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‘Moviement’, ennesima iniziativa per tamponare la crisi del cinema italiano

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Presentato questa mattina il progetto “Moviement”, tentativo di rilanciare il consumo in sala e di estendere la stagione estiva. Obiettivi ambiziosi, progettualità fragile: pannicelli caldi, in assenza di un intervento organico e robusto. Box office: - 9 % rispetto al 2018.

ilprincipenudo ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale, a cura di Angelo Zaccone Teodosi, Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) per Key4biz. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Annunciata con una grancassa retorica francamente eccessiva, questa mattina è stata presentata in Anica una iniziativa (l’ennesima iniziativa) di rilancio della fruizione del cinema in sala, il progetto “Moviement”, ovvero “Il cinema tutto l’anno”: affollata la sala dell’associazione dei produttori e distributori, con un tavolo di presidenza formato da buona parte dell’anima economica del cinema italiano.

Assenti – ancora una volta – gli autori, i creativi, i tecnici, alla faccia del simpatico slogan “L’industria del cinema si unisce compatta per Moviement… Al cinema tutto l’anno”. Ma gli autori, i creativi, i tecnici non sono anche loro parte attiva dell’industria del cinema, intesa come sistema economico-semantico?!

Qual è la novità?! Non c’è una vera novità. Non è la prima volta che si tenta di estendere la stagione estiva, e tutti i tentativi del passato si sono rivelati fallimentari.

Peraltro, fin da prima di Natale è iniziato un tam-tam di trailer, in molte sale cinematografiche, ma promosso dalle “major” statunitensi (e da loro autofinanziato, senza sostegno pubblico), che annunciavano ed annunciano una decina di titoli piuttosto “appealing”, da “X-Men” a “Toy Story” passando per “Godzilla II” (tutti sequel, peraltro). Anche nella conferenza odierna, annunciati (cioè confermati) i potenziali “blockbuster” e qualche film d’autore (tra cui le nuove opere di Wim Wenders e Brian De Palma), ma di fatto un solo titolo italiano, ovvero “Il signor Diavolo” di Pupi Avati. E ciò basti.

Qual è la novità?! Che anche questa piccola “campagna” promozionale (di cui non è stato rivelato né il budget né la pianificazione) verrà lanciata anche in occasione della serata del David di Donatello, previsto per mercoledì 27 marzo su Rai1? Anche l’anno scorso, il lancio della “campagna estiva” avvenne durante il David, con risultati… inconsistenti. Abbiamo già segnalato, su queste colonne, come la macchina promozionale del David sia totalmente inefficace (vedi “Key4biz” del 19 febbraio 2019, “David di Donatello 2019, quanto fa bene il premio al cinema italiano?”).

Qual è la novità?! Che dal 1° al 4 aprile, si rinnova la controversa iniziativa “CinemaDays” (vedi “Key4biz” del 19 marzo 2018, “Scoppia il caso ‘CinemaDays’, esercenti contro produttori e Mibact”) che svaluta il valore – anche simbolico – del cinema in sala, proponendo per qualche giorno un biglietto a 3 euro. Anche l’anno scorso, iniziative simili si sono dimostrate fallimentari.

A Roma, s’usa una espressione efficace: il malato è grave, e non bastano i pannicelli caldi.

Ci sembra eccessivo l’entusiasmo della Sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni (è peraltro anche un suo tipico tratto caratteriale): ben venga l’energia positiva, ma forse è bene ragionare in modo più accurato e lungimirante sulle dinamiche in atto, senza quelle flebo di entusiasmo che un’industria boccheggiante si inietta. È pur vero che, se il Presidente dell’Anica Francesco Rutelli, sempre solare e sorridente, ha proclamato “un cambiamento epocale” (ci si domanda veramente a cosa diavolo si riferisse!), la senatrice Bergonzoni ha parlato di “voglia di riscatto” (e, fin qui, siamo tutti d’accordo), precisando che “questo è un punto di partenza non di arrivo”. Ben venga, anche se è un punto di partenza un po’… deboluccio.

Sia ben chiaro: quel che si è ascoltato questa mattina a Viale Margherita è valido, ma si tratta di analisi che ascoltiamo, in noiosa riproduzione da molti anni, anzi da decenni.

La diagnosi è stranota, quel che manca è la prognosi e soprattutto la cura.

Quel che manca è una decisione finalmente seria di costruire una vera campagna promozionale multimediale (televisione, radio, web) a favore del consumo di cinema in sala: servono evolute tecniche di marketing, e soprattutto un budget adeguato, ovvero milioni e milioni di euro, non i pochi spiccioli che, di anno in anno, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali accorda senza una strategia di lungo respiro. I danari pubblici ci sono, dato che il Fondo Cinema voluto dalla legge che reca il nome di Dario Franceschini assegna risorse fisse al cinema ed all’audiovisivo nell’ordine di 400 milioni di euro l’anno: non ci vuole un coraggio “rivoluzionario” per decidere che un decimo di queste risorse venga destinato alla promozione. Questo sì, sarebbe un… “governo del cambiamento”!

