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Lockdown soft: salute, cultura e scuole. Le contraddizioni interne del Governo

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Lo stato confusionale del Governo, tra contraddizioni interne e infodemia galoppante, cresce giorno dopo giorno, e produce un sempre più diffuso sentimento di preoccupazione ed ansia nella gran parte della popolazione: un elemento centrale è rappresentato dalla “numerologia caotica” che ci viene propinata come “scienza esatta”, e che pure sta mostrando le proprie falle anche agli occhi di chi l’ha teorizzata e messa in pratica, ovvero l’Esecutivo stesso ed i suoi “scienziati”.

Se ci aveva lasciati sconcertati la titolare del Ministero dell’Istruzione Lucia Azzolina che chiedeva al collega di governo Roberto Speranza di acquisire “dati” certi in relazione alla scuola come possibile “focolaio” della pandemia, senza ricevere risposte precise, stupisce non meno il Ministero stesso della Salute che ritiene di inviare degli osservatori in alcune Regioni (Campania per prima) per verificare se i dati che esse hanno inviato allo Stato centrale sono corretti o possono addirittura essere stati oggetto di manipolazioni.

Siamo tra il surreale e l’incredibile.

Il tono pacato, elegante e paternalistico del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte non rassicura più, perché la sua affidabilità sta scemando, giorno dopo giorno, anzi conferenza stampa dopo conferenza stampa.

La situazione è complessivamente fuori controllo.

La irrazionale chiusura del sistema culturale

Le “contraddizioni interne” che emergono sono tantissime: per esempio, il sistema culturale è stato sottoposto ad una chiusura totale, fatte salve le librerie. Irragionevolmente.

L’aver salvato le librerie da una decisione irrazionale ed irragionevole non assolve il Governo da una colpa gravissima, perché sono proprio i luoghi della cultura a potersi porre come presidio psico-sociale di fronte ad un progressivo processo di “lockdown” di tutta la società.

I teatri, i cinematografi, i musei hanno risposto in modo adeguato alle esigenze di precauzione imposte dal Comitato Tecnico Scientifico, hanno messo in atto misure tali da azzerare rischi di contagio, hanno dimostrato una efficace capacità di riorganizzazione: i loro sforzi sono stati completamente vanificati (e non saranno certo compensati dai “ristori”, annunciata manna che si traduce in tardive briciole). E peraltro non risulta che siano mai stati luoghi particolarmente frequentati dagli italiani, purtroppo: perché chiuderli, quindi?!

Si tratta di una misura estrema, irrazionale in quanto priva di evidenza scientifica: una decisione “isterica”, che però colpisce anche simbolicamente l’identità stessa del nostro Paese

Ieri l’altro, uno dei massimi cultori di “cose culturali” qual è Salvatore Settis ha indirizzato una lettera aperta al Presidente del Consiglio – pubblicata sul “Corriere della Sera” –, chiedendo di far rientrare la gente nei musei – che hanno peraltro offerto accoglienza in assoluta sicurezza – proponendo al Governo di renderli tutti completamente gratuiti, proprio per stimolare una maggiore frequentazione (si legga il suo appello, intitolato “Rientriamo nei musei in sicurezza (e gratis per alcuni mesi)”. Scrive Settis: “Non è chiaro come mai cinque persone in una stanza di museo rischino il contagio più di cinque persone in un negozio di alimentari di identica superficie. La chiusura dei musei consolida la gerarchia fra quel che è essenziale per vivere (la tabaccheria, il supermercato) e quel che non lo è (il museo)”. E continua, saggiamente: “Di cultura, di bellezza, di memoria abbiamo sempre bisogno, ma è nei periodi di crisi che tale bisogno si fa più palpitante e vitale. La memoria culturale ci ricorda quel che eravamo e ci proietta verso il futuro. Ci dona ricchezza interiore, speranza, creatività. Non sana le ferite, ma le cura e le allevia («vado alla National Gallery come si va dal medico», diceva Lucian Freud)”.

A proposito di contraddizioni: musei pubblici e privati chiusi e gallerie d’arte private aperte, dato che le seconde sono considerate “attività commerciali”, e quindi possono restare attive come la totalità dei negozi!

