L'analisi

PA digitale, falsa partenza per il reddito d’inclusione (REI)?

di Arnaldo Dovigo, Membro degli Stati Generali dell’Innovazione |

Lo scorso 27 novembre 2017 il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha iniziato la campagna informativa sul REI (Reddito di inclusione). È già passata la prima metà di gennaio e la prima quota mensile del REI non è ancora arrivata.

Dello Spid, annunciato in pompa magna nell’ormai lontano 2014, si sa che non gode di ottima salute. Usato da chi ne ha tratto vantaggio per ottenere i 500 euro per i 18enni a fini culturali e dagli insegnanti, che come sappiamo non sempre sono stati usati per gli acquisti di libri didattici, biglietti di teatro e corsi di aggiornamento (c’è chi parla di ricettari per la nonna, frigoriferi e altro). A parte loro e rispetto alle aspettative è stato richiesto da ben poche persone. Sfiducia o insofferenza all’ennesima innovazione tecnologica la cui utilità non è molto chiara, tant’è.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali il 27 novembre 2017 ha iniziato la campagna informativa sul REI (Reddito di inclusione).

Trascuriamo la marea di sigle che meriterebbe un’analisi relativa non solo a questo annuncio e che non aiutano come vorrebbero le norme sulla semplificazione linguistica  della comunicazione istituzionale ma semmai ne complicano la comprensione.

Un comunicato del 23 novembre scorso il Partito Democratico ne assicurava l’erogazione dal 1° gennaio 2018, scrivendo un  “fino a” in caratteri di misura inferiore, elemento che sappiamo può trarre in inganno come accade nelle pubblicità tanto che il suo uso è stato vietato nei contratti assicurativi, indicando un importo superiore a quello del comunicato ufficiale del ministero, e la precisazione che “Inps verifica i requisiti entro cinque giorni” fa passare l’idea di un iter celere dell’assegnazione del contributo. Quanto all’importo presidente dell’Inps Tito Boeri in un’intervista rilasciata già lo scorso luglio definiva la misura discriminatoria e insufficiente.

È già passata la prima metà di gennaio e la prima quota mensile del Reddito di inclusione non sembra essere ancora arrivata.

I Caf, sui quali si è riversata la mole della raccolta delle richieste che dovrebbe essere gestita dai comuni, sono stati una volta di più intasati dal lavoro, perché il software è stato rilasciato con 11 giorni di ritardo e nel contempo debbono espletare le pratiche relative agli Isee di coloro che son tenuti a produrli alle Asl per l’esenzione al contributo sulle prestazioni sanitarie, il cosiddetto ticket.

“Dal 1° gennaio 2018 il REI sostituirà il SIA” diceva l’annuncio. Non si tratta di fare la Cassandra di turno, ma c’è da domandarsi come abbia pensato il ministero di raccogliere e elaborare i dati degli aventi diritto in un mese composto da tredici giorni lavorativi, al netto di ponti e ferie dei dipendenti.

Oppure più realisticamente quel “1° gennaio 2018” è solo una data d’inizio al pari degli annunci “a partire da…” di molte offerte commerciali? Per quanto riguarda il SIA dando un’occhiata alle situazioni di molti comuni, sembra più opportuna l’altra formula pubblicitaria “a piccole rate mensili” delle quali non sono quasi mai citati l’importo e la quantità, in questo caso la scadenza che è una variabile quanto mai aleatoria.

La questione non è né offensiva né peregrina, perché in alcune realtà, basta sfogliare i quotidiani locali, l’erogazione del SIA ha avuto tali e tante traversie e conseguenti palleggiamenti di responsabilità tra regione, comune, INPS, caf che, come detto, raccolgono le domande, e sportelli bancari che erogano fisicamente il contributo, tanto che uno di essi ha esposto un cartello di esonero da responsabilità, che poco interesserebbero i beneficiari del sostegno se non fosse che, a differenza del ministero e a cascata degli enti coinvolti, le aziende di fornitura di servizi fatturano puntualmente, così come puntualmente vogliono essere pagati gli esercizi di generi alimentari, trascurando le altre spese.

Siamo ormai piena campagna elettorale e sui giornali e i Social Media si cominciano a leggere le promesse elettorali, senza che siano citate le relative coperture finanziarie.

C’è un proverbio che recita “Un bel sì che me consolo o un bel no che provedo”. Insomma, c’è l’aspettativa di un impegno chiaro e con scadenze certe sulle quali possa far conto il famoso buon padre di famiglia a cui si chiedeva la dovuta diligenza.

Altrimenti cambieranno, un’altra volta, solo il nome e la sigla.