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Nonostante le paure, le auto a guida autonoma la stanno spuntando. Il focus ASviS

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Cina e Stati Uniti spingono sull’acceleratore: 500 robotaxi in funzione a Wuhan, mentre Waymo lancia il progetto per adolescenti in Arizona. L’Ue procede a rilento per i vincoli normativi. E l’Italia testa il primo car sharing autonomo e sociale in Europa.

La macchina guida da sola, il volante oscilla a destra e sinistra per seguire le curve, un radar individua gli ostacoli nel raggio di 250 metri, un monitor tiene aggiornato il passeggero sul percorso per rendere il viaggio confortevole: questa è a grandi linee l’esperienza che potreste fare se vi trovaste dentro una macchina a guida autonoma, come è successo a Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS, durante un viaggio in Cina, a Canton, e che ci ha raccontato qui: “È stato impressionante”, ha detto Giovannini. “La macchina vede tutto quello che accade fuori, per strada. Se un bambino cade l’auto se ne accorge e si ferma. La prenoti con un meccanismo molto simile a Uber, e se scegli di cambiare itinerario non puoi. Deve prima ricevere l’ok dal centro di comando”. I dati dei passeggeri vengono distrutti alla fine di ogni corsa, o almeno così assicura Toyota, una delle aziende di punta del settore automotive e proprietaria dell’auto.

L’esperienza del tragitto è “confortevole”, tutto è andato liscio, ma ci sono alcune questioni ancora da sbrogliare: “Come evolvere il layout della macchina?”, si chiede Giovannini. “Perché sprecare due posti frontali (uno riservato al volante, l’altro a un pupazzo di gomma, un finto passeggero per tranquillizzare gli altri, ndr)? La Toyota sta pensando a una macchina che consegni persone ma anche pacchi. Perché dobbiamo avere separate le due funzioni? Nel momento in cui te lo chiedi il sistema cambia radicalmente”. Ed è proprio questo il tipo di domande che le aziende si stanno facendo per compiere i prossimi passi nella direzione giusta.  

A che punto siamo

Per avere un quadro completo della situazione, bisogna sapere prima di tutto che non esiste un solo tipo di automazione della guida. Si va dal livello zero (completamente manuale) al livello cinque (completamente autonomo) passando per varie sfumature, come l’“automazione condizionale”, che prevede la guida autonoma con una persona all’interno (il safety driver) incaricata di prendere in mano la situazione in caso di decisioni critiche. Gli utilizzi sono vari: veicoli personali, robotaxi, camion per le consegne e molto altro.

Molti studi confermano i benefici delle auto a guida autonoma – maggiore sicurezza, migliore efficienzacosti inferiori. Secondo l’Istituto superiore di sanità “la grande maggioranza degli incidenti gravi e di quelli mortali sono dovuti a una serie di comportamenti scorretti, principalmente eccesso di velocità, guida distratta e pericolosa, mancato rispetto della precedenza o della distanza di sicurezza, assunzione di alcol e sostanze stupefacenti”, rischi che verrebbero abbattuti con le auto a guida autonoma. Gli ostacoli però sono ancora molti: tecnologici, normativi ed economici. L’intelligenza artificiale ha fatto fare al settore un bel salto in avanti, rendendo le auto ancora più sicure, grazie al calcolo in tempo reale di una quantità di variabili da capogiro.

Anche il mercato sta rispondendo positivamente. Nel 2021 il valore del settore si aggirava intorno ai 24 miliardi di dollari, mentre nel 2026 sarà probabilmente di 62. Il World economic forum ha dedicato all’argomento un white paper giusto qualche mese fa, in cui ha stilato previsioni positive ma molto caute: “Le prime implementazioni di veicoli autonomi sono già in atto sulle strade. Tuttavia, sta diventando evidente che l’implementazione su larga scala sarà più lenta del previsto”.

