La fotografia

ilprincipenudo. Seminario Anci sui musei civici. Un patrimonio italiano che non conosce il digitale

di Angelo Zaccone Teodosi (Presidente Istituto italiano per l’Industria Culturale - IsICult) |

Per il presidente Anci Piero Fassino, il rilancio culturale del Paese passa anche attraverso i quasi 2.000 musei civici, distanti anni-luce dal digitale

ilprincipenudo ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale, a cura di Angelo Zaccone Teodosi, Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) per Key4biz. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Questa mattina si è tenuto a Roma, nella sede dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (Anci), un interessante seminario che ha inteso fornire un contributo al rilancio dei “musei civici”, una parte del patrimonio culturale nazionale ricca quanto sconosciuta.

L’iniziativa si pone come prima fase di un confronto fra le varie realtà presenti sul territorio (amministratori locali, direttori dei servizi museali, operatori del settore), finalizzato alla definizione di una piattaforma di proposte operative da portare all’attenzione del Governo.

La relazione introduttiva di Piero Fassino, Presidente Anci dal luglio 2013 (nonché Sindaco di Torino dal maggio 2011), ha proposto alcune riflessioni critiche, che si pongono come base delle “Proposte dell’Anci per il rilancio del sistema dei Musei Civici” (giustappunto il titolo del seminario odierno, preparatorio di un grande incontro nazionale che si terrà tra qualche mese a Mantova).

Tra i temi oggetto del dibattito: l’innovazione nelle forme di gestione; la sostenibilità di medio-lungo periodo delle strutture; il “fundraising” e l’uso dell’“Art Bonus”, e, infine, l’integrazione fra i musei dei Comuni con quelli statali – e di altro genere (basti pensare a quelli ecclesiastici) – presenti sul territorio, anche alla luce della riforma del Mibact. Il Governo era in qualche modo rappresentato da Lorenzo Casini, consigliere giuridico del Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini, coordinatore del gruppo di lavoro (interno al dicastero) sul tema del “Sistema Museale Nazionale”.

Alcune annotazioni “scenografico-coreografiche”, prima di entrare nel merito. La prima, essenziale: nessun materiale documentativo a disposizione, se non lo schema per l’intervento del Presidente Fassino?

La seconda, non meno essenziale: perché non è stata prevista una trasmissione via web tv dell’evento?!

Il seminario, peraltro, non è stato nemmeno oggetto di videoripresa. Presenti una cinquantina di persone, tra amministratori locali ed operatori del settore ed esperti: perché Anci non ha pensato che un’iniziativa del genere potesse interessare migliaia e migliaia di assessori alla cultura ed al turismo dell’intero territorio nazionale?!

In occasioni di questo tipo, ci si domanda “perché???” – nell’era del digitale – riflessioni stimolanti debbono restare chiuse tra le pareti di consessi cui partecipa soltanto un’eletta schiera di cooptati ed invitati…

Per quanto soggetta anch’essa alla “spending review”, immaginiamo che l’Anci possa mettere a disposizione risorse tecniche per una migliore “socializzazione culturale” (usiamo un’espressione più volte utilizzata dallo stesso Fassino) del “know-how” di cui dispongono i propri associati, e dei risultati delle proprie elaborazioni tecniche (al di là di quel che viene messo a disposizione sul sito web dell’associazione).

Cosa è emerso dal dibattito?

La fotografia sconcertante di un’enorme potenzialità socio-culturale non adeguatamente portata a sistema.

Basti notare che non esiste una mappatura accurata, un’anagrafe aggiornata, un osservatorio permanente dell’insieme dei musei civici italiani, che rappresentano oltre il 40% dell’offerta museale nazionale: quasi 2.000 musei su un totale di 3.847 “musei, gallerie e collezioni” censiti dall’Istat in una ricognizione realizzata nel 2013.

Ne deriva che non esistono dati sulle dimensioni dei flussi dei visitatori in questa parte importante del patrimonio culturale nazionale: può sembrare incredibile, ma così è.

