#Vorticidigitali. La sottile differenza tra vendere sui social media e fare social commerce

di di Andrea Boscaro (Founder and Associate at The Vortex) |

Italia


vortici digitali

#vorticidigitali è una rubrica settimanale a cura di @andrea_boscaro promossa da Key4biz e www.thevortex.it. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

 

Esiste una sottile differenza fra vendere sui social media e fare social commerce e tale differenza è opportuno sottolinearla in tempi in cui, come quelli odierni, la gestione di una presenza sulle piattaforme sociali richiede sempre più cautela e sempre più risorse.

Il social commerce è l’avvalersi del contributo della community che il nostro sito è in grado di aggregare perché generi un valore nei confronti dell’utente: si tratta quindi di una serie di modelli e di una serie di funzionalità esterne ai social media propriamente detti e di pertinenza di siti e ambienti digitali proprietari:

 

  – i siti di couponing, particolarmente al loro inizio, quando lo sblocco di un’offerta era dipendente da una soglia minima di utenti interessati, era una forma una social commerce;

  – social commerce è l’avvalersi delle preferenze esplicitamente o implicitamente espressi dai consumatori per correlatore articoli, raccomandare prodotti e servizi, categorizzarli sulla base di un tagging

partecipativo: Amazon, Netflix e i grandi marketplace sono particolarmente bravi nella gestione e nell’arricchimento di motori di raccomandazione sociali;

  – il protagonismo delle opinioni degli utenti all’interno di ambienti come Tripadvisor certo li rende degli esempi di social commerce essendo questa la caratteristica distintiva che li porta ad essere preferiti in luogo di portali di prenotazione tradizionale che, dal canto loro, hanno saputo sviluppare call-to-action particolarmente incisive proprio segnalando il comportamento degli altri utenti rispetto all’opportunità che si sta vagliando (es. “l’ultima prenotazione risale a 30 min. fa”, “due altri utenti stanno visualizzando questa offerta”, …);

  – siti di e-commerce come Wrapp o Shopcade utilizzano login di Facebook o registrazioni proprietarie per personalizzare la navigazione sulla base del comportamento dell’utente o dei propri amici o di altri utenti con gusti affini;

  – app mobili come Lockerz o Polyvore e marketplace come Fancy o MyDeco valorizzano con grande vigore il ruolo della community e il valore di una scelta partecipativa.

 

Tutti questi modelli sono riconducibili al concetto di social commerce che, come si può comprendere, è altro rispetto alla vendita sui social media che invece richiede non solo la spedita della proposizione di valore dell’azienda – aiutata in questo da strumenti come Blomming – ma la costruzione di un piano editoriale che sappia cavalcare le regole di ciascun social network.