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ilprincipenudo. Informazione locale, la corposa ma tardiva indagine Agcom

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Agcom presenta la prima ricerca nazionale sulla “informazione locale”: iniziativa encomiabile ma tardiva, con qualche perplessità metodologica e intanto il Sottosegretario Crimi annuncia a marzo “gli Stati Generali dell’Informazione”.

ilprincipenudo ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale, a cura di Angelo Zaccone Teodosi, Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) per Key4biz. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Questa mattina a Roma, in via dei Prefetti, in un’affollata sala dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (“location” scelta evidentemente per la sua simbolicità), l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha presentato la prima “Indagine Conoscitiva sull’Informazione Locale”, diretta da Marco Delmastro, il giovane ed iperattivo Direttore del “Ses” – Servizio Economico-Statistico dell’Agcom.

L’indagine fornisce per la prima volta informazioni piuttosto dettagliate relative ad ogni singola Regione italiana, con specifiche “schede” di approfondimento, nelle quali sono riportati i dati riconducibili al territorio, sia in termini di numerosità e qualificazione delle fonti informative, sia in termini economici.

Va precisato che l’approccio è di tipo esclusivamente “strutturale”, ovvero quantitativo-economico. L’approccio sociologico è purtroppo invece completamente assente, e questo è senza dubbio un deficit grave dell’iniziativa. D’altronde la ricerca è stata curata dal Servizio “Economico-Statistico” (giustappunto) dell’Autorità.

Il dato essenziale: secondo lo studio Agcom, l’86 % degli italiani si informa abitualmente su fatti locali, attraverso canali televisivi, radio, quotidiani e servizi online, anche se con un’accentuata disomogeneità tra le diverse aree del Paese.

Da ricercatori, prima che da giornalisti, non possiamo che comunque plaudire all’iniziativa. Al contempo, non possiamo non rimarcare quanto essa sia tardiva, incredibilmente tardiva, considerando che l’Agcom è stata istituita ormai 20 anni fa. Comunque, banalmente: meglio tardi che mai.

La presentazione della ricerca ha visto l’intervento del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega per l’Editoria, Vito Crimi, del quale è ormai stranoto il grande entusiasmo rispetto alle magnifiche e progressive sorti dell’informazione su internet, così come l’atteggiamento ipercritico rispetto a tutti i media “tradizionali”. Approccio non nuovo, anche nell’intervento odierno: “…gli editori devono avere l’onestà intellettuale di dire che di soldi ne hanno presi tanti, come pochi altri settori industriali… si parla di quasi 4 miliardi di euro… gli editori devono fare la loro parte, per superare il momento di crisi… ora, per superare questo momento di crisi, bisogna ragionare se ha più senso indirizzare questo sostegno all’editore, che è a capo della filiera, oppure a tutta la filiera… gli editori non devono fare una lotta senza quartiere per mantenere le loro posizioni, ma devono sfruttare la diffusione dell’informazione su internet anche per promuovere il brand… se oggi alcuni articoli non fossero diffusi su internet, non esisterebbero”. Si teme il peggio, a fronte di analisi così… manichee: il bene è il web, tutto il resto è male?! S’ode l’eco dell’ideologia della Casaleggio Associati. Torneremo presto sull’argomento, su queste colonne.

Il Sottosegretario ha anche annunciato imminenti “Stati Generali dell’Informazione”: “coinvolgeremo tutta la filiera, anche cittadini-fruitori”. Si terranno probabilmente “ai primi di marzo”, e coinvolgeranno “una platea più ampia possibile”. “Stiamo raccogliendo tutti gli stakeholder, perché vogliamo fare una cosa molto ampia, che prenda tutta la filiera e non si occupi solo dell’editoria, ma anche della distribuzione, della pubblicità e dei cittadini, che sono al centro come fruitori dell’informazione, mentre invece spesso ci si dimentica di loro. Il diritto dell’informazione parte innanzitutto dal diritto a essere informati correttamente…”.

Dura la reazione del Commissario Agcom Mario Morcellini, che ha sostenuto che si deve rispondere un netto “no ai tagli”: in una fase di così acuta crisi, la riduzione dell’intervento pubblico a sostegno dell’editoria metterebbe a rischio “la biodiversità” del settore. È assurdo chiudere i rubinetti del sostegno pubblico, per esempio, alle piccole testate giornalistiche religiose, radicate sul territorio. L’informazione locale è invece preziosa, ancor più nell’attuale fase storica, perché “accorcia la distanza” tra la gente e la politica, e tende a ridurre il rischio ormai sempre latente di derive demagogiche e populiste. Si dovrebbe ragionare su una sorta di “marchio di qualità”, che potrebbe essere denominato “informazione a chilometro zero”. Morcellini ha poi enfatizzato come, in questi prossimi mesi del mandato, l’Autorità intende accelerare ed intensificare la propria vocazione (anche questa tardivamente scoperta) alla “ricerca”, come strumento di conoscenza, rispetto al quale la “politica” dovrà assumersi le proprie responsabilità. Ha sostenuto: “la politica culturale di Agcom è oggi centrata sulla ricerca”.

