Lo studio

Libro Bianco sulla comunicazione digitale e l’advertising, parola d’ordine ‘trasparenza’

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Un vademecum centrato su sei argomenti strategici: viewability, trasparenza filiera, user experience, ad fraud e brandsafety/brand policy, investimenti pubblicitari. Sempre più rilevante la data economy. Anche le fake news si possono contrastare con una pianificazione pubblicitaria.

Quest’anno, si legge nella prefazione allo studio, in molti si attendevano un approfondimento e un interesse crescente sulla trasparenza della comunicazione e gli investimenti digitali, e oggi a Milano è stato presentato alla stampa il Libro Bianco sulla comunicazione digitale.

Un documento nato per iniziativa di 8 associazioni (Assocom, Fcp, Fedoweb, Fieg, Iab, Netcomm, Unicom e Upa), che insieme rappresentano tutto il mondo della comunicazione: advertiser, agenzie creative e media, concessionarie, publisher, società di ad tech e merchant.

Una specie di vademecum e mappa delle regole generali che è rivolto a tutto il panorama, imprenditoriale ed accademico, e che dovrà essere aggiornato periodicamente alla luce delle sempre nuove evoluzioni tecnologiche e di mercato.

Sei gli argomenti trattati:

  • viewability, sia come regole (misuratori certi terzi indipendenti, report standard per facilitare la lettura dei dati) che come criteri;
  • trasparenza della filiera, in particolare del programmatic che ingloba competenze media, tecnologia e gestione dati fino alla trasparenza dei flussi finanziari;
  • user experience, attraverso la misurazione condivisa degli ad blocker e alle motivazioni che portano a questo fenomeno, con un occhio di riguardo nel rispetto verso i cittadini/utenti internet;
  • ad fraud e brandsafety/brand policy, affinché la lotta alle frodi e ai finanziamenti illeciti attraverso la pubblicità diventi la norma;
  • gli investimenti pubblicitari, per offrire una sintesi e un punto di riferimento per chi investe e per disporre di informazioni attendibili e corrette.

Un settimo punto, sulla trasparenza dell’uso dei dati personali, sarà edito successivamente ed è legato alle nuove regole sulla privacy a livello europeo di futura entrata in vigore.

Ma è sulla parola chiave “trasparenza che il lavoro insiste: trasparenza sui ruoli di una filiera che ingloba competenze media, tecnologiche e di gestione dei dati; trasparenza sui flussi finanziari del programmatic

Buying; trasparenza sui dati di investimento.

Trasparenza, infine, “per allineare il digital con i mezzi tradizionali e concentrare le energie di tutti sulla creazione di valore per gli obiettivi di branding delle marche”.

Uno studio come possibile risposta alla diffusa richiesta di certezze, chiarezza e fiducia per la pubblicità online, che indica regole e buone pratiche, “come misuratori terzi indipendenti e certificati, un report standard per facilitare la lettura dei dati di campagna, il riconoscimento di limiti tecnologici per la rilevazione della Viewability, la lotta senza quartiere alle frodi e al finanziamento dei siti illegali attraverso la pubblicità”.

Pubblicità, infine, che secondo gli autori può risultare utile strumento di crescita civile, ricordando quanto conta “il contesto” per l’innovazione sociale: “battaglie di civiltà e democrazia, come quella di attualità contro le fake news, possono essere contrastate con un’attenta pianificazione pubblicitaria”.

Un Libro Bianco che sembra far emergere con forza la rilevanza economica e politica dei dati, della data economy, sempre più legata alla trasformazione digitale, ma anche alle diverse declinazioni, dall’editoria all’advertising, dalla privacy al copyright, dalla finanza agli home/consumer electronics.

Dato il panorama attuale, tecnologico e normativo, e alla luce appunto della nuova normativa europea sulla tutela dei dati personali (GDPR, General Data Protection Regulation- Regolamento UE 2016/679), appare certamente saggia la scelta dedicare un capitolo a parte e un approfondimento sulla privacy, il settimo argomento: “la trasparenza dell’uso dei dati personali”.