I dati che il Ministro Franceschini comunica con crescente soddisfazione (perché i flussi dei visitatori registrano andamenti discretamente crescenti: 43 milioni di visitatori nell’anno 2015, con un +6% rispetto all’anno precedente; 155 milioni di euro di ricavi da biglietti, con un +14 % rispetto al 2014) sono infatti relativi esclusivamente alle strutture nazionali, ed ignorano le realtà comunali.

Quali sono i dati equivalenti delle realtà museali comunali italiani?!

Quanti sono gli addetti nei musei civici italiani?!

Che flusso di risorse impiegano e producono questi 2.000 musei?!

Che interazione hanno con la socio-economia dei territori di riferimento?!

Non esistono stime attendibili, manca un database accurato.

Incredibile, ma questo è, nell’anno domini 2016 in Italia, “lo stato dell’arte”. E come si può pensare (sperare) di governare in un’ottica “di sistema”, se mancano le informazioni essenziali?!

Lo abbiamo scritto anche su queste colonne, rispetto ad un altro “buco nero” delle conoscenze italiche: nemmeno lo stesso Ministro Franceschini può rispondere alla domanda “quanti sono i festival che si realizzano ogni anno in Italia?” (vedi “Key4biz” del 15 luglio 2015, rispetto ad una iniziativa poi sfumata, “Mibact-Istat-Rai: inedito ‘tridente’ per misurare l’industria creativa in Italia”).

Nessuno lo sa, nemmeno il titolare del Mibact, se non per quella parte delle kermesse che sono sostenute direttamente dal suo dicastero attraverso il famigerato Fondo Unico dello Spettacolo (Fus): ma il Fus rappresenta soltanto una parte dell’economia festivaliera nazionale, che non è mai (ribadiamo: mai!) stata oggetto, nel corso del tempo, di una ricognizione analitica minimamente accurata, anche per valutare gli interventi della mano pubblica a livello regionale, provinciale, comunale (e potremmo evocare anche le esigenze cognitive del “turismo culturale”, ma non vogliamo infierire)…

Senza dimenticare l’intervento in materia delle cosiddette ex fondazioni bancarie (che sostengono iniziative di varia natura, e talvolta dubbia qualità, sull’intero territorio nazionale), rispetto al quale le informazioni disponibili sono modestissime.

Fassino ha usato espressioni efficaci e forti: quella che propone il Ministro, quando si vanta dell’incremento dei flussi dei visitatori nei musei, è una “fotografia impropria”.

Esiste peraltro anche un sostanziale isolamento tra le strutture del Mibact e le strutture dei Comuni: si assiste ad un “parallelismo verticale con scarse convergenze”, ha denunciato il Presidente dell’Anci, con immagine chiara dei disastri del policentrismo istituzionale nazionale.

Il Presidente dell’Anci non è stato tenero nemmeno rispetto all’“Art Bonus”, tanto decantato dal Ministro (si legga “Key4biz” del 2 febbraio 2016: “L’Art Bonus fa il pieno di donazioni ma il deficit strategico resta”): secondo Fassino, si tratta di una “esperienza limitata con un grande gap di comunicazione”, che si caratterizza per “un grado di socializzazione insufficiente”.

Senza dubbio, l’Art Bonus è interessante anche per i musei civici: lo strumento, ormai reso permanente dalla Legge di Stabilità 2016, porta in sé vantaggi potenzialmente notevoli anche nei Comuni, in particolare perché le donazioni possono essere rivolte non solo a interventi strutturali e di restauro, ma anche al “sostegno”, quindi all’attività, delle strutture.

Ma perché possa funzionare pienamente, i Sindaci chiedono di attivare una campagna di comunicazione coordinata a livello nazionale e locale, per diffondere lo strumento ed il suo uso.

Viene auspicato uno specifico piano di informazione nonché interventi di formazione, di carattere eminentemente tecnico, rivolti ai funzionari dei settori della pubblica amministrazione coinvolti, che solo in pochi casi hanno avuto fino ad ora esperienze in questo campo, ma che sono figure strategiche in fase di promozione quanto di realizzazione degli interventi.