E che dire dell’ardito tentativo di “salvare il salvabile” promosso dal Segretario Generale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo (Mibact) Salvo Nastasi che, in risposta ad una precisa richiesta dell’Unione Teatri di Roma (Utr) ha chiarito che gli spazi teatrali sono chiusi per “gli spettacoli aperti al pubblico”, ma possono continuare ad effettuare attività laboratoriali ed iniziative di formazione. Così Nastasi risponde, il 27 ottobre, ad una richiesta di Felice Della Corte, Presidente dell’Unione Teatri di Roma: “il Dpcm del 24 ottobre dispone la sospensione dei soli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in altri spazi anche all’aperto, mentre tutte le altre attività possono continuare ad essere svolte nel rispetto delle norme sul distanziamento”. Apprezzabile tentativo di non staccare completamente l’ossigeno, giocando tra le pieghe interpretative di decreti che sono scritti in gran fretta e risultano zeppi di contraddizioni interne.

E che dire dell’attività di ristorazione che è vietata, dalle ore 18 in poi, ma è invece consentita all’interno degli alberghi, se si è clienti degli stessi: ne deriva che persone facoltose possono permettersi il lusso di acquistare un soggiorno in un albergo per una notte e quindi simpaticamente cenare in serata, e magari organizzare anche una festa di compleanno – ovviamente nel rispetto del distanziamento interpersonale –, aggirando (“all’italiana”) le norme di legge…

L’“apri” e “chiudi” delle scuole, dapprima terribili focolai ed ora non più focolai

L’argomento “scuole” è un’altra prova provata delle tante contraddizioni interne nell’azione di governo: chiuse brutalmente ad inizio marzo, sono state riaperte, ed ora la Ministra Azzolina si scontra con chi, all’interno del suo stesso Governo, le vorrebbe richiudere completamente.

Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte questa mattina ha dichiarato a chiare lettere che “le scuole non sono focolai” (e coerentemente con questa tesi, anche nelle “zone rosse” è stata mantenuta l’attività in presenza fino alla prima media), ma questa mattina stessa la Provincia Autonoma di Bolzano – Alto Adige ha deciso di chiudere tutte le scuole la settimana prossima, incluse quelle dell’infanzia e le scuole primarie (che, insieme, alla prima media) dovrebbero essere semmai le ultime ad essere costrette alla didattica a distanza.

Stessa decisione ha assunto il Sindaco di Palermo Leoluca Orlando, suscitando la reazione contraria della Regione Sicilia, che si oppone al provvedimento.

Istituzioni contro istituzioni, ed il cittadino viene preso da sbigottimento continuo.

La vogliamo definire “ricchezza policentrica” del Paese dei Mille Campanili? No, questa è semplicemente ulteriore dimostrazione del complessivo “stato confusionale” del Paese, e dell’incapacità del Governo di “governare la pandemia”.

Ancora sottovalutate le conseguenze psico-sociali della pandemia e della infodemia

Il Governo continua a sottovalutare le conseguenze psichiche e sociali di queste decisioni erratiche e contraddittorie, come abbiamo tante volte denunciato anche su queste colonne.

A proposito della chiusura delle scuole, merita essere segnalato il parere di un gruppo di 16 qualificati medici e ricercatori italiani, che il 2 novembre hanno inviato una lettera aperta al Governo ed al Comitato Tecnico Scientifico ed oggi hanno scongiurato il “lockdown” nazionale, auspicando semmai “lockdown intermittenti” e “micro-lockdown” nelle Province e nei Comuni più a rischio, ma comunque senza sacrificare l’istruzione di bambini e ragazzi. Una delle promotrici dell’iniziativa, Susanna Esposito (ordinaria di Pediatria dell’Università di Parma e consulente dell’Oms), ha dichiarato: “in uno studio nazionale effettuato durante il primo lockdown su 2.064 adolescenti di età compresa tra 11 e 19 anni abbiamo dimostrato che il 58,5 % dichiarava una sensazione di tristezza che si associava a crisi di pianto (nel 31 % dei casi) e ad agitazione (nel 48 %) come conseguenza della chiusura delle scuole, con il 52,4 % dei ragazzi che riferivano disturbi alimentari e il 44,3 % che presentavano disturbi del sonno”. Sono dati che riteniamo – al di là della significatività statistica dello studio in questione – sintomatici di patologie striscianti, che stanno riguardando milioni di persone. “Inoltre, la chiusura della scuola in presenza determinerebbe un ulteriore aggravamento delle diseguaglianze, con un impatto sociale drammatico soprattutto per le famiglie con persone con disabilità e gravi malattie croniche” – ha sottolineato Susanna Esposito – “le conseguenze della chiusura della scuola sulla salute psicofisica di bambini e adolescenti sarebbero devastanti. Le misure messe in atto per combattere Covid-19 devono tener conto del loro effetto sulla salute globale, specialmente di quella delle generazioni future”.

