Da alcuni anni si sta parlando dell’introduzione da parte della Banca centrale europea (Bce) dell’“Euro digitale”, un progetto che potrebbe diventare realtà entro il 2028 ma che, si sostiene, è già in ritardo rispetto al dinamismo del settore delle valute digitali a livello internazionale.
L’Euro digitale, emesso dalla Bce, integrerà senza sostituirla, la circolazione dell’euro cartaceo e delle monete metalliche in euro. In sostanza, i cittadini europei potranno pagare gli acquisti e regolare le transazioni non solo con cartamoneta e monete in euro ma anche mediante euro digitali utilizzando un “borsellino elettronico” (digital wallet), un cellulare o altri dispositivi elettronici.
Ma quali sono i motivi, i vantaggi e le criticità di questa innovazione?
Per fare chiarezza e aiutare il lettore a comprendere le implicazioni che l’”Euro digitale” comporta, si possono seguire due prospettive: a) quella del paradigma dell’efficientamento dei sistemi di pagamento e della loro modernizzazione; b) quella degli scenari geopolitici che stanno influenzando il mondo della finanza internazionale.
I due approcci presentano alcuni aspetti di complementarità. Infatti, se, da un lato, con l’Euro digitale si realizza un miglioramento dell’accesso e una maggiore inclusione dei cittadini nei pagamenti digitali, dall’altro lato, una moneta digitale europea può rafforzare la competitività del Vecchio continente nei sistemi di pagamento internazionali.
A questo secondo riguardo, si sostiene che un Euro digitale sia indispensabile all’ Europa per mantenere la propria sovranità e autonomia strategica nel contesto delle silenziose guerre valutarie in corso tra i blocchi economici e finanziari, di USA e Cina, con i quali si trova a competere. L’Euro Digitale si configurerebbe, pertanto, come una leva di potere non solo economico e finanziario ma anche geopolitico.
Se queste motivazioni sono in linea generale condivisibili, diversi profili problematici dell’Euro digitale non sono da trascurare. In questo contributo, proponiamo una disamina degli effetti che restano in ombra e sui quali riteniamo che occorra fare chiarezza in modo che il lettore possa esprimere un proprio giudizio su questa importante innovazione.
Come funziona l’Euro digitale e quali vantaggi per i cittadini
L’Euro digitale è contante in forma digitale, è accessibile a tutti ed è gratuito. Non sono, infatti, previsti costi diretti per gli utenti, che ricadranno principalmente sulle banche. Infatti, l’Euro digitale sarà detenuto in appositi conti presso le banche.
Pertanto, se gli utenti potranno apprezzare l’Euro digitale, le banche si sono già mostrate di avviso opposto visto che con la diffusione dell’Euro digitale potranno subire una riduzione dei conti correnti della propria clientela.
Non comportando le spese e le commissioni che sono invece previste dai tradizionali conti correnti bancari, il pubblico potrebbe preferire di mantenere le proprie disponibilità nei wallet e nei conti in euro digitali. In tal modo le banche subirebbero una riduzione della cospicua raccolta fondi che oggi ottengono con i conti correnti e perderebbero il loro ruolo attualmente centrale nel sistema dei pagamenti.
L’Euro digitale avrà successo? Solo se rispetterà i benefici pubblici promessi e se le banche si dimostreranno collaborative. I dubbi, tuttavia, non mancano anche per quanto riguarda la “supposta” maggiore accessibilità, sicurezza, privacy. Non è detto che l’Euro digitale sia effettivamente più apprezzabile dal pubblico rispetto all’euro in biglietti e monete.
Basti pensare al fatto che si deve passare, come abbiamo detto, attraverso l’’intermediazione di una banca; la cosa non è, quindi, più semplice e pratica di avere contanti “in tasca”, senza problemi contabili e amministrativi, considerando soprattutto la superiore riservatezza che l’uso del contante garantisce.
Certamente, sarà una sfida cruciale quella del bilanciamento tra trasparenza e tutela dei dati personali. Se i cittadini percepiranno l’Euro digitale come uno strumento di “sorveglianza”, la sua adozione sarà ovviamente ostacolata.
La Bce dovrà pertanto garantirne l’anonimato. Quanto alla sicurezza, è vero che il contante lo si può smarrire o se ne può subire il furto ma va anche detto che la stessa Unione Europea consiglia di mantenere delle scorte di “contante fisico” a disposizione per affrontare emergenze varie, compresi blackout, interruzioni, e guasti dei sistemi digitalizzati o addirittura attacchi hacker. Non è, pertanto, né accertato né scontato che la fiducia nell’Euro digitale si dimostrerà superiore a quella nei confronti dell’euro cash.
