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PA Digitale, in 2 comuni su 10 manca un Responsabile Transizione Digitale. Ma servono competenze per il Pnrr  

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Responsabile della Transizione Digitale, chi era costui? Questa la domanda che gira in troppi comuni italiani, vista la non certo capillare presenza di questa figura professionale, obbligatoria per legge, all’interno dell’amministrazione. Fatto sta, che due comuni su dieci in Italia non ne hanno ancora nominato uno, di Responsabile della Transizione Digitale. E questo è ancor più grave in tempi di Pnrr e fondi in arrivo per la trasformazione digitale della PA.

Al 30 settembre 2022 ne erano stati nominati 9.971, contro i 7.899 dell’ottobre 2021. Lo rileva il rapporto elaborato da Csel (Centro Studi Enti Locali) per l’Adnkronos nel quale esamina alcuni indicatori utili per misurare lo stato di avanzamento di alcuni dei principali servizi digitali.

Chi è il Responsabile della Transizione Digitale

Questa figura professionale è deputata a garantire operativamente la trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione, coordinandola nello sviluppo dei servizi pubblici digitali e nell’adozione di modelli di relazione trasparenti e aperti con i cittadini. In attuazione dell’art. 17 del Codice dell’Amministrazione digitale ogni P.A. avrebbe dovuto già da anni essere responsabile di un ufficio per la transizione alla modalità digitale, a cui competono le attività e i processi organizzativi ad essa collegati e necessari alla realizzazione di un’amministrazione digitale e all’erogazione di servizi fruibili, utili e di qualità. Sebbene ci siano stati importanti progressi nell’arco dell’ultimo anno, gli enti che hanno accumulato i ritardi più importanti in questo senso sono i comuni, fermi ancora a quota 6.295 (79,6%). Due comuni su 10 (1.609) sono quindi ancora inadempienti e non hanno ancora provveduto a nominare questa figura chiave. Un anno fa, gli enti non in regola erano oltre il doppio: 3.109.

Pioggia di fondi del Pnrr per la transizione digitale: 48 miliardi di euro

Una carenza che fa a pugni con la pioggia di fondi del Pnrr per il digitale in arrivo in quasi tutti i comuni italiani per la trasformazione digitale, fra i pilastri principali del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Il piano per la ripresa e la resilienza dell’Italia, che è il più cospicuo dell’intera Unione europea, ammonta a 191,5 miliardi di EUR. Il 25,1 % di tale importo (ossia 48 miliardi di EUR) è destinato alla transizione digitale.

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Secondo i dati forniti dal Dipartimento della trasformazione digitale il 98% dei Comuni italiani è registrato alla piattaforma (si chiama Padigitale 2026) attraverso cui richiedere i finanziamenti e il 95% ha presentato una richiesta ad almeno a uno degli avvisi.

I diversi settori d’intervento hanno budget ricchi:

Il problema è che una volta incamerati i fondi – la prima tranche da 21 miliardi di euro per l’Italia è stata approvata pochi giorni fa dalla Commissione Ue – i comuni hanno problemi nella fase di realizzazione dei progetti: la presenza di un responsabile della transizione digitale aiuterebbe di certo a focalizzarsi sugli obiettivi da raggiungere, senza la necessità di affidare tutto a qualche consulente esterno.

Criteri di rendicontazione stringenti

Il problema dei fondi del Pnrr è che i criteri di rendicontazione sono stringenti.

Il rischio che i fondi non vengano spesi completamente o che vengano spesi un po’ a casaccio perché non vadano perduti c’è. La speranza è che in tempi stretti i comuni, anche quelli più piccoli, possano dotarsi delle competenze necessarie per investire in dotazioni e processi tecnologici davvero necessari per la trasformazione digitale tanto auspicata del nostro paese.

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