Il Presidente dell’Autorità Angelo Marcello Cardani ha sostenuto che “il settore dell’informazione ha subito danni notevoli dalla diffusione del web. I giornalisti sono sotto attacco dal punto di vista economico. È un lavoro in cui si rischia molto, a fronte di un reddito medio modesto. Il giornalismo è sotto attacco da parte di tendenze difficilmente rovesciabili. Occorre pertanto trovare risposte nuove e intelligenti a questi attacchi”.

La ricerca Agcom. Abbiamo per ora soltanto superficialmente sfogliato il corposo studio, strutturato in 3 parti. La prima parte, dopo una introduzione teorica del tema (di dotto approccio accademico), si estrinseca nell’analisi complessiva dei mercati locali, e nella valutazione del ruolo del servizio pubblico – alias Rai – in tali ambiti. La seconda parte è invece dedicata alle analisi dei singoli mercati regionali, tramite schede relative ai contesti informativi territoriali. Gli approfondimenti specifici sulle fonti utilizzate sono proposti nell’appendice metodologica nella terza parte.

Complessivamente, abbiamo a che fare con oltre 400 pagine di elaborazioni, con una grafica abbastanza evoluta, anche se abbiamo notato che talvolta ci sono figure che non sono accompagnate dalle tabelle dei dati di riferimento…

Il “dataset” di base è molto ricco, e le schede regionali sono indubbiamente di notevole utilità: nessuno, finora, aveva mai realizzato uno studio di questo tipo, che ha utilizzato fonti variegate, interne (dall’Informativa Economica di Sistema – Ies al Registro degli Operatori di Comunicazione – Roc) ed esterne (Registro Pubblico delle ImpreseTelemaco; Inpgi; Auditel; Ter; Ads; eccetera), con il contributo di un’indagine demoscopica affidata alla multinazionale Gfk Italia, realizzata su un campione di 14mila individui (rappresentativo della popolazione nazionale e locale).

La ricerca deve aver beneficiato di un budget significativo, date le premesse e gli obiettivi. L’indagine demoscopica Gfk, in particolare, viene così orgogliosamente definita: la “survey, volta a verificare il consumo, l’affidabilità e l’autorevolezza delle fonti informative a carattere nazionale e locale, si pone come un ‘unicum’ nel panorama internazionale, in quanto raccoglie informazioni dal lato della domanda su tutti i mezzi di comunicazione (tv, radio, quotidiani, internet), per le venti regioni italiane”.

Un particolare approfondimento è stato dedicato all’informazione regionale della Rai. In argomento, si leggono tesi come la seguente: “emerge un’eterogeneità degli ascolti del notiziario regionale della Rai sul territorio che è riconducibile a fattori specifici propri di ciascuna regione” (?!). Vengono proposti anche alcuni cenni di analisi comparativa internazionale, ma senza riportare i dati essenziali, a partire dal budget che soggetti “omologhi” alla Rai, come Bbc o France Télévisions, dedicano all’informazione regionale e locale…

Domanda semplice: ma dalla corposa ricerca Agcom emerge una tabella una che consenta di sapere, finalmente, quante sono le emittenti televisive e radiofoniche locali su tutto il territorio nazionale?! No. La risposta è negativa. Questa tabella non c’è. Incredibile ma vero: “no data”.

Quanti complessivamente i canali televisivi, quanti i radiofonici?!

In argomento, le schede regionali proposte da Agcom propongono due dati: “emittenti” (televisive e radiofoniche) “con sede nella Regione” ed “emittenti diffuse nella Regione”.

Nel caso dell’Abruzzo, per esempio, si segnalano 5 emittenti televisive “con sede” nella Regione e 34 “diffuse” nella Regione.

Curiosamente, non sono però riportati i nomi delle emittenti e dei canali (una emittente può offrire più di un canale, evidentemente) … Curiose omissioni.

Abbiamo cercato invano una tabella riepilogativa. Forse c’è sfuggita, ma ci sembra proprio che non ci sia.

Certo, i dati, Regione per Regione, ci sono, ma perché non viene proposta una tabella sinottica???

Nella “prima parte” della ricerca, ci sono alcune figure, con graziosa cromia (tonalità di verde), tra le quali una intitolata “numero di fonti informative in base alla sede legale/operativa per Regione”, ma non viene proposto nemmeno 1 dato numerico uno. Nessun valore assoluto: quante emittenti? No data. Curiose assenze.

E perché non viene poi proposto un ragionamento critico sulla situazione, Regione per Regione?!? Un qualche approfondimento viene dedicato ad alcuni contesti regionali (Trentino Alto Adige, Sardegna, Molise e Puglia, Sicilia), peraltro focalizzato però soltanto sulla “concentrazione”.

Stupisce peraltro anche la mancanza di un semplice indice o finanche soltanto un sommario, nella voluminosa “parte seconda” dell’“Indagine” (283 pagine), dedicata giustappunto alle singole Regioni: chi ha curato il “layout” non ha certo voluto stimolare la consultazione dei dati. Curiose infografiche.

