18App

L’ex Ministro Franceschini contrario alla modifica del “Bonus Cultura”

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Molto furore polemico, ma pochi dati e nessuna analisi, per comprendere se la pre-esistente 18App ha funzionato realmente bene, e se le modifiche apportate cambieranno granché nella sostanza. Il Mef conferma che la nuova “Carta della Cultura” dispone di 190 milioni di euro di budget.

Tra le polemiche scatenatesi, spesso strumentalmente, intorno al “Bonus Cultura” rimodulato dal Governo  a seguito di un emendamento a firma di Federico Mollicone (Presidente della Commissione Cultura della Camera, nonché Responsabile Cultura di Fratelli d’Italia), emerge questa mattina una intervista a piena pagina, sul quotidiano romano “Il Messaggero” all’ex Ministro Dario Franceschini, che merita attenzione: l’ex titolare del Collegio Romano torna sui temi a lui cari, dopo qualche settimana di sostanziale silenzio sulla materia “culturale” (abbiamo già segnalato la sua strana decisione di non entrare a far parte della Commissione Cultura della Camera). L’intervista è richiamata anche in prima pagina, ed è intitolata “Parla Franceschini. Perché App18 deve restare fruibile a tutti”.

Alberto Gentili domanda al Ministro: “con la legge di bilancio, il centrodestra cambia la 18App, la sua creatura più amata”. Non crediamo che sia 18App la “creatura” realmente più “amata” dall’ex Ministro, che comunque risponde: “il maxi emendamento alla manovra di bilancio assesta un duro colpo ai settori culturali, del tutto assenti nella politica economica del Governo, e compromette il bonus cultura per i diciottenni, introducendo spiacevoli differenziazioni tra i ragazzi. Il governo, che adesso scarica le responsabilità sui gruppi parlamentari, snatura irresponsabilmente una misura che ha funzionato e che è stata riconosciuta a livello internazionale come un modello da seguire”.

Franceschini evoca quindi alcune misure che sono state ispirate dall’italico “Bonus Cultura”: “Pass Culture in Francia, il Bono Cultural Joven in Spagna, o il KulturPass in Germania si sono apertamente i spirati alla nostra l8app, ed iniziative analoghe sono allo studio in molti altri Paesi”. E sostiene che il Bonus ha rappresentato un fondamentale impulso ai consumi culturali delle nuove generazioni nel nostro Paese: “dal 2016 al 2022, ne hanno beneficiato quasi 2,5 milioni di giovani, per un valore complessivo di quasi 1,1 miliardi di euro in sette anni. Spesi in libri, musica, teatro, danza. cinema, musei e parchi archeologici”.

Il Ministro omette di segnalare che purtroppo non esistono dati accurati e puntuali su come sono stati effettivamente spesi questi danari (il deficit di conoscenza è stato riconosciuto anche dal Presidente della “lobby” che più di altre ha beneficiato di 18App, ovvero Ricardo Franco Levi, che guida l’Associazione Italiana degli Editori e che sul confindustriale “Il Sole 24 Ore” di oggi critica le modifiche apportate alla misura), e certamente non esiste una valutazione di impatto.

Che, poi, 18App abbia stimolato, in qualche modo, i consumi culturali è indubbio ed incontrovertibile, ma nessuno può sostenere con precisione in che misura e se in una logica di ecologia mediale / culturale.

Ed il Ministro non si pronuncia rispetto ad un dato oggettivo: se lo Stato ha messo a disposizione, nell’arco dei primi 6 anni della misura, ben 1.550 milioni di euro, perché alla fin fine la spesa complessiva dei 18enni coinvolti è stata di soltanto 1.076 milioni?!

Non è evidente, anche soltanto da questi dati, che 18App non ha funzionato al meglio?!

Questa è la risposta dell’ex Ministro alla domanda sulle ragioni per cui boccia sia il “tetto” Isee sia il bonus che premia gli studenti che si diplomano col massimo dei voti alla maturità: “ridurre la platea dei beneficiari, inserire barriere di reddito, vuoi dire stravolgere il valore educativo e simbolico dello strumento e tradirne lo spirito. Il bonus cultura deve restare universale. Il suo messaggio è senza limiti cui censo o istruzione: con 18app lo Stato saluta l’ingresso nella maggiore età dei suoi cittadini, riconoscendo un diritto alla fruizione culturale, come leva di emancipazione ed autonomia”.

Senza dubbio, Franceschini ha ragione quando sostiene che non regge la tesi che la misura 18App andasse corretta a fronte del rischio di frodi. Come abbiamo dimostrato anche noi nell’economia del “dossier in-progress” su 18App su queste colonne, la quota percentuale delle truffe finora accertate è veramente modesta: “la scusa delle frodi non tiene. Gli abusi hanno riguardato saio una piccola percentuale, il 2,36 per cento delle risorse impegnate, secondo i dati della stessa Guardia di Finanza che ha lavorato egregiamente e siglato un protocollo di intesa con il ministero della Cultura, esempio di collaborazione nello scambio di informazioni e nel rafforzamento dei controlli”.