Siamo stati tra i primi a proporre, mesi fa, al Capo del Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio Angelo Borrelli l’esigenza di cooptare all’interno del Comitato Tecnico Scientifico delle professionalità altre, rispetto a virologi ed epidemiologici soltanto, ovvero psicologi e sociologi ed economisti.

L’istanza è stata parzialmente e tardivamente accolta, ma nel “new deal” del (mal) governo della pandemia dal 30 aprile 2020, il processo decisionale sembra essere stato di fatto trasferito – anche nel gioco numerologico e nella sua misteriosa interpretazione – dal Comitato Tecnico Scientifico alla “Cabina di Regia” formata da Istituto Superiore di Sanita (Iss), Ministero della Salute e 3 referenti delle Regioni (Lombardia per il Nord, Umbria per il centro e Campania per il Sud).

Da chi è formata, più precisamente, la “Cabina di Regia”? La cabina di regia (organo del Ministero) è composta da 6 persone: per il Ministero della Salute, dai Direttori del Dipartimento di Prevenzione Giovanni Rezza e del Dipartimento della Programmazione Andrea Urbani; dal Presidente dell’Iss Silvio Brusaferro; da tre rappresentanti designati dalle Regioni, ovvero Vittorio Demicheli (Direttore dell’Ats Milano per la Lombardia), Enrico Coscioni (Consigliere del Presidente della Campania), e Claudio Dario (Direttore Generale regionale di Sanità e Welfare dell’Umbria). I “portavoce” sembrano essere Silvio Brusaferro e Giovanni Rezza, dato che sono loro ad apparire nelle conferenze stampa, convocate peraltro ormai “a numero chiuso”, e – si ha ragione di temere – precludendo l’accesso a giornalisti che possano porre domande critiche, fastidiose o finanche imbarazzanti.

Nella “Cabina di Regia”, non siede né uno psicologo, né un sociologo, né un mediologo, né un economista: è evidente che le valutazioni della incerta numerologia che proviene dalle Regioni continua ad essere sottoposta ad una lettura monodimensionale, che interpreta la “salute” del Paese in modo parziale e distorto, anni-luce da una visione olistica.

La stessa “Cabina di Regia” chiede di modificare “il sistema di monitoraggio”

Peraltro, nella riunione convocata per esaminare i dati aggiornati riferiti alla settimana tra il 26 ottobre e il 1° novembre, gli illustri “scienziati” si sono trovati d’accordo sulla necessità di rivedere il sistema attraverso il quale è stato effettuato il monitoraggio finora, ed una riunione in argomento era stata prevista per martedì 10 novembre.

Da dove nasce l’esigenza di ricalibrare il sistema e qual è l’obiettivo che si vuole raggiungere? Si legge nel verbale di fine riunione: “I partecipanti concordano che questo Decreto di fatto modifica l’utilizzo del dato del monitoraggio, che non recepisce in modo completo, determinando discriminazioni poco utili nelle misure di mitigazione adottate nelle diverse Regioni. A tal fine, la Cabina di Regia concorda una nuova riunione il giorno 10 novembre alle ore 14:30 al fine di rivalutare il sistema di monitoraggio per rispondere meglio alle nuove esigenze imposte dal Dpcm del 3 novembre, in particolare determinando l’inclusione di dati più tempestivi sulle occupazioni del posti letto in terapia intensiva ed area medica e l’inclusione di allerte di resilienza ospedaliera quando la probabilità di superare le soglie critiche di occupazione dei posti letto superi il 50 % nelle proiezioni realizzate a 30 giorni”.

Si legge ancora nel verbale della “Cabina di Regia”: “scopo di queste revisioni è quello di poter fornire classificazioni più rispondenti alla situazione di impatto epidemico attuale sui servizi assistenziali”. È quindi necessario un sistema in grado di intercettare più velocemente e prima le evoluzioni possibili dell’epidemia in modo da riuscire a fermarne per tempo i possibili effetti negativi, prima di tutto sulla tenuta degli ospedali. Non si ha notizia di quel che ha deciso la “Cabina di Regia” nella sua riunione di martedì scorso. Il “sistema” sarà stato implementato ovvero – come richiedono alcuni – paradossalmente “semplificato”, riducendo il numero degli attuali “indicatori”, gli ormai famosi 21 parametri (che potrebbero essere ridotti a 5 o 6)?! Attendiamo l’esito della Cabina di Regia in corso nel pomeriggio di oggi venerdì.

