eurostat

L’Italia non è un paese per specialisti ICT (e l’ICT non è roba da donne)

di |

Nel 2015, la stragrande maggioranza (83,9%) degli specialisti ICT occupati nell'UE erano uomini.

L’ICT è ancora roba da uomini: su 10 lavoratori del settore in Europa, più di otto (83,9%) sono uomini. A nulla valgono, insomma, i ripetuti appelli della Commissione (puntuali ogni 8 di marzo) e dell’ITU che insistono sul fatto che le tecnologie dell’Informazione e della comunicazione sono anche un ‘gioco da ragazze’.

L’evidente disparità – che stride in molti paesi con la percentuale di donne sul numero totale dei lavoratori – accomuna tutti gli Stati membri anche se in alcuni è parecchio sopra  la media Ue: è il caso di Repubblica Ceca (90,1%), Slovacchia (88,6%), Lussemburgo (87,4%) e Paesi Bassi (87,0%). Percentuali più women-friendly si registrano invece in Bulgaria (72,3%) e Romania (72,8%) .

La buona notizia di Eurostat, comunque, è che nel settore ICT europeo lavorano circa 8 milioni di persone, pari al 3,5% del totale degli occupati, e 6 su 10 con un elevato livello di istruzione.

C’è da dire che l’Italia non è proprio il paradiso per gli specialisti ICT, dove dal 2011 al 2015 la percentuale di impiegati nel settore sul totale degli occupati è passata dal 2,2% al 2,5%, cioè da 523 mila a 558 mila persone. Certo, c’è chi sta peggio di noi (in Irlanda, Grecia e Spagna la percentuale è scesa anziché salire), ma non si può non guardare, in questi casi, ai primi della classe.

Regno Unito (1,5 milioni – 5% del totale), Germania (1,4 milioni – 3,7% del totale) e Francia (950 mila – 3,6% del totale) guidano la classifica per numero di lavoratori del settore, mentre Finlandia (6,5%) e Svezia (6,1%) sono ai primi posti per percentuale di occupati ICT sul totale.

I dati dello studio Eurostat dimostrano che nella stragrande maggioranza degli Stati membri il numero assoluto degli specialisti ICT sul totale degli occupati è salita tra il 2011 e il 2015 soprattutto in Germania, Francia, Estonia, Ungheria, Portogallo e Finlandia. Complessivamente nella Ue l’aumento è stato di 1,5 milioni di lavoratori in più nel settore e la percentuale sul totale è passata dal 3% al 3,5%.