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L’Europa delle telco vista dagli Usa. Per il WSJ economia digitale a rischio senza fusioni

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'Se l’Europa vuole una florida economia digitale, la cosa migliore per Bruxelles è cambiare direzione', afferma il Wall Street Journal, magari cercando di realizzare un mercato unico delle telecomunicazioni non solo a parole ma con fatti concreti.

Visto da oltreoceano, l’approccio di Bruxelles al consolidamento del mercato delle telecomunicazioni è incomprensibile. Peggio, rischia – per dirla col Wall Street Journal – di far fallire ancora una volta i tentativi disperati dell’Europa di recuperare terreno sul fronte dell’economia digitale.

Un approccio, tra l’altro, che cambia col cambiare delle Commissioni, che diventa di volta in volta più o meno intransigente. Prova ne è il fatto che, mentre in alcuni paesi come l’Irlanda, l’Austria e la Germania è stato possibile ridurre il numero di operatori mobili da 4 a 3 per mezzo di operazioni di fusione tra i player nazionali, in altri non sembra si potrà sfruttare la stessa possibilità.

“Non esiste un numero magico” di operatori in un dato paese, ha spesso ripetuto il Commissario antitrust europeo Margrethe Vestager, entrata in carica nel 2014, ma a quanto pare 4 è meglio di tre. Con questa logica è stato ad esempio bloccata la fusione tra Telenor e TeliaSonera e potrebbe allo stesso modo saltare l’accordo tra 3 Uk e O2 nel Regno Unito. Dall’unione tra i due gruppi – che fanno capo, rispettivamente alla

Hutchison Whampoa di Hong Kong e agli spagnoli di Telefonica – nascerebbe un nuovo operatore che controllerebbe il 40% del mercato mobile, diventandone il leader davanti a EE (che nel frattempo è stata acquisita da BT) e Vodafone.

Dal punto di vista degli operatori, il consolidamento è l’unico modo per stoppare la guerra dei prezzi che ha prosciugato margini e ricavi (oltre naturalmente all’arrivo in massa dei servizi over the top come Skype e Whatsapp) e per fissare tariffe tali da sostenere i necessari investimenti nelle reti di nuova generazione.

Ma è proprio questo il timore di Bruxelles: che la riduzione del numero di operatori faccia risalire i prezzi praticati ai consumatori.

Una visione condivisa dalla numero uno dell’Ofcom, Sharon White, che nei giorni scorsi si è apertamente schierata contro la fusione tra il numero due e il numero tre del mercato, portando a sostegno della sua tesi i risultati di alcuni studi che indicano come nei paesi con tre operatori mobili i prezzi siano mediamente del 10-20% più alti rispetto a quelli con 4 operatori.

Ci sono tuttavia anche altri dati che suggeriscono che gli aumenti dei prezzi sono stati accompagnati da un uso più massiccio dei servizi mobili e, quindi, dal calo del prezzo medio per l’invio e la ricezione dei dati.

Gli incessanti sviluppi tecnologici impongono inoltre agli operatori una disciplina dei prezzi che permetta loro di fronteggiare l’agguerrita concorrenza dei servizi gratuiti offerti dagli over the top e, allo stesso tempo, di trovare una struttura di mercato che permetta loro di investire in nuove tecnologie. Investimenti che con il tempo porteranno un calo dei prezzi e migliori servizi ai consumatori.

“Se l’Europa vuole una florida economia digitale, la cosa migliore per Bruxelles è cambiare direzione”, afferma il Wall Street Journal, magari cercando di realizzare un mercato unico delle telecomunicazioni non solo a parole ma con fatti concreti.

Come del resto sta avvenendo oltreoceano, dove negli ultimi anni gli operatori americani hanno investito il doppio rispetto ai colleghi europei guadagnandone in salute e dimensione, tanto che a confronto loro, i giganti europei appaiono come degli gnomi.