Quest’oggi, peraltro, non è stata nemmeno rivelata l’entità di questa iniziativa “Moviement” (perché poi, questo titolo anglofono?! Ed i promotori hanno coscienza che è anche il nome di un’agenzia specializzata, Moviement, che rappresenta attori e talenti): si tratta di un ennesimo estemporaneo “progetto speciale” della Direzione Generale Cinema, dotato – si ha ragione di ritenere – di poche centinaia di migliaia di euro. Un budget assolutamente inadeguato per mettere in moto una “promozione” che sia degna di questo termine, almeno secondo le logiche del marketing. E non risulta sia stata coinvolta in Moviement una primaria agenzia di pubblicità: nessuna traccia dei “credits” della compagna nel comunicato stampa o altrove, né a livello di grafica né di trailer… Come dire?! Gestione artigianale causa limitatezza numismatica?! Qui siamo alle solite (ennesime) belle intenzioni, non al marketing strategico.

Basti osservare come sia assolutamente carente la promozione del cinema nelle principali reti televisive generaliste: sarebbe sufficiente che Rai intervenisse in modo finalmente serio e deciso, con una strategia organica, ed il consumo di cinema in sala potrebbe riossigenarsi nell’arco di pochi mesi.

E la Rai peraltro sarebbe chiamata anche per legge, e finanche col “contratto di servizio”, a sostenere l’industria cinematografica (vedi “Key4biz” di ieri 18 marzo, “Domani il ‘Piano Industriale’ Rai in Commissione Vigilanza”), ma finora è stata tutta centrata sul fronte della “produzione” e della “distribuzione” (anche se nessuno ha finora mai avuto il coraggio di produrre una “valutazione di impatto” rispetto al ruolo di RaiCinema nell’economia del settore, al di là degli obblighi di legge in materia di investimenti nella produzione nazionale). Tra i più convinti promotori dell’iniziativa c’è Luigi Lonigro, che presiede da qualche mese (dal 1° ottobre 2018) l’associazione dei distributori dell’Anica, che è anche Direttore della 01 Distribution, società di distribuzione che, dal 1° marzo 2019, è divenuta una divisione di RaiCinema (di cui è Amministratore Delegato Paolo Del Brocco). Ci sembra che il “braccio” della Rai nel settore cinema non interagisca al meglio con l’emittente televisiva, almeno per quanto riguarda le potenzialità di promozione della fruizione “theatrical”. E peraltro ci si domanda se il nuovo “piano industriale”, approvato dal Cda della Rai il 6 marzo scorso, avrà ripercussioni anche rispetto ad una controllata importante qual è giustappunto RaiCinema (stessa domanda si pone anche rispetto ai RaiCom e RaiWay).

Discreta noia, è quindi emersa nell’ascoltare il solito coro, che ha intonato il “volemose bene” e “insieme ce la faremo”, nella incoscienza dell’ennesima dinamica iniziativa in stile “nozze coi fichi secchi”: Francesco Rutelli, Presidente Anica (produttori e distributori); Mario Lorini, Presidente Anec (esercenti, e ricordando che Anec aderisce ad Agis, che è uscita da Confindustria ed ha promosso Impresa Cultura Italia con Confcommercio); Carlo Bernaschi, Presidente Anem (multiplex); Luigi Lonigro, Presidente Distributori Anica; Francesca Cima, Presidente Produttori Anica. Per dare una leccatina di “estetologia”, coinvolta anche Piera Detassis, Presidente Premi David di Donatello, e finanche un autore, quale Pif (nome d’arte di Pierfrancesco Diliberto, che vede in questi giorni in sala il suo “Momenti di trascurabile felicità”, prodotto da Ibc Movie e coprodotto da RaiCinema). Il quale, pur annunciato come “testimonial” dell’iniziativa, con simpatica onestà ha sostenuto che è certamente favorevole alla campagna per il cinema in sala anche d’estate, ma che non sarebbe esattamente felice di vedere distribuito il suo film ad agosto: come dargli torto, allo stato attuale delle cose?!

Presente in sala, ma non intervenuto, il neo Direttore Generale del Cinema, Mario Turetta: starà studiando attentamente sia la coreografia (come quella luccicante odierna) sia la realtà (preoccupante e deprimente) del settore, che versa in crisi profonda.

Estrapoliamo dai dati di “box office” di Cinetel, aggiornati a ieri 17 marzo: dal 1° gennaio al 17 marzo 2019, si sono incassati in Italia 156,8 milioni di euro, ovvero – 9,4 % rispetto al 2018 (e -12 % sul 2017); i biglietti venduti sono stati 24,2 milioni, – 9,1 % sul 2018 (-19 % sul 2017). E “naturalmente” la quota di mercato Usa ammonta al 60 %, mentre il cinema italiano è soltanto al 24 %…

Il neo Direttore Generale ha un compito assai gravoso, se si vuole veramente contribuire a fare uscire il settore dalle sabbie mobili nelle quali sta affondando. È necessario – e ci vuole coraggio per – scardinare le logiche autoreferenziali ed autoconservative che stanno uccidendo il cinema in sala.