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Energia, nel 2023 si stimano 2,8 trilioni di dollari di investimenti. Il 60% in rinnovabili, emobility, reti e stoccaggio

Cresce la spesa in soluzioni e tecnologie per l’energia pulita

L’energia pulita è il mantra del nostro tempo. Per avere nuova crescita bisogna puntare ed investire in tutto ciò che è green, cioè zero emissioni e bassissimo impatto ambientale. Secondo un nuovo Rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia (Aie), la spesa mondiale nel settore energetico supererà 2,8 trilioni di dollari quest’anno, di cui il 60% circa in soluzioni e tecnologie per l’energia pulita (clean energy).

Prima di tutto le fonti energetiche rinnovabili, poi l’efficienza energetica, la mobilità elettrica (emobility), le nove reti (smart grid), i sistemi di stoccaggio dell’energia elettrica, i nuovi carburanti a basse/bassissime emissioni inquinanti, i vettori energetici puliti come l’idrogeno verde, ma anche pompe di calore e tecnologie di cattura, stoccaggio e riutilizzo della CO2 (CCUS).

In tutto fanno 1,7 trilioni di dollari da investire nell’ampio settore delle soluzioni e tecnologie verdi (il restante trilione di dollari circa andrà invece, come al solito, a sostegno del settore dei combustibili fossili).

Il 90% della spesa trainato da Cina ed economie avanzate

Secondo l’Aie, la spesa in clean energy è andata crescendo in maniera costante dal 2020 ad oggi, di circa un +24% l’anno, contro un +15% per gas, petrolio e carbone.

Il 90% circa di questo aumento di investimenti proviene dai piani di crescita green della Cina e delle economie avanzate.

Per ogni dollaro investito in combustibili fossili, 1,7 dollari vanno in energia pulita”, ha spiegato il direttore esecutivo dell’Agenzia, Faith Birol, aggiungendo che “solo cinque anni fa questo rapporto era 1:1, esempio pratico è l’energia solare, gli investimenti qui supereranno presto quelli in petrolio”.

Un mondo a due velocità non funziona, l’energia pulita deve essere per tutti

Un quadro che sembra piuttosto roseo, visti i problemi che dobbiamo affrontare periodicamente legati proprio all’instabilità dei mercati energetici a livello mondiale, ma che in realtà nasconde delle insidie profonde e preoccupanti se si guarda un poco in avanti.

Se il 90% degli investimenti in questa fetta di mercato crescente provengono dalle economie più forti, cosa ne sarà delle altre? Il pianeta ricordiamolo sempre, è uno solo. L’estremizzazione del clima e degli eventi atmosferici, l’inquinamento, il surriscaldamento globale, non conoscono confini e nazioni, riguardano tutti e non allo stesso modo.

E purtroppo, i Paesi che stanno pagando il prezzo più alto in termini di devastazione e danni a cose e persone sono quelli che non possono permettersi di affrontare la transizione energetica ed ecologica.

Come spiegano i ricercatori Aie, rischiamo di tagliare fuori dalla decarbonizzazione e dai suoi vantaggi, la metà del mondo, che poi è quella più abitata.

Stop investimenti in energia fossile o sarà crisi ambientale e sociale globale

Quella da cui, se non si interviene rapidamente, arriveranno (e già ne vediamo l’inizio) le grandi migrazioni di esseri umani in cerca di posti in cui l’ambiente non sia ostile (ondate di calore/freddo lunghe e persistenti, alluvioni, siccità, carestie, epidemie/pandemie, con loro impatto su salute, economia, industria, tenuta dei sistemi sociali/politici) come accade ormai in molti Paesi del Sud del mondo (tra cui Bangladesh, Cambogia, Senegal, Etiopia, Haiti, Zimbabwe, Isole Fiji, Sri Lanka e Vietnam, ma anche parte dell’India e dell’Indonesia).

Inoltre, il problema del global warming non si risolverà tanto presto se gli investimenti in combustibili fossili continueranno a salire, anche se meno che nel passato. Quest’anno secondo lo studio la spesa in petrolio, gas e carbone crescerà ancora del 7%, tornando ai livelli pre Covid-19 e nel 2030 crescerà ancora a più del doppio di quanto necessario entro il 2030. Prova ne è una domanda record di carbone nel 2022.

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