sufficienti competenze per far cambiare il modo di lavorare a tutta la PA.

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