Antitrust

La Commissione Ue ‘dichiara guerra’ a Google, maximulta da 2,42 miliardi

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Multa record della Commissione Ue ai danni di Google per abuso di posizione dominante nel campo dei motori di ricerca. Il commissario Vestager: ‘Google ha negato alle aziende la possibilità di competere’. La replica di Google: ‘Non siamo rispettosamente d’accordo’.

Tanto tuonò che piovve, anzi grandinò. Dopo mesi di indiscrezioni e sette anni di indagini, La mannaia dell’Antitrust europeo cala su Google in maniera molto più pesante del previsto. La Commissione Ue ha deciso di imporre a Google una maximulta record da 2,42 miliardi di euro, la più alta mai comminata dalla Ue (più del doppio rispetto al miliardo di sanzione ventilato nei giorni scorsi), per abuso di posizione dominante nel campo dei motori di ricerca, dando un vantaggio competitivo illegale al suo servizio di comparazione degli acquisti Google Shopping ai danni dei concorrenti, penalizzati nei risultati del motore. L’azienda ha ora 90 giorni per mettere fine alla pratica, oppure dovrà affrontare una nuova ammenda: fino al 5% dei ricavi giornalieri medi Alphabet, la holding che controlla Google, che nel 2016 ha registrato ricavi globali pari a 90 miliardi di dollari nel 2016. Poteva anche andare peggio, perché in materia di Antitrust la Commissione avrebbe potuto sanzionare il motore di ricerca con una multa pari al 10% del giro d’affari globale.

Violazione sistematica 

Secondo la Commissione (qui il comunicato della Commissione in Pdf), Google ha sistematicamente dato maggior risalto al suo servizio di comparazione degli acquisti: quando un utente cerca su Google un prodotto, il suo servizio di shopping gli propone le varie possibilità accanto ai risultati in alto, quindi molto visibili. I servizi di comparazione degli acquisti dei suoi rivali, sono invece lasciati nella colonna dei risultati generici, selezionati dagli algoritmi generici. “Le prove dimostrano che il competitor messo maggiormente in risalto compare soltanto a pagina 4 dei risultati”, scrive la Commissione. Il problema è che i consumatori cliccano molto più spesso sui prodotti più visibili, e quindi su quelli sponsorizzati da Google. I numeri non lasciano dubbi, spiegano i regolatori europei: i risultati sulla prima pagina guadagnano il 95% di tutti i click, quelli sulla seconda solo l’1%.

“La strategia usata da Google per i suoi servizi shopping non era solo attrarre gli utenti rendendo i suoi prodotti migliori di quelli dei rivali. Google ha invece abusato della sua posizione dominante sul mercato della ricerca per promuovere il suo servizio di comparazione dello shopping nei suoi risultati, declassando quelli dei suoi concorrenti. Quello che ha fatto è illegale per le regole antitrust”, ha detto la commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager. Per la commissaria ha “negato alle altre aziende la possibilità di competere sui loro meriti e di innovare”, e “più importante ancora ha negato ai consumatori Ue una scelta genuina di servizi”. La multa della Commissione di 2,42 miliardi, “tiene in considerazione la durata e la gravità dell’infrazione”, ed è calcolata sulla base del valore dei ricavi che Google ha fatto sul servizio shopping. Inoltre Bruxelles chiede di mettere fine all’infrazione entro 90 giorni, rispettando il principio dell’“equo trattamento dei rivali e dei loro servizi”.

“Abbiamo fatto buoni prorgessi su altre due inchieste legate alle pratiche di Google” sul sistema operativo Android e il servizio AdSense, ha aggiunto la commissaria alla Concorrenza Vestager. “Le nostre conclusioni preliminari” sui casi Android e AdSens sono che “c’è violazione delle regole anti-trust dell’Ue”, ha precisato Vestager, sottolineando che la decisione non è stata ancora presa. “La decisione di oggi è il punto di partenza per l’analisi sugli altri settori di attività di Google, ma è presto per i risultati finali”.

La replica di Google

Google non ci sta e annuncia ricorso. “Non siamo rispettosamente d’accordo con le conclusioni annunciate oggi” da Bruxelles che impongono una multa record da 2,42 miliardi a Google, “rivedremo la decisione della Commissione in dettaglio in quanto stiamo considerando di fare ricorso, e continueremo a perorare la nostra causa”. Lo ha dichiarato il vicepresidente senior e consigliere generale di Google Kent Walker, sostenendo che “quando si fa shopping online, si vogliono trovare i prodotti che si stanno cercando in modo veloce e facile”.

 

L’attivismo del commissario Margrethe Vestager

Da tempo i vertici politici di Parigi e Berlino, in linea con i concorrenti di Google, chiedevano a gran voce al commissario europeo alla Concorrenza Margrethe Vestager di usare il pugno di ferro e dare una multa esemplare alla tech company Usa.

Vestager ha ereditato il caso Google dal suo predecessore Joaquin Almunia, che nel 2013 e 2014 rifiutò tre diverse proposte di conciliazione da parte di Google.

Dal canto suo, Google farà certamente appello, perché considera il caso senza prove.

La condanna dell’Antitrsut apre comunque la strada alle richieste di risarcimento danni da parte di tutti i concorrenti di Google nel mercato della comparazione prezzi.

Un secondo filone di indagine aperto in Europa nei confronti di Google sta valutando se il motore di ricerca abbia penalizzato i concorrenti dai siti web che usano il suo motore di ricerca e le sue pubblicità. Infine, l’Antitrust Ue sta indagando per capire se Google abbia penalizzato i produttori di smartphone che utilizzano il suo sistema operativo Android. E l’app store Play con condizioni capestro.

 

I precedenti

Il provvedimento odierno fa seguito alla decisione della Vestager di imporre ad Apple il pagamento di 13 miliardi di euro in tasse inevase all’Irlanda. Un risarcimento dovuto al regime fiscale di estremo favore di cui Apple ha goduto per anni con il Governo di Dublino considerato come una sorta di “aiuto di Stato illegale”.

Non più tardi dello scorso 18 maggio, l’Antitrust Ue aveva multato Facebook per aver fornito informazioni non corrette e fuorvianti alla Commissione durante la revisione preliminare sui profili di concorrenza, per il via libera all’acquisizione da 19 miliardi di dollari di WhatsApp che risale al 2014.