L’Euro digitale e le banche
Nel progetto dell’Euro digitale, gli utenti non avranno un conto direttamente presso la Bce, ma utilizzeranno, come ricordato, wallet digitaliforniti dalle banche e da altri provider autorizzati (Payment Service Providers). È, quindi, da questi soggetti – che intermedieranno tra la Bce e chi vorrà detenere e usare l’Euro digitale, che dipendono sicurezza, privacy e assistenza; le banche, si sostiene, potranno offrire anche servizi aggiuntivi e promuoverne l’uso anche a proprio vantaggio.
Ma, per quanto abbiamo già osservato, non si può dire che le banche abbiano un così grande e concreto interesse in questo progetto perché si troverebbero a subirne i costi senza ottenere particolari benefici, anzi con un possibile effetto di disintermediazione, se la clientela dovesse preferire di mantenere le proprie disponibilità liquide nell’Euro digitale invece che sui conti correnti bancari.
Le banche potranno essere indotte a reagirvi applicando tassi di interesse crescenti sui conti correnti che attualmente non remunerano. Quindi, un doppio onere, a carico delle banche, se si considera che possono diminuire i loro ricavi mentre potranno aumentare i costi amministrativi da sopportare per la gestione dell’Euro digitale per conto della Bce.
A tale riguardo, la Bce si è affrettata ad affermare che l’obiettivo è quello di creare una moneta digitale pubblica che non interferisca con l’attività creditizia delle banche e che sia compatibile con l’ecosistema esistente. La Bce fisserà, pertanto, dei limiti alle disponibilità in Euro digitale (si parla di 3000 euro) che ogni utente potrà mantenere. Questo vincolo è esplicativo del fatto che pericoli di destabilizzazione sono tutt’altro che da escludere. Dunque, si vuole una soluzione prudente, istituzionale, tecnicamente solida. Su queste affermazioni occorre, però, riflettere.
In effetti, poiché l’Euro digitale sarà gratuito per gli utenti, non è del tutto escluso che le banche, soprattutto quelle retail, potranno subire una riduzione della propria raccolta fondi tramite i conti correnti. Non solo: con la lievitazione della massa monetaria detenuta dal pubblico, grazie alla preferenza per l’Euro digitale, si avrà un effetto strutturale di riduzione dell’uso della c.d. moneta scritturale delle banche rappresentata dai conti correnti. E si avrà, di conseguenza, un indebolimento del meccanismo moltiplicativo dei depositi e dei prestiti bancari e, in ultima analisi, un minore sviluppo delle stesse banche[1].
Contrariamente a quanto affermato dalle autorità europee, si possono avere, in realtà, effetti competitivi e destabilizzanti sul sistema bancario, che interferiscono con l’attività creditizia. Proprio per ragioni di tutela della stabilità finanziaria, come accennato, la Bce fisserà dei massimali al saldo detenibile dal pubblico nei conti in Euro digitale. Questo aspetto di cautela, per evitare la fuga dai correnti bancari, già mostra importanti limiti del progetto, a cui vanno aggiunti i dubbi sulla “supposta” maggiore accessibilità, privacy e sicurezza.
Difesa della sovranità monetaria
Secondo una visione che appare più politica che tecnica, l’Euro digitale perseguirebbe obiettivi più ampi rispetto alla modernizzazione della valuta europea in quanto ne difenderebbe la sovranità in un mondo sempre più interconnesso e dominato da attori globali. Questa “difesa” consisterebbe anzitutto nel ridurre la dipendenza dell’euro dai circuiti di pagamento extra-Ue dato che due terzi delle transazioni digitali in Europa passano da circuiti non europei.
Si tratta di una situazione che espone tali pagamenti a rischi geopolitici che verrebbero contrastati grazie all’Euro digitale e al suo circuito funzionante con la supervisione e la garanzia della Bce. Si consideri come attualmente, la maggioranza delle transazioni digitali avvenga a circuiti (come Visa, Mastercard, Swift) non controllati dalla Ue.
La riduzione della dipendenza da infrastrutture non europee è una risposta strategica dell’Europa alle sfide globali poste da Usa e Cina. Mentre la Cina promuove lo yuan digitale e gli USA sviluppano stablecoin private, la Ue rischia di restare indietro se non si adegua a questa evoluzione.
Loyuan digitale è una moneta digitale, in fase di sperimentazione, emessa direttamente dalla banca centrale cinese, ossia una versione elettronica dello yuan tradizionale.
Si basa su tecnologie blockchain e registri distribuiti per garantire un elevato livello di sicurezza delle transazioni. Tuttavia, a differenza delle criptovalute decentralizzate si avvale di una infrastruttura centralizzata. Come nel caso dell’Euro digitale, le banche cinesi lo distribuiscono ai cittadini e alle imprese.
