Banda ultralarga

Open Fiber, finalmente CDP si decide e Mario Rossetti capitola

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Ora la parola agli avvocati, per trattare forse una liquidazione milionaria e magari una manleva tombale, che protegga da qualunque azione di responsabilità. Ma perché mai si debbono concedere questi privilegi a chi ha distrutto il valore di una azienda pubblica, sprecando soldi pubblici? È bene che Cassa Depositi e Prestiti rifletta su questi aspetti.

Notizia inaspettata? Ne abbiamo parlato per oltre un anno in totale solitudine

Siamo rimasti molto sorpresi a fine settimana scorsa, quando abbiamo appreso dalla stampa che Mario Rossetti, il grande amministratore delegato/Zar di Open Fiber, è stato improvvisamente defenestrato da Cassa Depositi e Prestiti (CDP). Anche se, a dire il vero, la notizia in sé non ci ha meravigliati più di tanto. E’ da un anno che denunciamo in totale solitudine le cose che non vanno, guardando mestamente a come si potesse impunemente ridurre in briciole una società pubblica, buttando dalla finestra soldi anch’essi pubblici. È stato, semmai, il defenestramento di CDP a destare la nostra sorpresa, dopo mesi e mesi di muri di gomma protettivi che CDP stessa aveva messo a difesa di Mario Rossetti.

Ora sembra tutto normale, è scontato, eppure nell’ultimo anno siamo stati ignorati, in qualche caso derisi e addirittura denunciati per diffamazione da Open Fiber e da Mario Rossetti (che ci oggi chiedono 1,5 milioni di danni), perché abbiamo osato dire la verità, peraltro sempre e puntualmente documentandola. Tanto è vero che né Mario RossettiOpen Fiber sono mai stati in grado di confutare i dati da noi pubblicati, nonostante il nostro invito a farlo qualora fossero stati da loro giudicati inesatti.

La fine di chiacchiere e bugie

E allora, se guardiamo alle ultime settimane (che francamente sono state come gli “Ultimi giorni di Pompei”), viene voglia di chiedersi dove sia finita la tanto sbandierata e famosa “accelerazione”, dove sono finite le migliaia di “chilometri scavati”, dove sono le frotte di “clienti attivati”, tutti obiettivi alterati che Mario Rossetti ha sempre dichiarato di aver raggiunto?

Del resto, non si sono mai visti degli azionisti che, come in questo caso, cacciano un amministratore delegato che ha lavorato bene, a meno che non siano dei folli.

Evidentemente Mario Rossetti viveva in una realtà parallela tutta sua, una bolla degna di Second Life, un Metaverso del tutto personale, dal momento che gli obiettivi scompostamente urlati ai quattro venti non sono mai stati raggiunti, se non a chiacchiere.

L’ascesa di uno Zar che tiene tutti in riga

Ma ricostruiamo, ancora una volta, i fatti.

Siamo nel dicembre del 2021 al momento del closing dell’operazione di cessione delle azioni Enel a Macquarie e CDP. Fu allora che Mario Rossetti, fortemente supportato dal presidente uscente Franco Bassanini, viene nominato amministratore delegato di Open Fiber.

Contrariamente a quanto egli stesso dichiara fin da subito come un disco rotto, Mario Rossetti eredita una azienda che è invece puntuale come un orologio svizzero, grazie all’ottimo lavoro dei precedenti amministratori delegati Tommaso Pompei ed Elisabetta Ripa, tanto è vero che l’azienda, dopo una lunga due diligence fatta da uno dei più grandi fondi infrastrutturali del mondo, viene valutata 7,3 miliardi di euro.

Va anche detto che in molti avevano allertato Franco Bassanini sulle caratteristiche manageriali e di gestione operativa di Mario Rossetti, ma, inspiegabilmente e ostinatamente, Franco Bassanini lo ha ugualmente appoggiato. Tuttavia, il primo però a fare le spese di questa scellerata decisione è stato proprio l’anziano politico, che è stato silurato e silenziato con un contratto di consulenza, inutile per quanto possa essere stato appetibile. Mario Rossetti, infatti chiede e ottiene la firma dell’ex presidente in calce ad un un accordo che impone all’ex ministro il silenzio per un anno sulle Tlc e l’obbligo di non poter parlare più a nome di Open Fiber. E, si badi bene, tutto questo dopo che Mario Rossetti stesso aveva tramato dietro le quinte per evitare la sua riconferma come presidente, inventandosi la storiella del rispetto delle quote rosa, storiella rivelatasi falsa dal momento che, dopo poco più di un anno e dopo le dimissioni della meteora invisibile Barbara Marinali, viene nominato presidente Paolo Ciocca, tuttora in carica, che ci risulta non rientrare a nessun titolo nelle quote rosa.

Via i manager dissidenti e sovietizzazione del top management

A fronte di un Business Plan fatto dal solo Mario Rossetti e pieno di obiettivi irrealizzabili e approssimazioni generiche, nel giro di pochi mesi i migliori manager di Open Fiber scappano a gambe levate o iniziano azioni legali contro l’azienda, che li ha di fatto emarginati per avere avuto l’ardire di mettere in dubbio la qualità del Piano industriale di Mario Rossetti.

Naturalmente questa grave operazione di emorragia ingiustificata di quasi tutti i manager della prima linea di Open Fiber si è svolta nel più totale disprezzo del codice etico dell’azienda, di CDP e di Macquarie e la responsabilità di tutto ciò ricade sulla testa della direzione del personale, a cui va imputata una organizzazione aziendale molto discutibile e totalmente inefficiente.

Come accade a coloro che si accorgono di avere davanti a sé un compito fin troppo grande, gestire un’azienda complessa in un contesto competitivo, Mario Rossetti inizia così uno storytelling contro gli amministratori delegati che lo avevano preceduto, Tommaso Pompei ed Elisabetta Ripa, come se lui venisse dal pianeta Marte. In realtà il nostro eroe era stato Chief Financial Officer in Open Fiber già dal 2017 ed aveva la responsabilità proprio del controllo di gestione.

E arriviamo ai giorni nostri

Come sappiamo, le bugie hanno le gambe corte e al momento di dover realizzare il cablaggio nelle Aree grigie sussidiate, Mario Rossetti dà sfoggio di tutta la sua inadeguatezza. L’azienda non rispetta nessuna delle milestone previste dalle Convezioni firmate con Infratel. E su questo, purtroppo per lui, Mario Rossetti non può più dare la colpa alla gestione precedente, come ha fato per mesi e mesi.

Ma la fantasia non ha limiti e quindi il nostro eroe si inventa un’altra scusa, imputando i ritardi e lo spreco di risorse alla guerra in Ucraina e alla crisi energetica. Tutto per sopravvivere, per guadagnare un po’ di tempo ovvero qualche mese. Ormai la strategia è chiara. A lui non interessa che l’azienda funzioni, anche perché non ha alcuna idea di come farla funzionare, semmai l’unica cosa che gli interessa è mantenere il più a lungo possibile il proprio sedere sulla sedia del potere.  

Il ruolo disdicevole dei giornaloni del mainstream: tutti genuflessi

Appare sempre più frequentemente sui genuflessi giornaloni del mainstream, che gli concedono senza ritegno toni autoreferenziali. Si lancia in sconclusionate interviste in cui parla di fantomatici “servizi digitali del futuro”, dando la chiara ed inequivocabile conferma che non ha mai avuto idea di ciò di cui sta parlando. Del resto la sua esperienza precedente era di amministratore delegato di Cobra Antifurti.

Quello per cui in sostanza Mario Rossetti sarà ricordato innanzitutto è per il fatto di aver preso una azienda che valeva 7,3 miliardi di euro ed averla trasformata in un chiacchierificio con quasi 6 miliardi di euro di debiti previsti alla fine dell’esercizio 2023.

Open Fiber: ecco perché lo Zar Rossetti ha sbagliato tutto

Mario Rossetti ha sbagliato tutto quello che poteva sbagliare.

Non si è preoccupato dell’operatività, dell’efficienza e dei ricavi dell’azienda, compito indiscutibile di un amministratore delegato, ma si è invece imbarcato in una folle impresa per l’acquisizione della rete di TIM spinto dal proprio smisurato ego e dai consigli completamente sbagliati delle mezze calzette che all’interno dell’azienda si dichiarano strateghi della tattica e della strategia, oltre che del regolatorio e delle relazioni istituzionali. In questo caso, l’azzeccagarbugli interno di manzoniana memoria, lo aveva rassicurato sull’inesistenza di problemi antitrust dell’operazione, facendo deragliare in questo modo anche il progetto di CDP per la rete unica.

L’epilogo è storia di questi ultimi giorni.

KKR acquisirà, aggiungiamo per fortuna, la Netco. Mario Rossetti è stato defenestrato. CDP ne esce con le ossa rotte. Macquarie, che ha fatto l’errore di fidarsi di CDP e di Mario Rossetti, si ritrova con una azienda che vale molto ma molto meno dei 7,3 miliardi di euro di poco meno di due anni fa.

Chi lo sostituirà troverà macerie: tutta la nostra solidarietà

Non possiamo, allora, fare altro che augurare un grosso in bocca al lupo al nuovo amministratore delegato Giuseppe Gola, perché lui, sì, eredita una azienda distrutta. Farebbe sicuramente bene a dare avvio ad una serie di Audit, volti a verificare la correttezza dei dati aziendali e le conseguenze del mancato rispetto delle norme previste dalle Convenzioni e Concessioni che si sono registrate con l’attuale gestione. Ci permettiamo di concludere affermando che Open Fiber, ormai ha una sola via d’uscita, che per primi abbiamo indicato nel lontano gennaio di quest’anno (E se invece separassimo la rete di Open Fiber?), recentemente ripresa anche dall’on. Maurizio Gasparri e che consiste nella separazione tra Aree nere da una parte (da cedere sul mercato) e Aree bianche e Aree grigie dall’altra, per fare confluire queste ultime nell’attuale progetto industriale del MEF e di KKR.

L’unico obiettivo raggiunto da Mario Rossetti è di poter dire che lascia Open Fiber ben peggio di come l’ha trovata, risultato del resto inevitabile se si considerano i metodi di gestione praticati, a dir poco opachi.

Anche questa volta il copione della liquidazione milionaria e della manleva tombale?

In queste ore immaginiamo si stiano affilando le lame degli avvocati, per trattare presumibilmente una liquidazione milionaria favore del defenestrato AD e, ne siamo certi, magari accompagnata da ombrelli protettivi con manleve che proteggano da qualunque successiva azione di responsabilità.

L’opinione pubblica si chiederà perché mai si debbano concedere questi privilegi a chi ha distrutto il valore di una azienda pubblica, spandendo senza criterio i soldi pubblici che avrebbero dovuto finanziare le operatività.

È bene che Cassa Depositi e Prestiti rifletta su questi aspetti.