Il sistema messo in atto, incluso raffinato “algoritmo”, non sta funzionando, e finisce per alimentare una Babele di interpretazioni. E ciò basti.

Va anche segnalato che il lettore appassionato che volesse avventurarsi nei meandri del “sistema informativo” sanitario del nostro Paese si scontrerebbe con una lettura discretamente ostica, come si evince anche soltanto sfogliando il documento elaborato dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss), presentato il 5 novembre 2020, il cui titolo – già da solo – la dice lunga “Il monitoraggio del rischio definito il 30 ottobre, gli scenari di trasmissibilità e la prioritizzazione di intervento nazionale nel DPCM del 3 novembre 2020” (sic).

La materia sarà anche assai complessa, ma al Presidente Silvio Brusaferro – ovvero all’Iss – servirebbe forse un infografico-data scientist all’altezza dell’esigenza del Paese di ricevere informazioni chiare e finanche semplici, di agevole leggibilità.

Il fallimento del “contact tracing”

Senza dimenticare che il fallimento del “contact tracing” è ormai un dato acquisito e ammesso dalle stesse Asl. Come spiega oggi su “il Manifesto” Andrea Capocci, il sistema informativo è in tilt ed è peraltro basato su metodiche fragili: “Prendiamo il caso del Lazio: la Regione dichiara che i 505 operatori dei servizi di prevenzione hanno tracciato il 97,6 % dei casi positivi a ottobre. Si tratta di 18mila casi tracciati, mentre quelli registrati dalla Protezione Civile nello stesso periodo sono stati circa 32 mila. Quindi la percentuale di tracciamento più realisticamente si aggira intorno al 60 %”. Eppure queste percentuali divengono elementi essenziali del “sistema informativo”, ma sono basate su criteri non uniformi: “la differenza è dovuta alla definizione stessa di “caso”. Secondo il decreto ministeriale sulle malattie infettive risalente al 1990, un caso è registrato dalle autorità sanitarie solo dopo la notifica ufficiale dell’esito del test, cosa che per il coronavirus avviene contestualmente al tracciamento. Spesso però i risultati dei tamponi arrivano via internet o per telefono e senza notifiche ufficiali sfuggono alle statistiche ufficiali (ma non ai numeri alla Protezione Civile)”. Conclude Capocci: “È dunque il sistema di monitoraggio sdoppiato tra autorità sanitarie regionali e governo, unitamente alla carenza di personale per far fronte al diluvio di nuovi casi, a falsare i dati in mano agli scienziati. E con essi diventano opache anche le decisioni politiche che ricadono su tutti”.

I “dati” in mano agli “scienziati” sono falsati.

In sostanza, la valutazione della Cabina di Regia rispetto all’assegnazione di differenti cromie alle varie Regioni è basata su un dataset incompleto e fallace.

Da non crederci veramente.

Da restare senza parole: questa è la situazione del “sistema informativo” della salute in Italia, ad inizio novembre. Come se quel che è tragicamente accaduto in primavera non avesse imposto una lezione metodologica a tutti, “scienziati” e “decision maker” in primis.

Si teorizza scienza, si pratica approssimazione

Oggi venerdì, è il giorno in cui è cambiata la mappa “colorata” delle 3 zone d’Italia – classificate convenzionalmente come “gialle”, “arancioni” o “rossi” – in cui sono suddivise le Regioni in base ai 21 “parametri” decisi dal Governo in accordo col Comitato Tecnico Scientifico, suddivisione che comporta un diverso livello di restrizioni per far fronte alla seconda ondata. Oggi, infatti, il Ministro della Salute Roberto Speranza avrà sul tavolo il report settimanale dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), e si conoscerà quindi non soltanto il fondamentale “indice di contagiosità” alias “Rt”, ma anche gli altri indicatori necessari per la classificazione.

Una volta in possesso dei dati, il ministro della Salute Roberto Speranza ha firmato un’ordinanza “che istituisce due nuove aree rosse (Campania e Toscana) e tre nuove aree arancioni (Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Marche).
Passano quindi in area rossa le regioni Campania e Toscana e in area arancione le regioni Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Marche.

Ahinoi, il Governo adotterà quindi un nuovo decreto “cromatico” di ulteriore chiusura.

Alla base delle decisioni, ci sono però dati incompleti e fallaci.

Ci sarebbe da mettersi a ridere, se la situazione non fosse veramente tragica: viene in verità da piangere.

Cartabellotta (Fondazione Gimbe): “sistema di monitoraggio che invece che utilizzare un binocolo utilizza uno specchietto retrovisore”

Il dataset su cui si decide è fallace. Basti osservare che potrebbero essere addirittura il doppio le persone ricoverate quotidianamente in terapia intensiva legate al Covid-19, rispetto al numero che ci viene comunicato ufficialmente della Protezione Civile. A sostenere questa tesi – ai limiti dell’incredibile – è il presidente di Gimbe, la fondazione bolognese che si occupa dell’elaborazione di statistiche inerenti al sistema sanitario e sul Coronavirus. Si ricorda che Gimbe è l’acronimo di “Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze”. Nino Cartabellotta, Presidente di Gimbe, in un’intervista a “il Messaggero” ha spiegato che il Ministero della Salute non rivela quanti siano stati i ricoveri nell’area ospedaliera, ma solamente il saldo tra un giorno e l’altro. “La mancanza di questi dati è inaccettabile – denuncia Cartabellotta – da mesi li stiamo chiedendo, ma neppure sappiamo se esistano. Ogni giorno viene semplicemente comunicato un saldo, che ci fa comprendere la percentuale di occupazione dei posti di terapia intensiva. Certo, è utile. Ma non basta. Paradossalmente, quel numero è più basso se muoiono molti pazienti. Invece, avere un dato puntuale dei flussi in entrata e in uscita, aiuterebbe a comprendere meglio l’andamento dell’epidemia”. Tre giorni fa, in audizione di fronte alla Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, Cartabellotta ha chiesto “la revisione del sistema di monitoraggio”, ribadendo la necessità che i dati siano resi pubblici ed accessibili a tutti. Ha spiegato che anche l’indicatore di sintesi, ovvero “il valore di Rt è inappropriato per informare decisioni rapide, perché, oltre ad essere stimato sui contagi di 2-3 settimane fa, presenta numerosi limiti, perché viene stimato solo sui casi sintomatici, circa 1/3 dei casi totali, si basa sulla data inizio sintomi che molte Regioni non comunicano per il 100 % dei casi, determinando una sottostima dell’indice, è strettamente dipendente dalla qualità e tempestività dei dati inviati dalle Regioni…” (della serie: “no comment”!). E, ancora, “quando i casi sono pochi, rischia di sovrastimare la diffusione del contagio”. Intervistato da “Agorà” di Rai3 ha usato una deprimente metafora: “usiamo un sistema di monitoraggio che invece che utilizzare un binocolo utilizza uno specchietto retrovisore, perché fotografa dati che non sono recenti. Ovvero se si prendono decisioni restrittive basate su dati di 2 o 3 settimane fa, la corsa del virus non può essere fermata”.

Eppure Giuseppe Conte questa mattina ha sostenuto, intervenendo al convegno della Cgil Futura: lavoro, ambiente, innovazione” (dialogando con il Segretario Generale Maurizio Landini): “il Governo ha fatto la scelta di applicare un metodo scientifico, che caratterizza e distanzia anche l’Italia, che viaggia su un metodo diverso da tutto il resto del continente europeo. Abbiamo un sistema articolato e sofisticato, e lo seguiamo”.

Sia consentito osservare: “articolato” certamente, finanche “sofisticato”, il… metodo, nelle intenzioni sulla carta, ma, a livello operativo, concretamente fallace assai.

Ed il Governo continua a giocare a dadi / dati, sulla pelle della popolazione tutta.  

E, dal punto di vista mediologico, stendiamo infine un velo di penoso silenzio sulla “risposta” che il Premier ha dato ieri al bambino che gli aveva indirizzato una “letterina” per domandargli se Babbo Natale dovrà subire le restrizioni alla circolazione imposte a buona parte della popolazione italiana e se dovrà anche lui attenersi alle “autocertificazioni” (clicca qui per un commento critico di Roberto Ravanello su “La Stampa”): la reazione di Giuseppe Conte – oggetto di diffuso scherno sul web – è sintomatica di un approccio che oscilla tra il paternalistico ed il surreale.

