Lo scontro

Open Fiber, richiesta danni da 1,5 miliardi a Tim che non resterà a guardare

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Sale il livello dello scontro fra Open Fiber e Tim sulla rete a banda ultralarga nelle aree bianche del paese, mentre proseguono i negoziati per giungere ad una soluzione condivisa sulla rete unica voluta dalla politica.

Sale il livello dello scontro fra Open Fiber e Tim sulla rete a banda ultralarga nelle aree bianche del paese. Open Fiber, l’operatore wholesale only controllato da Enel e Cdp, ha depositato una richiesta di risarcimento danni da 1,5 miliardi di euro nei confronti di Tim, con l‘accusa di abuso di posizione dominante nel mercato della banda larga. Lo rende noto la Reuters, aggiungendo che la richiesta di risarcimento è stata depositata dopo che l’Antitrust italiano ha comminato una multa di 116 milioni di euro a Tim (progetto Cassiopea) lo scorso mese di marzo per la sua “strategia anti concorrenziale premeditata” finalizzata a mantenere il suo status nel mercato della banda ultralarga.  

Accuse di abuso di posizione dominante

La conferma della richiesta di risarcimento danni era giunta già ad aprile da parte dell’amministratore delegato Elisabetta Ripa, il tutto mentre proseguono ormai da un anno in parallelo i negoziati fra le due società per l’integrazione delle rispettive reti in fibra.

C’è da dire che il mese scorso anche l’operatore francese Iliad ha avviato un’azione legale al tribunale di Milano contro Kena Mobile, il brand low cost di Tim, con l’accusa di ostacolare il suon consolidamento sul mercato italiano del mobile.

Tim pronta a rispondere

Per quanto riguarda le accuse di Open Fiber a Tim Reuters aggiunge che fonti di Tim le avrebbero definite ridicole, aggiungendo che Tim a sua volta sta preparando la sua richiesta di risarcimento danni contro Open Fiber per “concorrenza sleale”, con cui richiederà un risarcimento pari se non superiore a quello avanzato dalla rivale.

Inoltre, la sentenza Antitrust a cui si fa riferimento, ha dichiarato che il presunto abuso all’interno delle aree bianche era già terminato ad agosto 2018, ovvero ben prima della decisione dell’Antitrust e, quindi, in un periodo in cui la controllata da Cdp ed Enel non aveva ancora realizzato alcuna infrastruttura da offrire al Mercato in quelle aree. 

Difficile a questo punto immaginare un negoziato sereno fra le parti per una futura fusione con questi presupposti.

Enel non ha fretta

Dopo l’attacco di Beppe Grillo a Open Fiber della scorsa settimana e la pronta replica dell’ad dell’operatore controllato da Enel e Open Fiber Elisabetta Ripa, non è giunta alcuna reazione da parte di Enel. La società guidata da Francesco Starace non ha fretta di cedere la sua quota del 50% in Open Fiber, forte peraltro dell’offerta ricevuta da parte del fondo infrastrutturale australiano Macquarie che, secondo il Sole 24 Ore, valuterebbe il 100% dell’azienda di più rispetto ai 7-8 miliardi ipotizzati. Di fronte ad un’offerta irrinunciabile Enel non potrebbe rifiutare, anche se finora non ha manifestato chiare intenzioni di uscire dal business della banda larga.

Elisabetta Ripa frena la fusione

Nel frattempo, l’ad di Open Fiber Elisabetta Ripa ha detto chiaramente che la fusione fra Tim e Open Fiber rallenterebbe i tempi di realizzazione della nuova infrastruttura a banda ultralarga. Resta poi da capire in che modo Cdp, ago della bilancia di una sempre più auspicata (da parte della politica) operazione di merger delle due reti si farà regista dell’operazione. Finora, Cdp che detiene il 9i,9% in Tim e il 50% in Open Fiber non ha preso le redini della situazione (almeno apertamente).  

Posto che qualsiasi progetto di rete unica deve passare per la valorizzazione del 50% detenuto da Enel, che come accennato in precedenza, non ha alcuna intenzione di svendere la sua parte, le ipotesi sul tavolo sono diverse. Una porebbe prevedere il controllo azionario di Tim con la gestione della governance lasciata in mano a Cdp. Un’ipotesi, questa, osteggiata apertamente da Open Fiber, che punta sul modello wholesale only a maggioranza pubblica e rifiuta il controllo della nuova entità da parte di un  soggetto verticalmente integrato qual è Tim.

Sindacato spinge Cdp

Nel contempo, anche i sindacati si sono fatti sentire. Secondo Fabrizio Solari, segtretario generale della Slc Cgil oggi “scegliere di presentare all’Europa, in luogo del chiacchiericcio odierno, un piano straordinario di ammodernamento nel digitale darebbe al nostro Paese qualche occasione di ascolto in più nel complesso negoziato per lo sblocco del piano europeo di aiuti alle economie comunitarie”.

“Cassa depositi e Prestiti è oggi, con circa il 10% delle azioni, tra i maggiori azionisti di Tim e contemporaneamente detiene il 50% delle azioni Open Fiber.

Una strategia di convergenza tra le due realltà potrebbe realizzarsi attraverso l’uscita di Enel e il conferimento, dopo la fusione tra le due reti, delle azioni detenute da Cdp in Open Fiber in azioni Tim. La conseguenza sarebbe il consolidarsi in Tim di un significativo nocciolo di Cdp che, col tempo, potrebbe aggregare attorno a sé un azionariato che accetti un investimento di lungo periodo, oltre ad un azionariato diffuso rassicurato dalla presenza dello Stato”.