In sintesi, l’Art Bonus dovrebbe essere inteso non solo come un modo per intercettare finanziamenti, ma soprattutto come un’importante innovazione nel rapporto fra amministrazioni e cittadini, chiamati a contribuire per il “bene pubblico”, e che in questa direzione si sentiranno dunque più titolati a chiedere migliori servizi di conservazione e fruizione, più trasparenza e la verifica dei risultati.

Sulla sostenibilità di medio-lungo periodo delle strutture museali, i Sindaci chiedono che tutti i finanziamenti per nuove strutture siano concessi solo a condizione che ci sia un piano di gestione adeguato, che assicuri la sostenibilità economica sul medio-lungo periodo: mai più aprire musei che poi non si sa come gestire e come mantenere economicamente.

Per quanto riguarda il patrimonio “minore”, invece, l’Anci propone un ripensamento dell’organizzazione delle strutture sul territorio, incentivando le collaborazioni “di rete”, le gestioni associate dei servizi, e valutando adeguatamente la possibilità di partenariati con il mondo delle associazioni e delle cooperative.

Infine un altro tema centrale che Fassino ha sollevato a nome dei Sindaci italiani è l’integrazione tra musei comunali, statali e privati, sia per quanto riguarda le città d’arte (il cui patrimonio andrebbe ricondotto il più possibile a strategie di promozione comune), sia per i musei diffusi sul territorio.

Da questo punto di vista, le aspettative dei Sindaci rispetto alle riforme in corso nel Mibact (autonomia dei principali musei e costituzione dei “poli museali regionali”) sono alte, e l’auspicio è che si arrivi al più presto all’avvio di un lavoro comune a livello tecnico.

Sono poi intervenuti – tra gli altri – Daniele Jallà (Presidente del “chapter” italiano dell’International Council of Museums – Icom), Patrizia Asproni (Presidente Fondazione Torino Musei e ConfCultura), Ledo Prato (Segretario Generale Mecenate 90), Andrea Ferraris (Presidente Alleanza delle Cooperative) e Claudio Bocci (Direttore Federculture). Il seminario è stato coordinato da Vincenzo Santoro, Responsabile del Dipartimento Cultura e Turismo dell’Anci.

L’impressione complessiva è di letture diverse dei fenomeni in atto, ma tutte sintoniche rispetto alla direzione assunta dal Ministro Franceschini nelle sue iniziative di riforma, che viene unanimemente apprezzata: quel che emerge, ancora una volta, è un deficit di “know-how”, che non può non determinare una qualche contraddizione tra le migliori intenzioni dell’“indirizzo politico” e le carenze della concreta attuazione dei provvedimenti assunti (che spesso affondano nelle sabbie mobili delle complessificazioni burocratiche).

Abbiamo dovuto attendere Laura Ferraris, Assessore alla Cultura di Parma, per ascoltare il termine “digitale” e “stampante 3D” (rispetto ad alcune esperienze di innovazione del marketing museale su quel territorio): sia ben chiaro, chi redige queste noterelle non pensa che si tratti di paroline magiche che aprono le porte di un mondo fantastico, ma è senza dubbio impressionante notare come – in ore di dibattito in Anci – non sia emerso alcun collegamento tra il “museale” ed il “digitale”.

Come se si trattasse di dimensioni isolate.

Lo stesso Fassino – che ha dato prova di amministratore attento alla modernità – non ha fatto alcun cenno alle potenzialità del digitale, anche rispetto all’economia museale (alla ottimizzazione del sistema), e ciò ci ha stupito.

Eppure, in sede Mibact ed in altri consessi (inclusa la Rai), un qualche ragionamento sul rapporto tra “museale” e “digitale” viene sviluppato da qualche tempo, sebbene – ancora una volta – in modo frammentario e disorganico e discontinuo (e nemmeno tanto… pubblico, in verità), al punto tale che queste elucubrazioni evidentemente non giungono nemmeno alla porta dell’Anci (vedi “Key4biz” del 4 novembre 2015, “E ora spunta il Museo Digitale: ma quali risorse, a chi e con quale progetto?”).