Il nuovo “Bonus” nella terra di confine tra dimensione culturale e dimensione sociale

Abbiamo già sostenuto su queste colonne come l’Istituto italiano per l’Industria Culturale (IsICult) sia convinto che la rimodulazione della misura abbia un senso, a parer nostro condivisibile: crediamo che si ponga in una terra di confine tra la dimensione “culturale” e la dimensione “sociale”. Imponendo due limiti (di reddito e di merito), il Governo ha accentuato la dimensione di misura di intervento sociale, oltre che specificamente culturale.

Non condividiamo la tesi sull’esigenza che un simile strumento abbia caratteristiche di “universalità”: un neo 18enne che appartiene ad una famiglia della ricca borghesia non deve essere stimolato dallo Stato verso consumi cui può verosimilmente accedere grazie alla situazione reddituale del proprio habitat.

Ed il meccanismo premiale introdotto dalla norma ha comunque un carattere parallelo: si fatto si accede al “Bonus” sia in funzione della situazione reddituale familiare sia attraverso un premio per i buoni voti alla maturità. Quindi anche il figlio della buona borghesia, se si sente attratto dal dono statale, potrà accedervi, indipendentemente dal reddito di cui gode, se passa la maturità con 100/100.

Modulare ulteriormente la nuova “Carta della Cultura”: a favore dei neo 18enni che vivono in zone del Paese culturalmente svantaggiate; imporre limiti alle tipologie merceologiche

Sarebbe piuttosto opportuno modulare ulteriormente la nuova “card” (ovvero la “Carta della Cultura dei Giovani” e la “Carta Merito”) come abbiamo sostenuto più volte su queste colonne, e come abbiamo ribadito ieri anche all’agenzia stampa specializzata AgCult, che nel pomeriggio ha rilanciato il dossier IsICult / Key4biz (vedi “Manovra, Zaccone (IsiCult): bene Carta cultura, ma serve stimolo consumi Sud”).

Abbiamo sostenuto anche con AgCult che sarebbe infatti lungimirante differenziare territorialmente l’entità del nuovo Bonus, per stimolare i consumi nelle zone culturalmente più svantaggiate, anche alla luce degli allarmanti dati emersi dal “Rapporto 2021 sullo Spettacolo e lo Sport” della Società Italiana degli Autori e Editori – Siae, così come limitare le spese a beni e attività che vengano acquistate in luoghi fisici della cultura: librerie, teatri, cinema, musei, edicole… e, infine, prevedere, sul modello spagnolo, che, dei 500 euro, una quota sia vincolata a “prodotti fisici” come libri, giornali, dischi… (40 % indicativamente); una a favore di spettacoli dal vivo, cinema e musei (40 % indicativamente); una, minore, ai prodotti digitali (indicativamente 20 %, ma non attraverso Amazon).

In effetti, il Ministro Dario Franceschini, nell’intervista odierna a “Il Messaggero”, sembra ignorare che un Paese che ha preso ispirazione dal “modello italiano” come la Spagna, ha deciso di introdurre criteri differenti, a partire dall’imposizione di limiti alla libertà di scelta del beneficiario, ponendo delle quote percentuali a favore di diverse categorie merceologiche…

Il Ministro Gennaro Sangiuliano a “Il Mattino” spiega il “cambio di paradigma”, in un’ottica di “riformismo conservatore”: “Cassandre smentite. App18 più efficiente, legata al merito e ai redditi bassi

Indirettamente “replica” al Ministro Franceschini, l’attuale titolare del Collegio Romano, con una intervista a piena pagina sul quotidiano partenopeo “Il Mattino”, con un’intervista a cura di Generoso Picone, intitolata “Cassandre smentite. App18 più efficiente, legata al merito e ai redditi bassi”. Sostiene Sangiuliano: “nessuno stop, solo strumenti più moderni”.

Questa la chiave di lettura ideologica: “noi siamo consapevoli che i consunti culturali, soprattutto nelle giovani generazioni, rappresentato un fattore di crescita civile. E mettere il merito al centro è un’operazione di riformismo conservatore, un cambio di paradigma che incentiva uno sviluppo armonico della società: garantire cioè a tutti uguali basi di partenza e assicurare a chiunque la possibilità di accedere a livelli superiori”.