Per il Wef, la tipologia di auto che dominerà il mercato nei prossimi anni apparterrà alla categoria L2 o L2+ – guida autonoma con il controllo del conducente, nel primo caso con mani sul volante e occhi sulla strada, nel secondo solo occhi sulla strada. L’adozione dei veicoli L3 (guida autonoma ma controllo del conducente in condizioni critiche) e L4 (guida autonoma ma solo su alcuni tipi di strade, come le autostrade) resterà di nicchia – il Wef prevede che solo il 4% delle nuove auto entro il 2035 sarà dotato di funzionalità L4. La Cina adotterà principalmente veicoli L2+ e L3/L4 più rapidamente, trainata dalla forte domanda dei consumatori e da un ecosistema che incoraggia l’innovazione.

robotaxi hanno già dimostrato in alcune città statunitensi e cinesi di poter funzionare bene. Tuttavia, bisogna tenere conto degli elevati costi di sviluppo dei software e di implementazione delle infrastrutture, nonché dell’effettiva scalabilità. Per il Wef, entro il 2035 i robotaxi saranno presenti in gran numero in 40-80 città in tutto il mondo – principalmente Cina e Usa. Fino al 2030 l’Europa manterrà un atteggiamento cauto, dando più spazio ai robotshuttle, i veicoli autonomi di trasporto pubblico. Gli Stati Uniti guideranno invece il settore del trasporto autonomo delle merci – entro il 2035, il 30% delle vendite di nuovi camion per le consegne negli Usa prevederà un alto livello di automazione.

Il Wef mette però le mani avanti: se in futuro la tecnologia (specialmente con l’AI) migliorerà più velocemente del previsto e le aziende riusciranno a far fiorire la fiducia nei consumatori (per ora abbastanza diffidenti a salire su un’auto che si guida da sola) il quadro potrebbe cambiare drasticamente. Per ora, comunque, accontentiamoci di queste proiezioni.  

Le aziende di punta

Vi ricordate quando giusto un mese fa, durante le proteste di Los Angeles, i manifestanti hanno dato fuoco ai robotaxi? Erano automobili targate Waymo, la società che fa capo a Google, leader del settore driverless, in cui investe dal 2009. In pole position troviamo anche Uber – che sta riversando centinaia di milioni di dollari nel mercato, con l’obiettivo di eliminare la sua principale voce di costo: la quota agli autisti – e Apollo Go, società satellite di Baidu, la Google cinese. Seguono Toyota, Mercedes-Benz, General Motors, Continental Automotive Systems, Autoliv Inc., Bosch, Nissan e Audi, oltre alla sempiterna Tesla. Apple sembra invece aver deciso di tagliare i fondi del progetto automotive “Titan”, confermando ancora una volta la difficoltà dell’azienda di Cupertino di trovare nuovi settori in cui svilupparsi.

In Cina, nello specifico a Wuhan, i taxi a guida autonoma sono una realtà già ben collaudata. Ce ne sono circa 500 e appartengono tutti ad Apollo Go. Il costo della corsa è molto basso perché Baidu vuole che i robotaxi percorrano più chilometri possibili, in modo da acquisire informazioni essenziali per perfezionare la tecnologia.

Waymo sta testando invece le potenzialità di un servizio per il trasporto di adolescenti (dai 14 ai 17 anni) in Arizona, con l’obiettivo di estenderlo a San Francisco, Los Angeles, Austin, Atlanta, Miami e Washington DC. Nell’ultima fase dei test, i ricercatori, guidati da Naomi Guthrie, responsabile della ricerca di prodotto di Waymo, hanno intervistato gli adolescenti che hanno partecipato al progetto pilota, che ha coinvolto cento famiglie in tutto. Guthrie è rimasta colpita dalla “crescente ansia che osserviamo in quella generazione. Gli adolescenti hanno paura di guidare”. Le statistiche statunitensi lo confermano: quasi il 5% di tutti i conducenti aveva 19 anni o meno nel 2007, mentre nel 2023 questa percentuale era scesa al 3,7%.

Questo servizio potrebbe essere utile anche ai genitori. Sempre secondo le interviste, gli adulti sono stressati dalle aspettative sulla genitorialità moderna, che includono accompagnare i figli a scuola e alle attività extrascolastiche. Per non parlare dei rischi di mettere la vita dei figli nelle mani di un altro adolescente. Dubbi che l’utilizzo delle auto a guida autonoma potrebbe appianare.

Come siamo messi in Europa e Italia

È di qualche giorno fa la notizia del lancio del progetto “Sharing for Caring” a Darfo Boario Terme (Brescia), un’iniziativa del Politecnico di Milano per offrire un servizio di navetta a bassa velocità per le persone con fragilità verso luoghi nevralgici come farmacie, studi medici, uffici del comune. L’auto in questione è una Fiat 500 elettrica, ed è stata provata anche da Simone Bauducco, inviato di La7 per L’aria che tira.

“Sharing for Caring” è il primo prototipo italiano di mobilità autonoma con finalità sociali, nonché il primo car sharing autonomo a livello europeo. Ma per far diventare questo progetto realtà serve “il supporto delle istituzioni e del tessuto industriale italiano”, ha spiegato ad Ansa Sergio Savaresi, professore del Politecnico di Milano e responsabile scientifico del progetto.

Richiesta arrivata anche dall’evento “Guida autonoma: Schieriamo l’Italia in prima fila” organizzato il 14 luglio a Milano dall’europarlamentare Pierfrancesco Maran (PD/S&D). Durante l’incontro, ricercatori, aziende e rappresentanti politici si sono ritrovati a discutere del futuro della mobilità autonoma in Italia ed Europa, chiedendo a gran voce una spinta a livello nazionale. “Oggi i veicoli autonomi sono una realtà. Eppure, quasi tutti i veicoli attualmente in circolazione si trovano al di fuori dell’Europa, in particolare negli Stati Uniti e in Cina,” ha sottolineato Maran. “L’Italia ha una tradizione di lunga data nel settore dell’automotive e ospita centri di eccellenza per la ricerca e lo sviluppo di questa nuova tecnologia. Ora, in un momento di difficoltà per il settore, è tempo di cambiare marcia e guidare la prossima grande rivoluzione della mobilità”. A questo proposito, è stato lanciato anche l’“Appello dei Sindaci per la sperimentazione della guida autonoma”, già firmato da oltre 60 primi cittadini, tra cui Beppe Sala (Milano), Stefano Lo Russo (Torino) e Silvia Salis (Genova), pronti a mettere i loro territori a disposizione per i test su strada.  

Il nostro Paeseperònon ha ancora aggiornato il codice della strada per comprendere l’utilizzo di queste vetture. E l’Europa lo sta facendo, ma con il contagocce. A partire da settembre 2025, una nuova regolamentazione Ue consentirà ai veicoli dotati di assistenza alla guida (Adas) di circolare in modalità “senza mani” sul volante. Si tratta di un primo passo verso la mobilità più automatizzata, anche se non comprende ancora la versione completamente autonoma. 

La regolamentazione eccessiva (e tardiva) potrebbe far danni. Secondo Antonino Rotolo, vicedirettore Alma Mater Research institute for human-centered artificial intelligence dell’Università di Bologna, le difficoltà dell’Unione di approcciarsi al settore stanno rallentando l’intero processo. Intervenuto al convegno annuale dell’Associazione dei futuristi italiani, ha commentato: “In Cina l’auto a guida autonoma è già realtà. In Europa non è possibile per problemi di omologazione. L’auto a guida autonoma deve poter violare le regole in alcune situazioni” ha spiegato Rotolo. “In un traffico a guida mista (autonoma e umana) dove tutti vanno a 70 km/h nonostante il divieto di 50 km/h, bisogna andare a 60 km/h per ridurre il rischio di incidenti. Se l’auto è automatizzata, deve decidere di violare il codice della strada”.

Naturalmente, l’adozione massiccia di auto a guida autonoma porta con sé alcune controindicazioni: i tassisti saranno probabilmente sostituiti dall’automazione e i cyber attacchi potrebbero minare la sicurezza dei veicoli, con gli hacker a prendere il controllo delle macchine a scopo di ricatto. In entrambi i casi bisognerà agire prima che sia troppo tardi, garantendo da un lato un’alternativa lavorativa e dall’altro sistemi di sicurezza a prova di attacco informatico. Anche perché, ora che le auto a guida autonoma sono arrivate in Italia, è giusto che le proviamo anche noi.

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