Frequenze

Licensed Shared Access: pronta la delibera Agcom sull’uso condiviso dello spettro

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La delibera Agcom sul Licensed Shared Access fissa le regole per la condivisione delle frequenze. Prima candidata all’approccio LSA la banda 2.3-2.4 Ghz

In pubblicazione sul sito dell’Agcom la delibera 121/16/CONS sul Licensed Shared Access (LSA), l’accesso condiviso allo spettro radio, che prevede la creazione di un database con la banda disponibile e le condizioni d’uso delle frequenze. Il provvedimento (“Consultazione pubblica concernente l’accesso condiviso allo spettro in modalità ‘Licensed Shared Access’ (LSA) per sistemi terrestri di comunicazioni elettroniche”), relatore il commissario Antonio Nicita, contiene il quadro di regole (sharing framework)  delineato dall’Autorità, in linea con le raccomandazioni gli organismi internazionali – RSPG, Commissione Europea, Cept, Etsi – per “incoraggiare l’efficienza nella gestione e nell’utilizzazione dello spettro radio per soddisfare al meglio la crescente domanda d’uso di frequenze, e promuovere l’innovazione e gli investimenti rafforzando la flessibilità nell’uso dello spettro”, si legge nella delibera.

Da tempo a Commissione Ue richiama gli Stati membri ad un uso più efficiente dello spettro wireless, risorsa scarsa a fronte della crescente fame di banda larga mobile, e per prima in Europa l’Agcom si muove per accelerare il ricorso all’accesso condiviso in modalità LSA. L’obiettivo è consentire ad un incumbent pubblico o privato (ad esempio un operatore mobile o il Ministero della Difesa) che detiene i diritti d’uso di una porzione di spettro di “condividere su base volontaria o imposta, con uno o più licenziatari LSA (ad esempio operatori mobili, operatori virtuali Mvno o anche operatori fissi) la propria banda o parte di essa quando e/o dove non utilizzata ovvero senza subire interferenze che danneggino la normale operatività dei propri sistemi”.

 

Una modalità nuova di sfruttare lo spettro radio, particolarmente adatta a far fruttare all’incumbent (con adeguati incentivi economici) le porzioni di etere poco utilizzate, che in modalità condivisa potrebbero essere occupate in maniera “dinamica” da altri soggetti pronti a pagare per l’occupazione.

Ad esempio, porzioni di spettro potrebbero in futuro essere occupate anche in maniera parziale e per determinati eventi spot nel caso di servizi Programme Making and Special Events (PMSE), come la “trasmissione tramite videocamere senza fili, che tipicamente richiedono la risorsa lungo un percorso o un’area definita per tempi prestabiliti e limitati”.

Tra i benefici dell’approccio LSA, secondo l’RSPG (Radio Spectrum Policy Group) la maggiore garanzia della “predicibilità dei livelli di qualità di servizio che l’approccio LSA è in grado di fornire agli utilizzatori delle frequenze (sia nuovi licenziatari sia incumbent) rispetto ad altri modi di condivisione delle risorse spettrali, quali, ad esempio, l’uso collettivo dello spettro (Collective Use of Spectrum, CUS), in cui non può essere garantito agli utenti un determinato livello di QoS, poiché quest’ultima dipende dal non prevedibile grado di utilizzo della banda da parte degli altri dispositivi in grado di accedervi”, si legge nel documento.

L’accesso condiviso in modalità LSA presenta, secondo Agcom, alcuni vantaggi in termini di ottimizzazione dello spettro come l’assenza di rapporti commerciali sottesi al trading delle frequenze e la possibilità di prevedere in anticipo il fabbisogno di risorse necessarie di volta in volta. Vantaggi di carattere economico anche rispetto al più oneroso processo di refarming, di cui l’LSA può essere un’alternativa complementare per l’incumbent che può mantenere soltanto una parte degli usi sulla banda che detiene, migrando altre applicazioni altrove.

C’è poi da dire che in Italia il Mise, in collaborazione con la Fondazione Ugo Bordoni (FUB) ha realizzato a Roma con successo una sperimentazione di shared access per applicazioni mobili indoor e outdoor sulla banda 2.3-2.4 Ghz e che secondo l’RSPG proprio questa banda è la prima candidata all’approccio LSA.  Analoghe sperimentazioni sono “state intraprese in altri stati membri della Ue, tra cui Finlandia e Francia…e la Commissione europea ha al momento posposto le proprie attività finalizzate all’armonizzazione comunitaria della predetta banda 2.3-2.4 Ghz, attesa prevedibilmente nel corso del 2016”.

In Italia la banda a 2.3 Ghz è usata per diversi scopi, dall’uso radioamatoriale a quello dei servizi di emergenza e soprattutto dalla Difesa, in ambito militare per le comunicazioni dell’Aeronautica. Questa banda nel nostro paese, come altrove in Europa, è sottoutilizzata.

In altre parole, la prima banda su cui operare in LSA sarebbe già stata individuata a livello Ue. Ciò non toglie che lo stesso approccio in futuro venga replicato su altre frequenze, per rispondere alla crescente fame di spettro in vista dell’avvento dell’Internet of Things e del 5G.

Secondo la delibera, saranno di volta in volta l’Agcom e il Mise a determinare, a seconda della specificità della banda considerata, “i criteri per la fissazione di adeguati contributi economici per l’utilizzo delle frequenze in modalità LSA”, tenendo in conto il rischio di effetti distorsivi della concorrenza e il fenomeno dell’accaparramento di frequenze.