L’obiettivo perseguito è quello di ridurre la dipendenza dal dollaro nei pagamenti internazionali ma anche di realizzare un maggior controllo statale sul sistema finanziario.
In questa prospettiva, la Cina starebbe per affrontare un’ ulteriore evoluzione autorizzando l’uso di stablecoin ancorate allo yuan al fine di dare una maggiore spinta alla propria moneta nazionale come strumento di pagamento internazionale.
Quanto agli Usa, anche il governo federale sta puntando sullo sviluppo delle stablecoin. Si tratta di criptovalute, coperte da asset liquidi e sicuri, ancorate a beni stabili come appunto il dollaro.
Infatti, nel valutare i pro e i contro di un dollaro digitale, la Fed avrebbe concluso che lo sviluppo di un settore di stablecoin private è preferito al dollaro digitale emesso dalla Fed non solo per evitare un’eccessiva centralizzazione ma anche perché le stablecoin beneficiano dei vantaggi della tecnologia blockchain mantenendo nel tempo un valore stabile dato che non risentono della volatilità tipica dei mercati delle criptovalute.
In questo contesto, L’Europa, puntando all’Euro digitale della Bce si troverebbe con un posizionamento competitivo debole nel mercato dei pagamenti digitali non tanto nei confronti delle criptovalute “non ancorate” (come Bitcoin o Ethereum), che sono soprattutto strumenti speculativi, quanto nei confronti delle stablecoin private (come Tether, USDC) che mostrano di avere un forte potenziale sviluppo.
Tant’ è vero che un consorzio di banche europee, tra cui UniCredit e Banca Sella, ha avviato la creazione di una stablecoin europea in euro, con l’obiettivo di diventare uno standard di pagamento europeo affidabile nell’ecosistema digitale.
Anche secondo l’ABI, l’Euro digitale può proporsi come strumento di pagamento per evitare i rischi legati all’uso delle criptovalute non regolamentate, promuovendo un sistema più sicuro e trasparente, ma si sta confermando l’dea, sulla base dei sondaggi di cui parliamo nel successivo paragrafo, che l’Euro digitale possa essere una risposta tardiva e poco innovativa, perché difficilmente capace di competere con le criptovalute già affermate e le soluzioni più agili di altri contesti.
Euro digitale debole nel quadro geopolitico
Nella rassegna sui “perché” dell’Euro digitale, la questione del miglioramento dell’efficienza del sistema dei pagamenti non è messa in sufficiente evidenza rispetto agli altri aspetti pur sempre rilevanti. Nella teoria dei sistemi dei pagamenti è sempre stata centrale la questione sia del miglioramento dell’efficienza, cioè della tendenza, con l’avanzare del progresso tecnico, alla riduzione dei costi di funzionamento e manutenzione dei sistemi di pagamento, sia della loro razionalizzazione in relazione alla comodità e sicurezza per i cittadini e gli altri utenti.
La digitalizzazione dell’euro dovrebbe andare anzitutto in tale direzione, considerando, quindi, l’impatto che l’Euro digitale può avere sui costi economico-sociali della gestione di un sistema monetario digitale europeo rispetto a quello cartaceo e delle monete metalliche.
Ma dell’impatto dell’Euro digitale dal punto di vista del risparmio dei costi non si parla, forse perché fa più presa sul pubblico, e ottiene maggiori consensi, la visione geopolitica dell’Euro digitale e, più in generale, delle prospettive dell’euro nello scenario internazionale. Sebbene richieda notevoli investimenti per la sua complessa infrastruttura tecnologica, l’Euro digitale potrebbe comportare effettivamente minori costi diretti e indiretti di gestione.
Si pensi al venire meno dei problemi di stampa dei biglietti e di conio delle monete, di distribuzione fisica e della loro sostituzione per deterioramento; ma anche all’impatto sul sistema bancario che non si trova più a processare una serie di fasi riguardanti il maneggio e la custodia del contante fisico. Lo sviluppo dell’Euro digitale ha però un impatto incrementale sui costi di controllo del rischio digitale (frodi, contraffazioni, attacchi informatici), con una forte vulnerabilità in caso di cyber-attacchi e dipendenza da standard digitali globali (hardware, cloud, IA) ancora dominati da USA e Cina.
Si può, quindi, affermare, facendo il bilancio dei pro e contro, che l’Euro digitale punti, in sostanza, a essere una forma di moneta pubblica più economica, sicura e moderna, con benefici sia per i cittadini che per le imprese? E, pertanto, con ampie possibilità di successo?