Il Ministro rivendica anche un primato, nel nuovo approccio, rispetto ad iniziative di altri Paesi: “noi in Italia interveniamo adottando uno schema all’avanguardia in Europa. In Francia, per esempio, i 18 anni i ragazzi ricevono un buono digitale di 300 euro da utilizzare per consumi culturali da 8.000 operatori autorizzati. In Germania il pass cultura entrerà in vigore nel secondo semestre 2023 e i diciottenni avranno a disposizione 200 euro per favorire i piccoli cinema e le librerie di quartiere. In Spagna, è entrato in vigore quest’anno e concede ai diciottenni 400 curo…”. Ad IsICult risultano informazioni un po’ differenti, ma lo spirito evocato dal Ministro è evidente, soprattutto quel riferimento al “riformismo conservatore” (tesi a lui molto cara e richiamata fin dai primi giorni del nuovo Governo).

Nota serale del Mef, ritenuta una “velina” eterodiretta da Italia Viva

Da segnalare anche un’altra appendice polemica ieri sera, provocata da una nota del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ha precisato: “nessun taglio nel 2023 negli stanziamenti dell’App18. Nel prossimo anno la Carta della cultura Giovani sarà assegnata ai nati nell’anno 2004 mediante utilizzo delle risorse già impegnate nel 2022. Sono quindi confermate le somme necessarie per coprire le esigenze per la realizzazione di questa misura”.  

Immediata la replica di Italia Viva. C’è chi ha sostenuto che quella del Mef sia stata una “velina” eterodiretta: “brutti tempi se un’istituzione seria come il Mef si presta alla propaganda politica. Affermare che non c’è nessun taglio agli stanziamenti su App18 non è un commento: è una bugia. Nel 2022 c’erano 230 milioni. Nel 2023 ce ne sono zero. Questi i fatti. Attendo smentita”, ha scritto su Twitter Luigi Marattin, Capogruppo di Azione – Italia Viva – Renew Europe in Commissione Bilancio”.  La tesi, che è stata ripresa anche dalla sua collega di partito Elena Bonetti questa mattina durante il dibattito in Aula, è un po’ una forzatura interpretativa, perché, se è vero che si tratta (trattava) di una misura cosiddetta “strutturale” (cioè stabile, stabilizzata), è altrettanto vero che il Parlamento, in sede di Legge Finanziaria, può modificare a suo piacimento qualsivoglia norma. E non si tratta di prassi eccezionale, anzi.

E la misura così approvata in Commissione nella notte tra martedì e mercoledì prevede indiscutibilmente un fondo di 190 milioni di euro, inferiore sì di 40 milioni rispetto alla cifra “stabilizzata”, ma va ricordato che, per l’anno 2022 (“Bonus 2021), si sono iscritti per accedere al dono statale circa 442mila neo-diciottenni, che hanno complessivamente speso 148 milioni di euro.

La media di spesa dei 5 anni precedenti è stata di 185,6 milioni di euro l’anno (per un totale complessivo di 928 milioni di euro), e quindi la dotazione di 190 milioni di euro ci sembra coerente con l’andamento di spesa del primo quinquennio di applicazione della misura (vedi l’elaborazione IsICult su “Key4biz” del 12 dicembre 2022, ““Bonus Cultura”, tra fake news e pie illusioni? I numeri di 18app negli ultimi 6 anni”).

Conclusivamente, riteniamo che, su questa specifica vicenda, le opposizioni abbiano scatenato una tempesta in un bicchier d’acqua: il “Bonus Cultura” non è stato eliminato, ma semplicemente è stato rimodulato, alla luce di un approccio ideologico coerente con gli indirizzi programmatici della maggioranza.

Si confida comunque che il Ministro Gennaro Sangiuliano voglia finalmente promuovere, al di là dell’annunciato monitoraggio attivo contro le frodi (che in verità era stato già messo in atto dal suo predecessore), una valutazione di impatto, che consenta di rispondere finalmente a domande semplici come questa: al di là della soddisfazione dell’Aie, è sano e naturale (per il sistema culturale italiano inteso nel suo complesso) che l’80 % circa della spesa culturale stimolata (determinata) dal Bonus Cultura vada a vantaggio dei libri soltanto?!

Riteniamo che la risposta non possa che essere negativa, in una prospettiva di “ecologia culturale”: i libri sono certamente importanti, ma forse anche la fruizione di teatro – esemplificativamente – merita essere stimolata dallo Stato nei neo-18enni… E non ci risulta che 18App abbia granché ben funzionato, in argomento…

E per questa ragione andiamo sostenendo l’opportunità di porre dei limiti merceologici, sul “modello spagnolo”.

Auguriamoci che la questione venga affrontata in occasione della prima riunione del “tavolo” tra le categorie annunciato dal Ministro Sangiuliano, da convocare nei primi giorni del 2023.

Le varie puntate del “Dossier” IsICult per “Key4biz” sul “Bonus Cultura”: