L'Outlook

L’emergenza energetica potrebbe tagliare la crescita italiana del 40% nel 2022 a +2,3%, secondo stime FMI

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Ecco le nuove stime del Fondo Monetario Internazionale sulla crescita del PIL mondiale, rivisto al ribasso, soprattutto nei Paesi occidentali. In Italia pesa tantissimo l'emergenza energetica e le difficili contromisure da prendere. Ecco il "World Economic Outlook 2022" di aprile.

Il “World Economic Outlook 2022

La guerra in Ucraina avviata dalla Russia, lo scontro con i Paesi della NATO e più in generale le economie occidentali, il rialzo dei prezzi delle materie prime e dell’energia, sono solamente alcuni degli ingredienti chiave che stanno determinando un grave deterioramento della situazione economica e finanziaria globale, soprattutto in Europa e negli Stati Uniti, con probabile taglio del PIL.

Le sanzioni decise contro Mosca hanno e avranno delle conseguenze rilevanti anche per Washington e i suoi allegati. Secondo le nuove stime contenute nel “World Economic Outlook 2022” di aprile, pubblicato dal Fondo Monetario Internazionale, il PIL mondiale si contrarrà sia nel 2022 che nel 2023, in entrambi i casi fermandosi a +3,6% (invece che +4,4% e +3,8%).

Nel 2021 la crescita del PIL mondiale viaggiava su una stima del +5,9%, poi rivista al rialzo a +6,1%. La guerra e le tensioni geopolitiche che ne sono derivate hanno tagliato fortemente ogni prospettiva di crescita per l’anno in corso e tendenzialmente per il prossimo.

Questa crisi avviene in un momento in cui l’economia globale non si è ancora pienamente ripresa dalla pandemia. Anche prima della guerra, l’inflazione in molti Paesi era aumentata a causa degli squilibri tra domanda e offerta e per le politiche di sostegno durante la pandemia, portando a una stretta della politica monetaria. Gli ultimi lockdown in Cina potrebbero provocare nuovi colli di bottiglia nelle catene globali di approvvigionamento. In questo contesto, oltre l’immediato e tragico impatto umanitario, la guerra rallenterà la crescita economica e farà aumentare l’inflazione”, si legge nel commento dai dati riportato da Radiocor del Sole 24 Ore.

Giù il PIL americano

Una tendenza confermata anche dal PIL USA, che è visto in discesa dal +4% delle precedenti stime al +3,7% per il 2022, dopo che nel 2021 aveva toccato il +5,7% (con stime per il 2022 iniziali proiettate sul +5,2%, ora fortemente riviste verso il basso).

In questo caso, più che le conseguenze della guerra (anche se indirette, visto il coinvolgimento diretto o quasi di molti partner commerciali), si è trattato di quelle della pandemia di Covid-19 e della mancata approvazione del Build Back Better Act, che prevedeva spese sociali e per l’ambiente, e le difficoltà nelle catene di approvvigionamento.

Crollo del PIL italiano

Riguardo all’Europa e quindi l’Italia la situazione è più o meno la stessa, ma con un impatto maggiore della guerra Ucraina rispetto all’altra sponda dell’Atlantico.

Il PIL italiano, ad esempio, è visto crollare del 40% rispetto alle precedenti stime, dal +3,8% di tre mesi fa all’attuale +2,3%. Ancora peggio per il 2023, quando secondo la valutazione dell’FMI il nostro PIL calerà ancora dal +2,2% al +1,7%.

Rispetto a sei mesi fa la crescita attesa del prodotto interno lordo italiano è crollata di quasi il 2%, contro un dato del 2021 che superava il +6%.

Secondo il World Economic Outlook appena pubblicato, infatti, “a pesare sulla crescita italiana sono la guerra in Ucraina e le sanzioni contro la Russia, che hanno provocato l’aumento dei costi dell’energia, vista la dipendenza italiana dalle importazioni energetiche dalla Russia”, si legge ancora nel commento al Report.

Peggiorano i dati UE

Male anche il PIL dell’Europa, che rispetto alle stime precedenti è visto passare dal +3,9% al +2,8% nel 2022, mentre per il prossimo anno si teme un’ulteriore flessione dal +2,5% al +2,3%.

Anche qui a pesare è il conflitto in corso nell’Europa orientale, lo scontro con Mosca e le sanzioni imposte, la scarsità di risorse energetiche, in particolare di gas naturale, che ora è acquistato dai Governi dell’Unione a prezzi molto più alti di soli 12 mesi fa o degli ultimi anni, causa di una riduzione delle attività produttive e di una maggiore inflazione.