L’ALGORITMO DELLE CROMIE ED I 21 INDICATORI DI RISCHIO

I “21 indicatori” sono divisi in 3 macro-indicatori di “rischio”:

– capacità di monitoraggio (6 indicatori)

– capacità di accertamento diagnostico, indagine e gestione dei contatti (6 indicatori)

– stabilità della trasmissione e la tenuta dei servizi sanitari (9 indicatori)

Capacità di monitoraggio (6 indicatori)

1.1 Numero di casi sintomatici notificati per mese in cui è indicatala data inizio sintomi e totale di casi sintomatici notificati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo.

1.2 Numero di casi notificati per mese con storia di ricovero in ospedale (in reparti ordinari) in cui è indicata la data di ricovero e totale di casi con storia di ricovero in ospedale notificati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo.

1.3 Numero di casi notificati per mese con storia di trasferimento/ricovero in reparto di terapia intensiva in cui è indicata la data di trasferimento o ricovero in Terapia Intensiva e totale di casi con storia di trasferimento/ricovero in terapia intensiva notificati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo.

1.4 Numero di casi notificati per mese in cui è riportato il comune di domicilio o residenza/totale di casi notificati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo.

1.5 Numero di check list somministrate settimanalmente a strutture residenziali sociosanitarie (opzionale).

1.6 Numero di strutture residenziali sociosanitarie rispondenti alla check list settimanalmente con almeno una criticità riscontrata(opzionale).

Capacità di accertamento diagnostico, indagine e gestione dei contatti (6 indicatori)

2.1 Percentuale di tamponi positivi escludendo per quanto possibile tutte le attività di screening e il “re-testing” degli stessi soggetti, complessivamente e per macro-setting (territoriale, Pronto Soccorso / Ospedale, altro) per mese.

2.2 Tempo tra data inizio sintomi e data di diagnosi.

2.3 Tempo tra data inizio sintomi e data di isolamento (opzionale).

2.4 Numero, tipologia di figure professionali e tempo/persona dedicate in ciascun servizio territoriale al contact-tracing.

2.5 Numero, tipologia di figure professionali e tempo/persona dedicate in ciascun servizio territoriale alle attività di prelievo/invio ai laboratori di riferimento e monitoraggio dei contatti stretti e dei casi posti rispettivamente in quarantena e isolamento.

2.6 Numero di casi confermati di infezione nella regione per cui sia stata effettuata ima regolare indagine epidemiologica con ricerca dei contatti stretti/totale di nuovi casi di infezione confermati.

Stabilità della trasmissione e la tenuta dei servizi sanitari (6 indicatori)

3.1 Numero di casi riportati alla Protezione Civile negli ultimi 14 giorni.

3.2 Rt calcolato sulla base della sorveglianza integrata Iss (si utilizzeranno due indicatori, basati su data inizio sintomi e data di ospedalizzazione).

3.3 Numero di casi riportati alla sorveglianza sentinella Covid-net per settimana (opzionale).

3.4 Numero di casi per data diagnosi e per data inizio sintomi riportati alla sorveglianza integrata Covid-19 per giorno.

3.5 Numero di nuovi focolai di trasmissione (2 o più casi epidemiologicamente collegati tra loro o un aumento inatteso nel numero di casi in un tempo e luogo definito).

3.6 Numero di nuovi casi di infezione confermata da Sars-CoV-2per Regione non associati a catene di trasmissione note.

3.7 Numero di accessi al Pronto Soccorso con classificazione Icd-9 compatibile con quadri sindromici riconducibili a Covid-19 (opzionale).

3.8 Tasso di occupazione dei posti letto totali di Terapia Intensiva (codice 49) per pazienti Covid-19.

3.9 Tasso di occupazione dei posti letto totali di Area Medica per pazienti Covid-19.

Clicca qui, per le slide proposte da Silvio Brusaferro, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), “In monitoraggio del rischio definito il 30 ottobre, gli scenari di trasmissibilità e la prioritizzazione di intervento nazionale nel DPCM del 3 novembre 2020”, Iss, 5 novembre 2020

Clicca qui, per leggere il report presentato dal Commissario Straordinario Domenico Arcuri il 12 novembre 2020 presso la sede di Invitalia, “L’emergenza Covid al 12 novembre 2020”.

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