Impressione “a caldo”: set di dati ricco, ma non utilizzato al meglio, in termini di rappresentazione logico-iconica, ed in termini di analisi critica delle informazioni.

Eppure Agcom, con vezzo lievemente narcisistico, rivendica di aver “utilizzato una molteplicità di fonti, dotandosi di sofisticati strumenti di analisi”. Gli strumenti saranno anche “sofisticati” (l’indagine campionaria Gfk è di dimensioni non indifferenti e campeggiano nel rapporto di ricerca alcuni modelli matematici evoluti), ma emergono alcuni buchi” informativi – e di rappresentazione delle informazioni – veramente inspiegabili.

Agcom ha anche cercato di costruire un innovativo “indicatore” sperimentale: una stima della “total audience informativa”, da cui l’acronimo “t.a.i.” (ossia del totale della popolazione raggiunta a fini informativi), del complesso delle testate editoriali detenute dalle società su tutti i mezzi informativi (quotidiani, canali televisivi e radiofonici)… Qui la questione diviene veramente complessa, e rimandiamo un giudizio accurato soltanto dopo aver studiato con attenzione il rapporto di ricerca.

Alcune considerazioni che emergono dalla ricerca: “…i media locali costituiscono una risorsa indispensabile del sistema informativo” (…), ma si osserva una “accentuata disomogeneità tra le diverse aree del Paese” (…).

Due le criticità evidenziate nella attuale fase dell’ecosistema dell’informazione locale: in primis, “…la crisi, profonda e strutturale, che percorre i mezzi tradizionali (a partire dai quotidiani), che rischiano di non essere più presenti in importanti aree del Paese, in un contesto in cui le nuove fonti digitali stentano a trovare una collocazione e soprattutto un proprio modello di business”; secondo, “una riduzione nel numero di voci informative indipendenti esistenti in alcuni mercati locali”. Ma anche rispetto a questi tesi – che si ha ragione di ritenere attendibili (e certamente condivisibili ideologicamente) – il set di dati non emerge con chiarezza, nella sua evoluzione diacronica. In effetti, da quali dati (ed analisi) emerge “la riduzione nel numero di voci informative”?! Non c’è una tabella una, nel rapporto di ricerca, che evidenzi questa fenomenologia.

In sostanza, è come se la ricerca fosse stata “chiusa” in corso d’opera, prima che il gruppo di ricercatori (peraltro del tutto anonimi: perché?!), avesse il tempo di poter lasciare decantare i risultati, e procedere ad una analisi critica accurata ed organica.

Come dire?! L’impressione è di uno sforzo Agcom notevole, di significative risorse professionali e budgetarie messe a disposizione, ma di un’assenza di quadro complessivo globale: è certamente una ricerca sulla “informazione locale”, ma questa dimensione mediale può (deve) essere letta anche nel contesto nazionale complessivo. E questa analisi globale manca completamente.

Si tratta forse di una scelta… “ideologica” (prima che “metodologica”) attuata dall’Autorità?!

In ogni caso, il contributo cognitivo è utile, anzi prezioso, perché – per la prima volta in Italia viene proposto un apparato di informazioni inedito, ed in qualche modo “accorpato”: certamente, una base utile per future analisi e per migliori esplorazioni.

La presentazione della ricerca è stata un’occasione per ascoltare alcune delle voci del settore: Fabrizio Carotti (Direttore Generale della Fieg), Filippo Lucci (Coordinatore nazionale dei Presidenti dei Corecom), Francesco Angelo Siddi (Presidente Confindustria Radio Televisioni – Crtv), Alessandro Casarin (Direttore Tgr Rai), Fabrizio Berrini (Segretario Aeranti). Tutti interventi complessivamente pacati e moderati, pur nella condivisione dello stato di crisi del settore.

Casarin ha parlato della testata Tgr Rai con toni incomprensibilmente entusiasti (sia consentito avanzare dubbi), Lucci ha ovviamente rivendicato maggiori poteri per i Comitati Regionali per le Comunicazioni (inclusa la gestione dei finanziamenti pubblici alle emittenti)… Soltanto Berrini ci sembra abbia posto adeguata enfasi su quanto non si possa, non si debba, fare affidamento al web come strumento per una informazione di qualità (qualità che un sistema evoluto di emittenza locale può garantire): in evidente opposizione rispetto alle tesi del Sottosegretario Crimi, ovvero di quant’è bella e quant’è buona l’informazione “disintermediata”…

Non resta che concludere richiamando quanto sostenuto dal professor Mario Morcellini: nel corso dei decenni, in Italia, l’informazione locale è riuscita a sopravvivere, nonostante la disattenzione delle istituzioni e, più in generale, della politica. La ricerca che Agcom ha presentato oggi intende porre una base scientifica per far comprendere alla politica – giustappunto – quanto sia preziosa un’informazione locale solida, robusta, sana, libera. Preziosa per la democrazia stessa, per una comunità plurale ma coesa. E questa informazione ha necessità del sostegno della mano pubblica.

Clicca qui, per consultare la “pagina dedicata” attivata da Agcom sull’“Indagine Conoscitiva sull’Informazione Locale”, presentata a Roma l’11 febbraio 2019.