il caso

Lavoro: si può essere licenziati per 4 tweet personali al giorno?

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La buona notizia è che no, non si può. Ma il caso riguardo la Francia.

Il caso è esploso in Francia, dove un’azienda ha licenziato un suo dipendente reo di aver twittato durante le ore di lavoro, ma – anche se come vedremo non è questo il caso – continuano a crescere un po’ in tutto il mondo i casi in cui l’uso poco ortodosso o l’abuso dei social diventa causa di allontanamento dal lavoro.

La questione è balzata agli onori delle cronache perché il dipendente in questione ha fatto causa all’azienda che lo aveva cacciato per ‘colpa grave’: perché, cioè, aveva pubblicato 1.336 tweet in 16 mesi, dei quali 90 nel giro di due mesi. Ma il motivo dell’allontanamento, per i giudici che hanno valutato il caso, non può essere imputabile all’uso del social network, seppure ritenuto eccessivo dall’azienda.

Nella lettera di licenziamento, riporta il quotidiano ‘Les Echos’ l’azienda ha sottolineato come, calcolatrice alla mano, il tempo trascorso dal dipendente sul social network corrispondesse a diverse dozzine di ore di lavoro.

“Il 28 giugno 2011 abbiamo scoperto il suo uso massiccio di Twitter a fini extra lavorativi durante le ore di lavoro e a partire da materiale appartenente all’azienda”, si legge.

Ma secondo il giudice non c’è ‘abuso’

Il giudice incaricato del caso ha innanzitutto cercato di capire se un tale utilizzo a fini personali di uno strumento messo a disposizione del lavoratore per fini professionali potesse, in questo caso preciso, assumere un carattere di abuso. Per farlo, quindi, ha messo mano alla calcolatrice e ha stimato il tempo medio necessario passato su ogni tweet: “un minuto, volendosi tenere molto larghi”, ha spiegato.

Dividendo il numero di tweet individuati dall’azienda per il numero di mesi, il giudice è quindi arrivato alla conclusione che il dipendente ha inviato 4 tweet al giorno.

Quanto ai 90 tweet in 60 giorni, si tratta di una divagazione di meno di tre minuti al giorno.

A giocare in favore del dipendente, anche il fatto che una volta trascorse 24 ore, del twwet non si può determinare con precisione l’ora di pubblicazione. Impossibile, dunque, dire con certezza se i cinguetti sono partiti durante le ore di lavoro o no.

Secondo il giudice pertanto, il semplice fatto di aver passato del tempo, peraltro molto limitato, per inviare dei tweet non legati alla propria attività professionale in orari lavorativi e comunque mentre il dipendente “proprio per via del proprio lavoro era connesso a internet in maniera pressoché continua…non può essere considerato un illecito”

In questo caso particolare, insomma, l’uso di Twitter non costituisce motivo di licenziamento, anche se il dipendente in questione non ha ottenuto il reinserimento al proprio posto di lavoro per altre ragioni che i giudici hanno ritenuto ‘serie e fondate’.

Anche se non è stato questo il caso, nel mondo continua a crescere il numero di persone licenziate per un uso poco ‘ortodosso’ dei social network (ossia per la pubblicazione di frasi, opinioni o immagini compromettenti agli occhi dei datori di lavoro) o per il loro utilizzo durante le ore di lavoro. tanto che esiste un sito

Il numero dei casi di gente licenziata per colpa di Facebook aumenta anche in Italia, mentre negli Usa potremmo dire che è all’ordine del giorno. Già da anni, infatti, esiste un sito – thefacebookfired – in cui vengono raccolti e raccontati i casi di licenziamento imputabili ai social network.

Si tratta per lo più di casi legati a post razzisti od offensivi, che al di là che siano o meno pubblicati in orari di lavoro, sono spesso causa scatenante della cessazione del rapporto di lavoro. Diversi i casi anche in Italia: ne sa qualcosa il responsabile del reparto distribuzione ortofrutta di un’azienda sarda, licenziato per aver messo un like su un post di Facebook che il suo responsabile ha ritenuto ‘denigratorio e diffamatorio’ o un lavoratore di Ivrea licenziato per aver definito ‘Milf arrapata‘ una collega su Facebook.

E ancora, due casi simili a quello del Mister X francese: a Genova, un impiegato è stato licenziato in tronco perché usava il collegamento internet del cellulare aziendale per fini personali o ancora, nel padovano, una ragazza è stata licenziata perché scoperta a chattare su Facebook dalla sua postazione di lavoro.