Economia circolare

In Europa produciamo 500 kg di rifiuti a testa, ma con l’organico potremmo ottenere energia elettrica

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Italia e Paesi mediterranei i più virtuosi, mentre Danimarca, Lussemburgo e Germania vanno oltre i 600 kg procapite di rifiuti urbani prodotti in un anno. L’Enea ha preso parte ad un progetto Ue per trasformare i residui organici in energia elettrica, i test nel nostro meridione.

Ogni cittadino europeo lascia dietro di sé 502 kg di rifiuti l’anno. È questo il dato principale dello studio Eurostat sulla produzione di immondizia in città nell’anno di riferimento 2019.

Un dato in crescita dai 495 kg del 2018, ridotto rispetto a 10 anni fa, quando si è raggiunto il picco dei 520 kg a testa, ma che sicuramente sarà visto al rialzo per il 2020 e il 2021, con le famiglie e i singoli cittadini chiusi in casa per via delle misure di contenimento della pandemia di Covid-29.

Chi produce più rifiuti in Europa?

Diversi però i Paesi europei che hanno registrato un risultato ben oltre la media calcolata da Eurostat. La Danimarca, ad esempio, è il Paese che produce più immondizia di tutti per cittadino; 844 kg l’anno.

Seguono il Lussemburgo, con 791 kg, Malta, con 694 kg, Cipro, con 642 kg, la Germania, con 609 kg, l’Irlanda, con 598 kg, l’Austria, con 588 kg, la Finlandia, con 566 kg, la Francia, con 548 kg.

Più virtuosi i Paesi mediterranei, con la Grecia che si ferma a 524 kg di rifiuti urbani procapite, l’Italia a 499 kg e la Spagna a 476 kg.

Sotto i 400 kg solo quattro Paesi: Ungheria, Estonia, Polonia e Romania.

La buona notizia è che il volume di rifiuti riciclati e compostati in Europa nel 2019 è triplicato, passando dalle 37 milioni di tonnellate del 1995 alle attuali 107 milioni di tonnellate, che a testa fanno 239 kg di rifiuti riciclati.

Dimezzata la quantità di rifiuti conferiti in discarica, dalle 121 milioni di tonnellate del 1995 alle attuali 54 milioni di tonnellate.

Energia elettrica dai rifiuti organici

Riguardo ai rifiuti organici, invece, l’Unione europea ha finanziato il progetto “Waste2GridS – W2G”, residui per le reti (elettriche e gas).

All’iniziativa hanno preso parte la nostra Enea, insieme a Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne (EPFL), Technical University of Denmark e gruppo industriale Solidpower, con l’obiettivo di trovare il modo più efficace e meno inquinante per produrre energia elettrica dal trattamento dell’organico.

Al centro del progetto c’è la tecnologia rSOC (Celle a Combustibile a Ossidi Solidi Reversibili) che, oltre a produrre energia elettrica da rifiuti, utilizza l’elettricità in eccesso da fonte eolica e fotovoltaica per produrre combustibile gassoso da impiegare nei trasporti o da immettere nella rete di distribuzione del gas naturale.

Nel nostro Paese, il lavoro dell’Enea si è focalizzato su quattro regioni chiave del Sud Italia: Molise, Puglia, Basilicata e Calabria, dove si stima al 2030 un incremento dell’eccesso di energia rinnovabile non programmabile.

Attualmente l’energia elettrica in eccesso di queste regioni viene trasferita nel resto d’Italia, ma – hanno spiegato Alessandro Agostini e Claudio Carbone, ricercatori Enea che hanno collaborato al progetto – con la progressiva penetrazione di eolico e fotovoltaico nel mix energetico nazionale, la sovrapproduzione diventerà sempre più complessa da gestire con il rischio di rallentare la diffusione e lo sfruttamento delle fonti rinnovabili. Gli innovativi sistemi rSOC consentirebbero di utilizzare questa sovrapproduzione e, in combinazione con lo sfruttamento dei rifiuti organici, di produrre biometano”.

Quanto organico facciamo in Italia?

Nel nostro Paese, secondo dati CIC, sono state raccolte 7,1 milioni le tonnellate di rifiuti organici (umido, verde e altre matrici organiche provenienti dalla raccolta differenziata) durante il 2019.

Dal trattamento dei rifiuti organici sono stati ottenuti 2,04 milioni di tonnellate di compost e 312 milioni di Nm3 di biogas, corrispondenti a una produzione energetica di 664.000 MWh.

Il trend globale

Solo in termini di rifiuti, l’immondizia prodotta in città crescerà del 70% entro il 2025, secondo stime della Banca mondiale.

Entro il 2050, il 70% della popolazione umana avrà scelto le città come posto dove vivere, crescere, studiare e lavorare.