D’altronde, che si abbia a che fare con realtà ancora spesso arretrate è confermato da diversi fattori.

Per esempio, il Presidente dell’Anci non ha nemmeno fatto cenno alla comunicazione che lui stesso ha trasmesso una decina di giorni fa ai propri associati (ovvero ai Sindaci di tutt’Italia), con la quale ha voluto confermare la possibilità per i visitatori di musei e luoghi di cultura di effettuare riprese fotografiche e digitali, purché senza contatto con l’oggetto della riproduzione e l’impiego di sorgenti luminose.

La lettera di Fassino dell’8 febbraio 2016 risponde peraltro ad una sollecitazione del Ministro Franceschini, che faceva proprie le proteste di visitatori e turisti, italiani e stranieri, che lamentavano il divieto loro opposto, nei musei e nei luoghi della cultura comunali, di riproduzioni fotografiche e digitale riferite agli edifici, agli spazi ed alle opere d’arte conservate.

Come è noto, la legge n. 106 del 29 luglio 2014 ha apportato modifiche al Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, rendendo del tutto libera la riproduzione dei beni culturali pubblici (con l’eccezione dei beni bibliografici e archivistici), a condizione che la riproduzione sia effettuata con modalità che non comportino alcun contatto fisico con l’oggetto della riproduzione, non prevedano l’impiego di sorgenti luminose, ovvero l’utilizzazione – all’interno degli istituti della cultura – di supporti (treppiedi e stativi). Ciò basti, rispetto alle tante arretratezze del sistema museale italiano ed alla lentezza con cui si sta cercando di introdurre innovazione.

Altrettanto impressionante è osservare come, nelle eleganti sale dell’Anci, non sembra essere giunta l’eco dell’impressionante inchiesta promossa dal quotidiano “la Repubblica”, pubblicata il 3 febbraio 2016, dal titolo sintomatico “Chi guadagna con l’arte italiana”.

Un estratto dell’indagine: “Il nostro patrimonio monumentale, tutelato dalla Costituzione, dovrebbe essere volano per lo sviluppo economico e culturale del Paese. Troppo spesso invece si promuovono mostre ed eventi inutilmente sensazionali e costosi. Così buona parte degli incassi per l’ingresso nei musei e siti archeologici finisce nelle tasche di società che da anni gestiscono biglietterie online e servizi aggiuntivi. Un oligopolio sancito da vecchi bandi scaduti da tempo e mai rinnovati. Come al Colosseo, dove secondo la denuncia della Corte dei Conti, lo Stato incassa solo il 30% dei 12 euro del biglietto. Replicano i concessionari: “Guadagni irrisori e nessuna possibilità decisionale’”.

Secondo la fotografia proposta da “la Repubblica”, lo scenario è sconfortante ed al tempo stesso inquietante, con una “governance” del sistema che è frammentata, ed un mix di interessi privati non sempre trasparenti.

Efficienza ed efficacia sono concetti che ancora sfuggono a questo (non) “sistema” dei beni culturali italiani. E la dimensione del “digitale” sembra appartenere ad… altri mondi!

D’altronde, come si può puntare ad una gestione efficiente ed efficace, se non si dispone di un dataset minimo essenziale?! La cassetta degli attrezzi resta vuota, e ci si deve affidare all’intuito lungimirante del Ministro di turno…

  • Clicca qui, per leggere lo schema di intervento del Presidente Anci Piero Fassino al “Seminario Nazionale sui Musei Civici”, promosso dall’Associazione Nazionale Comuni Italiani, tenutosi a Roma il 18 febbraio 2016.
  • Clicca qui, per leggere il programma del “Seminario Nazionale sui Musei Civici”, tenutosi a Roma il 18 febbraio 2016.