Su quanto sia effettivamente apprezzato da parte degli utenti, una ricerca della Sda Bocconi[2], tramite un sondaggio in 27 Paesi europei (17.000 risposte valide), ha rilevato come il modello dell’ “euro digitale” progettato dalla Bce non risulti particolarmente gradito dai cittadini europei. Questi preferirebbero, infatti, disporre di un contante digitale, un “Digital cash”, emesso e gestito interamente dalla Bce, senza passare da banche e intermediari. Ogni cittadino europeo dovrebbe, cioè, poter disporre di un wallet pubblico presso la stessa Bce.
Nel sondaggio suddetto, non solo un Digital Cash ma anche un Euro Token risultano preferiti all’Euro digitale. Infatti, una forma alternativa all’Euro digitale potrebbe essere quella dell’“Euro token digitale”, sempre emesso dalla Bce, basato su una blockchain pubblica e integrata nell’ecosistema delle criptovalute e della finanza decentralizzata.
Nel sondaggio, l’Euro digitale ha registrato il tasso di rifiuto più alto: il 24% degli intervistati ha dichiarato che non lo userebbe. L’Euro Token ha ottenuto invece il punteggio più alto, però come soluzione per usi non routinari (es. peer-to-peer, integrazione con crypto-services); mentre è il Digital Cash a essere valutato come la migliore sostituzione del contante, per la sua semplicità e il diretto controllo pubblico.
Alcune considerazioni non conclusive
Alla luce del limitato interesse all’Euro digitale, evidenziato dal suddetto sondaggio da parte dei cittadini europei, e dei commenti non tutti univocamente positivi della stampa economica, non sono mancate anche recentemente le reazioni a suo favore da parte delle autorità europee, ricordando che l’incremento dell’e-commerce sta accelerando la necessità dell’Euro digitale, visto che nell’area dell’euro dominano il mercato delle transazioni digitali operatori non europei e che vi è, quindi, un problema di sovranità nazionale[3]. Quello della difesa della sovranità nazionale appare in effetti il tema più enfatizzato in contrasto con l’aumento delle critiche dei banchieri, i quali non vedono la necessità di procedere con urgenza in un’operazione che può generare non solo la fuga dai depositi bancari ma anche un aumento dei costi per le banche.
La questione della sovranità pare giustificarsi, nel dibattito in corso, anche alla luce degli aspetti geopolitici riguardanti l’evoluzione delle cripto-valute a livello globale. Tuttavia, pure in questa prospettiva, il progetto dell’Euro digitale si colloca in una posizione strategica che appare debole e soprattutto non innovativa, rispetto ai sistemi digitali di pagamento di Cina e Stati Uniti, che sono in una fase avanzata, avendo già compiuto passi significativi con lo yuan digitale e le stablecoin private seppure in un rapporto poco trasparente con il mondo delle criptovalute.
Non è superfluo, pertanto, esprimere perplessità anche sulla possibilità che, con l’indebolimento del dollaro sulla scena internazionale, l’euro possa diventare moneta globale come prospettato recentemente dalla presidente della Bce, Cristine Lagarde[4]. Non è questa la sede per affrontare una discussione su tale punto ma ci limitiamo a osservare come l’Europa abbia una struttura politica ed economica molto lontana dalla capacità di promuovere e sostenere un euro che possa aspirare a diventare “moneta di riserva” internazionale, senza contare i problemi che l’Europa dovrebbe affrontare, come ha mostrato l’esperienza degli Stati Uniti che si trovano ora a cercare di gestire gli effetti che una moneta globale determina sul piano economico ( aumento del deficit commerciale e del debito pubblico).
Certamente l’affermarsi delle criptovalute ha dirette implicazioni con la competizione globale delle valute tra le grandi potenze economiche. In questo confronto competitivo, vi è la questione della loro regolamentazione, tenuto conto che, per diventare sistemi di pagamento di successo, occorre che le criptovalute rispettino criteri di trasparenza e solvibilità. Tuttavia, vista la loro natura speculativa, una stretta regolamentazione significherebbe limitarne lo sviluppo. In ogni caso, senza una qualche regolamentazione, che ne aumenti se non altro la trasparenza, il rischio delle criptovalute è quello di restare dei castelli di carte destinati a crollare e, quindi, non certamente con le caratteristiche di sicuri strumenti di pagamento.
[1] P. MOTTURA, “Euro digitale: quale futuro?”, Bancaria, ottobre 2023.
[2] S. CASELLI e al., The Digital Euro. The new frontier of European money, 30 Settembre 2025.
[3] Intervista a Pietro Cipollone, membro del Comitato esecutivo della Bce: “Euro digitale: è uno strumento che tutela i consumatori, recupero di sovranità”, 14 ottobre 2025.
[4] C. LAGARDE,” L’eurozona paga il conto della turbolenza”, Milano Finanza, 7 ottobre 2025


